martedì 10 giugno 2014

come avviene il risveglio spirituale?

Nelle decadi degli anni ’80 e 90’ e nei primi del ventunesimo secolo, un sempre maggiore numero di persone hanno iniziato a risvegliarsi in seguito alle loro esperienze traumatiche e stanno iniziando un percorso di guarigione. Questo fenomeno chiamato movimento di recupero, con il libero ed efficace metodo dei Dodici Passi, è parte di un nuovo paradigma, una comprensione e credenze nuove ed espanse sulla condizione umana e come sanarla. Questo approccio è efficace ed ha sviluppato impulso per due ragioni: è ordinario, la sua energia viene dalle stesse persone che stanno recuperando la loro salute fisica e psichica, ed impiega la conoscenza più accurata e curativa accumulata sulla condizione umana
Quello che è differente su questa conoscenza è che ora essa è semplificata, demistificata ma, allo stesso tempo, spirituale. Ci sono alcuni tranelli nei risvegli spirituali. Dopo una particolare esperienza spirituale ed un possibile risveglio della Kundalini, una trappola può essere quella di essere sviati da altre persone che cercano di allontanarci dal nostro sentiero, che possono essere terapisti, counselor, preti, guru, familiari, amici, che non capiscono e che possono avere confini distorti. Essi possono etichettare il nostro risveglio e i suoi sintomi e segnali come psicotici o ”lavoro del demonio”, allucinazioni, o invalidare le nostre esperienze in altri modi.
Questo conduce alla seconda trappola: ci possono prescrivere, o anche forzarci a prendere, medicinali tossici, dai sedativi agli antidepressivi, ai tranquillanti o “stabilizzatori dell’umore”. In casi estremi possono persino rinchiuderci in cliniche psichiatriche o in prigione o umiliarci e farci vergognare in altri modi. Ma il fatto che abbiamo avuto un risveglio spirituale rimane e qualcosa si sta sollevando dentro di noi, stiamo cercando convalida e supporto basato su ciò che sta accadendo, ora e per il resto del nostro viaggio.
Quando permettiamo al nostro processo di Kundalini di evolversi naturalmente, il risultato è la crescita psicologica e spirituale nel tempo, il problema è che molti dei sintomi ed esperienze imitano ciò che la psicologia e la psichiatria chiamano “disordini mentali” o “malattie mentali”.
Oggi, la maggior parte degli psichiatri, psicologi, assistenti sociali e counselor sono incapaci di riconoscere la Kundalini e, quindi, prescrivono o raccomandano psicofarmaci per alleviare i sintomi del paziente. Nei risvegli della Kundalini diventiamo progressivamente più connessi con il Sé, con gli altri, con Dio, ma gli psicofarmaci sono tossici per il cervello ed il corpo e tendono a chiudere o aggravare il normale fluire del processo di Kundalini. 
I farmaci sbattono la porta in faccia alla nostra crescita psicospirituale. Lo psichiatra Peter Breggin scrive: «È difficile se non impossibile determinare accuratamente le condizioni psicologiche di un paziente sotto farmaci: ci sono troppi fattori che complicano l’indagine, inclusi l’effetto disabilitante delle droghe sul cervello, la reazione compensatoria del cervello stesso e le risposte psicologiche del paziente che le assume. Ho valutato molti casi in cui i pazienti si erano aggravati sotto i colpi di molteplici psicofarmaci senza che il medico che li aveva prescritti attribuisse il peggioramento del paziente alla loro tossicità, incluso la loro sospensione. Essi, di solito, attribuiscono il peggioramento delle condizioni dei loro pazienti alla “malattia mentale”, quando, in realtà, il paziente soffre di una reazione avversa ai farmaci.».

Il lavoro di Breggin evidenzia la mancanza di coscienza della psichiatria: se accetti l’aiuto in forma di psicofarmaci, renditi conto che entri in un’area di cui puoi pentirti o che non puoi più fermare. Ogni farmaco ha effetti tossici che risultano essere almeno negativi quanto il problema iniziale e spesso conducono ad altri farmaci che debbono contenere questi effetti tossici. Nel suo libro Kundalini: Psycosis or Trascendence, il dr. Lee Sannella Scrive: «Ci sono molti che durante questo processo a volte sembrano proprio pazzi; quando si comportano bene e stanno tranquilli possono evitare di essere chiamati schizofrenici, essere rinchiusi in cliniche o sedati. Tuttavia, l’isolamento ed il senso di separazione dagli altri può causare loro grande sofferenza. Dobbiamo raggiungere queste persone, le loro famiglie e la società con informazioni che le aiutino a riconoscere la loro condizione come una benedizione e non una condanna. Certamente non possiamo più assoggettare queste persone, che possono essere nel mezzo del loro processo di rinascita, a droghe e elettroshock, approcci che sono al polo opposto di un auto-sviluppo creativo.».

Una terza trappola è la frustrazione che di solito si presenta cercando di fare quello che è chiamato bypass spirituale. Un bypass spirituale avviene quando cerchiamo di evitare il lavoro sul dolore o sui traumi passati e cerchiamo di saltare da un stadio iniziale di guarigione direttamente allo stadio finale. poiché questo concetto è cruciale alla comprensione e gestione dei risvegli spirituali e i movimenti di energia (anche chiamati Kundalini, Ki, Chi, e simili).
Se cerchiamo di girare intorno o bypassare il buio per arrivare alla Luce, se cerchiamo di ignorare i più bassi livelli della nostra consapevolezza per arrivare a quelli più alti, una dinamica o una forza – che possiamo chiamare ombra (Jung) o compulsione ripetitiva (Freud) – di solito ci ricaccia indietro finché non lavoriamo sui nostri problemi insoluti. Cercare di evitare questo lavoro, può anche essere chiamato trascendenza prematura o alto livello di negazione: questa esperienza si ritrova in un gran numero di situazioni, come in una rinascita prematura o l’avere un risveglio spirituale e focalizzarsi solo sulla Luce o attaccarsi morbosamente alla religione, considerando questa via la “sola” via. Le conseguenze di un bypass sono spesso una codipendenza attiva: negazione della ricchezza della nostra vita interiore; controllo su noi stessi e sugli altri; pensare ed agire con l’imperativo “o tutto o niente”; avere sentimenti di paura, vergogna, confusione; alta tolleranza verso comportamenti inappropriati; frustrazione, dipendenza, compulsione, recidive, pena e sofferenza non necessarie. Una strada per uscire da questa trappola è sviluppare l’umiltà (p.e. aprirsi a conoscere di più su noi stessi, gli altri, Dio) e lavorare sul dolore dovunque siamo o solo gioire di sentimenti di gioia. Dobbiamo prestare attenzione a queste verità: non possiamo lasciar andare qualcosa se prima non sappiamo personalmente che cosa è che lasciamo andare, non possiamo trascendere ciò che non è stato risanato e non possiamo connetterci sperimentalmente col Dio della nostra conoscenza finché non conosciamo il nostro Vero Sé, o cuore Umano.

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