giovedì 24 aprile 2014

Santa Rita da Cascia.




Rita nacque presumibilmente nell'anno 1381 a Roccaporena, un villaggio situato nel comune di Cascia in provincia di Perugia, da Antonio Lotti e Amata Ferri. I suoi genitori erano molto credenti e la situazione economica non era agiata ma decorosa e tranquilla. La storia di S. Rita fu ricolma di eventi straordinari e uno di questi si mostrò nella sua infanzia.
La piccina, forse lasciata per qualche momento incustodita nella culla in campagna mentre i genitori lavoravano la terra, fu circondata da uno sciame di api. Questi insetti ricoprirono la piccola ma stranamente non la punsero. Un contadino, che nel contempo si era ferito alla mano con la falce e stava correndo a farsi medicare, si trovò a passare davanti al cestello dove era riposta Rita. Viste le api che ronzavano attorno alla bimba, prese a scacciarle ma, con grande stupore, a mano a mano che scuoteva le braccia per scacciarle, la ferita si rimarginava completamente. La tradizione ci tramanda che Rita aveva una precoce vocazione religiosa e che un Angelo scendeva dal cielo a visitarLa quando si ritirava a pregare in un piccolo sottotetto.


S. RITA ACCETTA DI ESSERE SPOSA
Rita avrebbe desiderato farsi monaca tuttavia ancor giovanetta (circa a 13 anni) i genitori, oramai anziani, la promisero in sposa a Paolo Ferdinando Mancini, un uomo conosciuto per il suo carattere rissoso e brutale. S. Rita, abituata al dovere non oppose resistenza e andò in sposa al giovane ufficiale che comandava la guarnigione di Collegiacone, presumibilmente verso i 17-18 anni, cioè intorno al 1397-1398.

Dal matrimonio fra Rita e Paolo nacquero due figli gemelli maschi; Giangiacomo Antonio e Paolo Maria che ebbero tutto l'amore, la tenerezza e le cure dalla mamma. Rita riuscì con il suo tenero amore e tanta pazienza a trasformare il carattere del marito e a renderlo più docile.

La vita coniugale di S. Rita, dopo 18 anni, fu tragicamente spezzata con l'assassinio del marito, avvenuto in piena notte, presso la Torre di Collegiacone a qualche chilometro da Roccaporena mentre tornava a Cascia.

IL PERDONO
Rita fu molto afflitta per l'atrocità dell'avvenimento, cercò dunque rifugio e conforto nell'orazione con assidue e infuocate preghiere nel chiedere a Dio il perdono degli assassini di suo marito.
Contemporaneamente S. Rita intraprese un'azione per giungere alla pacificazione, a partire dai suoi figlioli, che sentivano come un dovere la vendetta per la morte del padre.
Rita si rese conto che le volontà dei figli non si piegavano al perdono, allora la Santa pregò il Signore offrendo la vita dei suoi figli, pur di non vederli macchiati di sangue. "Essi moriranno a meno di un anno dalla morte del padre"..

Quando S. Rita rimase sola, aveva poco più di 30 anni e senti rifiorire e maturare nel suo cuore il desiderio di seguire quella vocazione che da giovinetta aveva desiderato realizzare.

S. RITA DIVENTA MONACA
Rita chiese di entrare come monaca nel Monastero di S. Maria Maddalena, ma per ben tre volte non fu ammessa, in quanto vedova di un uomo assassinato.
La leggenda narra che S. Rita riuscì a superare tutti gli sbarramenti e le porte chiuse grazie all'intercessione di: S. Giovanni Battista, S. Agostino e S. Nicola da Tolentino che l'aiutarono a spiccare il volo dallo " Scoglio" fino al Convento di Cascia in un modo a Lei incomprensibile. Le monache convinte dal prodigio e dal suo sorriso, la accolsero fra di loro e qui Rita vi rimase per 40 anni immersa nella preghiera.

IL MIRACOLO SINGOLARE DELLA SPINA 
Era il Venerdì Santo del 1432, S. Rita tornò in Convento profondamente turbata, dopo aver sentito un predicatore rievocare con ardore le sofferenze della morte di Gesù e rimase a pregare davanti al crocefisso in contemplazione. In uno slancio di amore S. Rita chiese a Gesù di condividere almeno in parte la Sue sofferenze. Avvenne allora il prodigio: S. Rita fu trafitta da una delle spine della corona di Gesù, che la colpi alla fronte. Fu uno spasimo senza fine. S. Rita portò in fronte la piaga per 15 anni come sigillo di amore.

VITA DI SOFFERENZA
Per Rita gli ultimi 15 anni furono di sofferenza senza tregua, la sua perseveranza nella preghiera la portava a trascorrere anche 15 giorni di seguito nella sua cella "senza parlare con nessuno se non con Dio", inoltre portava anche il cilicio che le procurava sofferenza, per di più sottoponeva il suo corpo a molte mortificazioni: dormiva per terra fino alla fine quando si ammalo e rimase inferma negli ultimi anni della sua vita.


IL PRODIGIO DELLA ROSA
A circa 5 mesi dal trapasso di Rita, un giorno di inverno con la temperatura rigida e un manto nevoso copriva ogni cosa, una parente le fece visita e nel congedarsi chiese alla Santa se desiderava qualche cosa, Rita rispose che avrebbe desiderato una rosa dal suo orto. Tornata a Roccaporena la parente si reco nell'orticello e grande fu la meraviglia quando vide una bellissima rosa sbocciata, la colse e la portò a Rita. Cosi S. Rita divenne la Santa della "Spina" e la Santa della "Rosa". S. Rita prima di chiudere gli occhi per sempre, ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una sua consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli e contemporaneamente le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un profumo soavissimo si spanse per tutto il Monastero e dalla sua camera si vide risplendere una luce luminosa come se vi fosse entrato il Sole. Era il 22 Maggio del 1447.
S. Rita da Cascia è stata beatificata ben 180 anni dopo il suo decesso e proclamata Santa a 453 anni dalla sua morte. Dalla biografia di Padre Cavallucci, riprodotta nel primo volume della Documentazione ritiana antica, si osserva che fin da allora accanto all'arca di Rita si vedevano "molte immagini d'argento, di cera, di figure in tavole ed in tela, di ferri, di catene di schiavi, di canne rotte di schioppi", il tutto "fedelissimamente registrato dai Notai alla presenza dei testimoni. Presso il sacro corpo di Rita, continua il biografo, "si vede molti infermi e feriti essere risanati di gravissima infermità, molti ciechi essere stati illuminati, molti muti a nativitate aver ricevuto la loquela, stroppiati e zoppi essere stati risanati"; in più gli indemoniati venivano liberati e non mancava chi asseriva di esser scampato a morte certa grazie all'intercessione di suor Rita.
In questa biografia si citano quarantasei miracoli, i primi undici dei quali risalgono tutti al 1457 dal che si può desumere che essi siano quelli riportati dal notaio casciano Domenico Angeli. Eccoli:

  1. A dì 25 di Maggio 1457. Battista D'Angelo dal Colgiacone essendo privo a fatto di luce degli occhi, mandò devoti preghi al Signore Dio avanti il corpo della Beata Rita, e per misericordia infinita fu esaudito, ritornandogli la vista come prima.
  2. A dì 25 del detto mese medesimamente Lucretia di Ser Pauolo da Colforcello tutta male stante per la quantità de gli anni, e gonfia per hidropisia, fattasi portare avanti al corpo della Beata Rita, facendo devote orazioni, ritornò nella pristina sanità.
  3. Pure nello stesso mese una donna chiamata Cecca d'Antonio sorda da un orecchio per cinque anni continui, invocando principalmente l'Onnipotente Dio e la Beata Rita fu liberata con chiarissimi segni in presenza di molto popolo.
  4. A dì 29 del detto mese. Salimene d'Antonio dal Poggio avendo un dito della mano privo a fatto di senso per lungo tempo, accostatolo al corpo della Beata con gran reverenza ed umiltà, devozione e fede, fu fatto libero alla presentia di molte genti, versando molte lagrime, ne rese grazie al Signore ed alla Beata Rita.
  5. All'ultimo di Maggio 1457. Giacomuccia di Leonardo da Ocone tormentata per molti anni da gravissimi dolori di gambe ed enfiatione di corpo per così gran dolore intenso pochissimo mangiava in due anni, essendo portata a braccia avanti al corpo della Beata, ed ivi raccomandandosi al Signore, ed a Lei, fermatasi in Chiesa per otto giorni, fu fatta libera, e con grandissimo suo contento ringraziò Dio principalmente, e la Beata Rita.
  6. Nel giorno medesimo Cecca di Gio. da Biselli di Norcia essendo nata muta, come testificano i parenti ed altri che vennero seco a visitare il detto corpo, fattene devote orazioni comincio a parlare e dire Ave Maria ed altre parole, con grandissimo stupore dei parenti e di tutto il popolo.
  7. Al 2 di Giugno 1457. Matteo del Re d'Ocone aveva Bernardo suo figlio con una pietra dentro alla vescica, che gli dava grandissimo dolore, vedendo mille morti l'hora, lo votò alla Beata Rita, per cui meriti fu per Divina grazia liberato.
  8. A dì 3 del detto mese Spirito d'Angelo da Cassia aveva patito d'una sciatica intensissimo dolore per quattro anni continui, ricorrendo alla Beata Rita restò libero.
  9. A dì 7 Mattia di Cancro da Rocca Indulsi di Norcia essendo nata muta e condotta dai suoi parenti al detto corpo facendosi orazione da tutti i circostanti, ottenne gratia da Dio di parlare con la lingua sciolta, e fu di stupore a tutte le genti, che la sentirono parlare, e sopra ciò furono fatte processioni da tutti i Sacerdoti ed una Predica dal R.P. Maestro Giovanni Pauletti da Cassia.
  10. Nel detto giorno Cecco d'Antonio di San Cipriano dalla Matrice muto dalla nascita condotto dal suo Padre al corpo della Beata Rita con caldissime orazioni fermatosi due giorni, ricevette la grazia della loquela con grandissimo stupore di tutto il popolo.
  11. A dì 8 di giugno 1457. Lucia di Santi dal Castel di Santa Maria di Norcia cieca a fatto d'un occhio per spatio di 15 anni, e l'altro occhio aveva appannato in modo che a pena vedeva un poco di lume, menata a mano avanti il corpo della Beata Rita, ove dimorando per quindici giorni con orazioni fu finalmente illuminata dell'uno e dell'altro occhio, con lacrime e sospiri rendeva grazie infinite alla Divina Maestà.

Come si può constatare, le guarigioni miracolose riguardano le malattie più diverse, anche cecità e mutismo risalenti alla nascita.
Gli altri miracoli erano avvenuti tra il 1447 e il 1603. Si tratta di guarigioni da malattie di ogni genere: paralisi totali, pietra nella "vesciga", difficoltà di parola, ferite considerate inguaribili e andate in putrefazione, ascessi in gola, pazzia, ossa rotte, piaghe purulente, emorragie, possessioni da "spiriti immondi", peste, cancro alla gola e altro ancora. Oltre a citare i miracoli accuratamente accertati e protocollati, il Padre Cavallucci informa che "ancora oggi nel tempo nostro nell'aprir della Cassa e dell'arca dove si trova quel corpo, si sente una fragrantia, la quale pare fatta di varie misture odorifere, sentendosi finché la detta cassa sta aperta, anzi s'è osservato con gran diligenza, e trovato per cosa verissima, che per ciascheduna volta che Nostro Signore Gesù Cristo concede qualche grazia per intercessione della Beata Rita, quest'odore e questa fragrantia si sente tanto maggiormente molti giorni prima, e doppo etiam che la cassa stia serrata, come più volte è successo, e che doppo la fragrantia di molti giorni è comparso alcuno di varie Città e Terre a portare elemosina in soddisfattioni de' lor voti...". Il Cavallucci aggiunge ancora che le monache del monastero usavano nel mese di maggio preparare dei piccoli pani che nel giorno della festa di suor Rita, il 22 del mese, distribuivano ai bisognosi; e "per avere gustato detto pane" molti venivano liberati dalle febbri e da altre infermità.
Ma c'è di più: l'olio della lampada che veniva tenuta costantemente accesa sopra la cassa di Rita, era ritenuto miracoloso, per cui le monache "danno dell'olio di essa lampada a vari per ungere i membri de' corpi addolorati da qualsivoglia dolore, e s'è trovato con verità che quest'olio ha operato grandissimo giovamento a molti.


Nel sesto centenario della nascita di santa Rita

Al venerabile fratello
Ottorino Pietro Alberti
arcivescovo di Spoleto e vescovo di Norcia Con la recente lettera, relativa alle celebrazioni tuttora in corso per il VI Centenario della nascita di santa Rita da Cascia, Ella ha voluto rinnovarmi l'amabile invito, già manifestato nel marzo dello scorso anno, perché con una speciale visita o con altra iniziativa partecipassi di persona all'unanime coro di lodi che si leva nel mondo cristiano in onore di Colei, che il mio predecessore Leone XIII di v.m. chiamò "la perla preziosa dell'Umbria".
Tale richiesta, che so condivisa non solo dai figli delle diocesi a Lei affidate, ma dall'innumerevole schiera dei devoti della Santa, si incontra con il mio vivo desiderio di non lasciar passare il presente "Anno Ritiano" senza che io ricordi ed esalti la sua mistica e tanto cara figura. Perciò, unendomi spiritualmente ai pellegrini che anche da terre lontane giungono in gran folla a Cascia, sono lieto di deporre un fiore di pietà e di venerazione sulla sua Tomba, nel ricordo degli insigni esempi delle sue alte virtù.
E sono anche grato alla Provvidenza divina per alcuni singolari collegamenti, che uniscono il presente Centenario ad altre ricorrenze altamente suggestive per chi sappia leggere nella giusta prospettiva le vicende della storia umana. Non dimentico, infatti, la visita da me compiuta a Norcia per celebrare, a quindici secoli dalla sua nascita, il grande patriarca del monachesimo occidentale San Benedetto. Ne posso omettere la recente apertura del Centenario di San Francesco d'Assisi. Sono due figure, queste, a fianco delle quali l'umile Donna di Roccaporena si colloca come una sorella minore, quasi a comporre un "trittico ideale" di radiante santità, che attesta ed insieme sollecita ad approfondire, nel senso della coerenza, l'ininterrotto filone di grazia che solca la terra feconda dell'Umbria cristiana. Ma non posso neppure tralasciare un'altra felice coincidenza, ravvisabile nel fatto che Rita viene al mondo un anno dopo la morte di Caterina da Siena, quasi a segnare una continuità non priva di meraviglioso spirituale significato.
È noto a tutti come l'itinerario terreno della Santa di Cascia si articoli in diversi stati di vita, cronologicamente successivi e - quel che più conta - disposti in un ordine ascendente, che segna le diverse fasi di sviluppo della sua vita d'unione con Dio. Perché Rita è santa? Non tanto per la fama dei prodigi che la devozione popolare attribuisce all'efficacia della sua intercessione presso Dio onnipotente, quanto per la stupefacente "normalità" dell'esistenza quotidiana, da lei vissuta prima come sposa e madre, poi come vedova ed infine come monaca agostiniana. Era una sconosciuta giovinetta di codesta Terra, che nel calore dell'ambiente familiare aveva appreso l'abitudine alla tenera pietà verso il Creatore nella visione, che è già una lezione, del suggestivo scenario della catena appenninica. Dove fu allora la ragione della sua santità? E dove l'eroicità delle sue virtù? Vita tranquilla ed umbratile era la sua, senza il rilievo di avvenimenti esterni, allorché, contro le personali sue preferenze, abbracciò lo stato matrimoniale. Così divenne sposa, rivelandosi subito come vero angelo del focolare e svolgendo un'azione risolutiva nel trasformare il costume del co-niuge. E fu anche madre, allietata dalla nascita di due figlioli, per i quali, dopo la proditoria uccisione del marito, tanto trepidò e sofferse, nel timore che nelle loro anime insorgesse fin l'ombra di un desiderio di vendetta contro gli assassini del padre. Da parte sua, li aveva generosamente perdonati, determinando anche la pacificazione delle famiglie. Già vedova, rimase poco dopo priva dei figli, sicché, essendo libera da ogni vincolo terreno, decise di darsi tutta a Dio. Ma anche a questo riguardo soffrì prove e contraddizioni, finché potè realizzare l'ideale che le era arriso fin dalla prima giovinezza, consacrandosi al Signore nel monastero di Santa Maria Maddalena. L'umile esistenza, che qui trascorse per circa quaranta anni, fu del pari sconosciuta agli occhi del mondo ed aperta solo all'intimità con Dio. Furono, quelli, anni di assidua contemplazione, anni di penitenze e di preghiere, che culminarono in quella piaga che le si stampò dolorosa sulla fronte. Appunto questo segno della spina, al di là della sofferenza fisica che le procurava, fu come il sigillo delle sue pene interiori, ma fu soprattutto la prova della sua diretta partecipazione alla Passione del Cristo, centrata - per così dire - in uno dei momenti più drammatici, quale fu quello della coronazione di spine nel pretorio di Filato (cfr. Mt 27,29; Me 15,17; Gv 19,2.5).
È qui, pertanto, che bisogna ravvisare il vertice della sua mistica ascesa, qui la profondità di una sofferenza, che fu tale da determinare una traccia somatica esterna. E qui ancora si scopre un significativo punto di contatto tra i due figli dell'Umbria, Rita e Francesco. In realtà, quel che furono le stigmate per il Poverello, fu la spina per Rita: cioè un segno, quelle e questa, di diretta associazione alla Passione redentiva di Cristo Signore, coronato di pungenti spine dopo la cruenta flagellazione e, successivamente, trafitto da chiodi e colpito dalla lancia sul Calvario. Tale associazione si stabilì in entrambi i Santi sulla comune base di quell'amore, che ha un'intrinseca forza unitiva, ed appunto per quella spina dolorosa la Santa delle rose divenne simbolo vivente di amorosa compartecipazione alle sofferenze del Salvatore. Che la rosa dell'amore allora è fresca e olezzante, quando è associata alla spina del dolore! Così fu in Cristo, modello supremo; così fu in Francesco; così fu in Rita. Invero, anche Ella ha sofferto ed amato: ha amato Dio ed ha amato gli uomini; ha sofferto per amore di Dio ed ha sofferto a causa degli uomini. Pertanto, il graduale succedersi dei vari stadi nel suo cammino terreno rivela in Lei una parallela crescita d'amore fino a quello stigma che, mentre da la misura adeguata della sua elevazione, spiega al tempo stesso perché la sua dolce figura eserciti tanta attrattiva tra i fedeli, che ne celebrano il nome e ne esaltano il mirabile potere presso il trono di Dio.
Figlia spirituale di sant'Agostino, Ella ne ha messo in pratica gli insegnamenti, pur senza averli letti nei libri. Colui che alle donne consacrate aveva tanto raccomandato di "seguire l'Agnello dovunque vada" e di "contemplare con gli occhi interiori le piaghe del Crocifisso, le cicatrici del Risorto, il sangue del Morente (...), tutto soppesando sulla bilancia della carità" (cfr. De sancta virginitate, 52, 54, 55; PL 40, 428), fu ubbidito "ad litteram" da Rita che, specialmente nel quarantennio claustrale, dimostrò la continuità e la saldezza del contatto stabilito con la vittima divina del Golgota.
La lezione della Santa - giova precisare - si concentra su questi elementi tipici di spiritualità: l'offerta del perdono e l'accettazione della sofferenza, non già per una forma di passiva rassegnazione o come frutto di femminile debolezza, ma per la forza di quell'amore verso Cristo, che proprio nel ricordato episodio della coronazione ha subito, con le altre umiliazioni, un'atroce parodia della sua regalità. Alimentato da questa scena, che non senza motivo la tradizione della Chiesa ha inserito al centro dei "misteri dolorosi" del Santo Rosario, il misticismo ritiano si ricollegava allo stesso ideale, vissuto in prima persona e non semplicemente enunciato, dall'Apostolo Paolo: Ego... stigmata Domini lesu in corpore meo porto (Gai 6,17); Adimpleo ea, quae desunt passionimi Christi in carne meo prò corpore eius, quod est Ecclesia (Col 1,24). Anche questo ulteriore elemento occorre rilevare, cioè la destinazione ecclesiale dei meriti della Santa: segregata dal mondo ed intimamente associata al Cristo sofferente. Ella ha fatto rifluire nella comunità dei fratelli il frutto di questo suo "compatire".
Davvero Rita è ad un tempo la "donna forte" e la "vergine saggia", delle quali ci parla la Sacra Scrittura (Pro 31,10ss; Mt 25,1 ss), che in tutti gli stati di vita indica, e non già a parole, quale sia la via autentica alla santità come sequela fedele di Cristo fino alla croce. Per questo a tutti i suoi devoti, sparsi in ogni parte del mondo, ho desiderato riproporne la dolce e dolente figura con l'augurio che, ad essa ispirandosi, vogliano corrispondere - ciascuno nello stato di vita che gli è proprio - alla vocazione cristiana nelle sue esigenze di chiarezza, di testimonianza e di coraggio: sic luceat lux vostra coram hominibus... (Mt 5,16).
A questo stesso scopo affido a Lei la presente Lettera che, nella luce del Centenario Ritiano, Ella vorrà portare a conoscenza dei fedeli con l'incoraggiamento e il conforto della Benedizione Apostolica.


PATRONA DEI CASI IMPOSSIBILI E DISPERATI


O cara Santa Rita, 
nostra Patrona anche nei casi impossibili e Avvocata nei casi disperati, 
fate che Dio mi liberi dalla mia presente afflizione......., 
e allontani l'ansietà, che preme così forte sopra il mio cuore. Per l'angoscia, che voi sperimentaste in tante simili occasioni,
abbiate compassione della mia persona a voi devota,
che confidentemente domanda il vostro intervento
presso il Divin Cuore del nostro Gesù Crocifisso. O cara Santa Rita,
guidate le mie intenzioni
in queste mie umili preghiere e ferventi desideri.
Emendando la mia passata vita peccatrice
e ottenendo il perdono di tutti i miei peccati,
ho la dolce speranza di godere un giorno
Dio in paradiso insieme con voi per tutta l'eternità.
Così sia.
Santa Rita, Patrona dei casi disperati, pregate per noi.
Santa Rita, Avvocata dei casi impossibili, intercedete per noi.
3 Pater, Ave e Gloria.

Per quanto tu possa essere infelice, per ciò che ti affligge, non temere di aprire con fiducia il tuo cuore a questa piccola, grande suora di Cascia.
Santa Rita saprà parlare al tuo cuore con il Suo straordinario Amore ed infiammare il tuo e attraverso la Sua intercessione renderlo ancor più gradito al Signore.
Santa Rita nei secoli ha lasciato la sua impronta di amore, per le straordinarie guarigioni, conversioni e liberazione degli ossessi ottenute da Dio, ancora oggi è vicina a chi la invoca, perché l'amore non ha tempo e dura per sempre. L'intercessione di Santa Rita è cosi potente che il popolo devoto la chiama la "Santa dei casi impossibili, avvocata dei casi disperati". Cosa aspetti dunque, prova anche tu a chiedere la sua potente intercessione, chissà che la tua costanza sia premiata e ti possa unire con coloro che ringraziano Iddio di avergli donata questa grande Santa. Se il tuo cuore è ansioso di fare qualcosa per i fratelli che sono attanagliati dalla sofferenza o dalla solitudine, puoi suppplicare con ardore il Signore. La preghiera è una delle più alte forme di carità. Se poi cerchi altri meravigliosi fratelli che possono unirsi a te nella preghiera in un cuor solo, allora visita il sito del Monastero invisibile di carità e fratellanza. Lì troverai una famiglia disposta ad accoglierti a braccia aperte.


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