Il Padre Nostro è una delle preghiere più conosciute, insegnata da Gesù ai suoi discepoli durante il Discorso della Montagna. Tutti la conosciamo, ma sappiamo veramente a cosa serve e come usarla? E’ noto a tutti che pregare è una delle pratiche spirituali insegnate da ogni religione, che tutti i credenti bene o male seguono, da soli o in chiesa assieme ad altri credenti. Forse però non tutti sanno davvero a cosa serve pregare. Ad esempio spesso le preghiere sono date come “compito” per assolvere ai propri peccati dopo la confessione, qual’è lo scopo di questo? Anche se non sanno il motivo, molti dopo aver pregato si sentono meglio, come se fossero stati davvero alleggeriti dalle loro increspature nella vita quotidiana. Alcuni potrebbero pensare che si tratta solo di una sensazione che deriva da una autoconvinzione o suggestione mistica, e in parte potrebbe anche essere così, ma il pregare ha in realtà uno scopo più profondo, che contiene parecchi insegnamenti esoterici. Si tratta naturalmente di una lunga storia, che cercherò di delineare nei suoi tratti essenziali, ma che si può comprendere difficilmente con un breve articolo. Innanzi tutto bisogna dire che, come sostiene anche Gurdjieff, normalmente l’uomo vive come addormentato e quindi non controlla totalmente le sue azioni, e questo è spiegato anche dalla scienza, con ricerche neurologiche sulle aree che controllano il cervello. Cmq diciamo che per liberarsi, almeno parzialmente e temporaneamente da alcuni vincoli che non ci permettono la vera azione, occorre fare un grosso lavoro. Il lavoro si svolge su varie aree della sfera umana che sono delineate in alcune vie di liberazione, come le descrive Ouspensky, un allievo di Gurdjieff che ha scritto libri su questi temi.
Le vie principali sono tre:
- La via del Fachiro, si esprime attraverso l’uso del corpo per raggiungere un livello di consapevolezza superiore.
- La via del Monaco, si esprime attraverso l’uso della componente emozionale, come la fede e il “rapimento” mistico.
- La via dello Yogi, utilizza la parte intellettuale attraverso la conoscenza.
Esiste poi una Quarta via che raccoglie insegnamenti dalle altre tre, che è quella insegnata da Gurdjieff, ma che probabilmente deriva da antiche scuole misteriche di cui egli ha potuto essere discepolo. Una cosa accomuna ognuna di queste vie ed è una profonda disciplina e fiducia nel maestro che insegna la strada. La via del Monaco in particolare, rappresenta il motivo per cui la preghiera ha efficacia. In questo senso la preghiera dovrebbe essere recitata con profonda devozione mistica, per parteciparvi emotivamente al massimo, meglio se in un nutrito gruppo di credenti e meglio se in presenza di una reliqua o luogo sacro che renda più importante la componente emozionale. Ecco da cosa derivano le guarigioni o i miracoli, da una grande fede che coinvolge completamente la sfera emotiva di chi prega. Ma la preghiera non è solo esclusiva delle religioni, anche un mantra usato nello Yoga è una preghiera. Infatti non esiste solo la componente emotiva nella preghiera ma anche quella intellettuale e mistica, e il Padre Nostro funziona anche come mantra. Vediamo in che modo. Una caratteristica importante di ogni scuola è il lavoro, soprattutto lavoro sull’attenzione, quindi recitare un mantra o preghiera, ripetendolo molte volte come avviene nei Rosari, è un esercizio di meditazione e di attenzione che cerca di bypassare la mente per arrivare in profondità dentro al proprio essere. In questo senso la preghiera può essere anche un mezzo per accedere alla via dello Yogi, cercando di calmare la propria mente e di ottenere una lucidità superiore. Ma in che modo? Sicuramente non recitando cinquanta volte il Padre Nostro a pappagallo! Gurdjieff suggerisce di prestare attenzione alle parole della preghiera e non ai pensieri che girano nella nostra mente mentre recitiamo la preghiera, e sicuramente è un buon consiglio. Io però mi permetto di fare un parallelo con alcuni tipi di meditazione Yoga che coinvolgono la respirazione e con l’insegnamento mistico chiamato “legge dell’ottava“. Escludere i pensieri non è per niente facile, perché siamo abituati troppo a fare affidamento sulla nostra parte razionale per non ascoltarli, anzi molti di noi credono di non essere altro che una manifestazione fisica di quei pensieri. La respirazione è una delle poche attività che non dipendono dalla nostra volontà, ed è sicuramente una di quelle più importanti. Concentrarsi sul respiro è una pratica essenziale dello Yoga, e permette anche di apprezzare il collegamento diretto che abbiamo minuto dopo minuto con quello che ci circonda. Ad ogni ispirazione riceviamo il nutrimento energetico che ci serve in forma di ossigeno, e ad ogni espirazione lo restituiamo in forma di anidride carbonica. Ho parlato poi della “legge dell’ottava” a cui molte scuole misteriche fanno risalire le leggi che regolano l’Universo stesso e che possiamo trovare come costante in molti fenomeni naturali o anche in creazioni umane. Ad esempio l’ottava è nella musica il ritorno di una stessa nota dopo sette diverse in una scala, ma con frequenza raddoppiata rispetto alla prima. Gli elementi chimici sono basati sulla legge dell’otto, con otto famiglie e otto gas nobili, gli otto pianeti del sistema solare, le frequenze di otto hertz che sono alla base del DNA e della frequenza di Schumann, e molti altri esempi che si potrebbero fare.
La strada che conduce alla seconda nascita, cioè allo sviluppo dell’Anima, è la strada del risveglio della coscienza. E’ una strada "rivoluzionaria", ma non nel senso di rivoluzione sociale, esterna e collettiva, bensì in quello di rivoluzione psicologica, interna ed individuale (rivoluzione della coscienza).
Essa si attua percorrendo un sentiero iniziatico che porta ad un progressivo e graduale innalzamento del livello dell’Essere.Infiniti, sia in alto che in basso, sono i gradi del livello dell’Essere. Ogni individuo occupa in ogni istante della sua vita un gradino ben preciso sulla scala dell’Essere ed il livello raggiunto dipende strettamente dalla sua capacità di liberare la propria Essenza eliminando gli Aggregati psichici.
Chi vive con la coscienza addormentata, affascinato dai propri Aggregati e dimentico di se stesso, obbedisce continuamente alla volontà di "altri": non detiene pertanto un alto livello dell’Essere. Tutti i nostri sforzi devono tendere in modo pratico ad innalzare sempre più questo livello.
E’ quindi importante la simbologia della scala. Essa rappresenta, gradino dopo gradino, il cammino che conduce all’autorealizzazione intima. Possiamo capire, adesso, il significato delle scalinate poste ai lati delle piramidi dell’America precolombiana e che conducevano ai templi del sole; e capiamo anche il significato della biblica scala di Giacobbe (Gen. 28, 12).
Riproduciamo qui sotto una incisione di ispirazione alchemica (*Mutus liber* di Altus): oltre al simbolo della scala, contiene anche un esplicito invito al risveglio, rappresentato dagli angeli che suonano le trombe in direzione dell’uomo addormentato.
Da un punto di vista psicologico, lo stare su una scala implica una condizione provvisoria, di transito. Su una scala non si sta: o si sale o si scende. Di fatto, il non salire significa discendere. Colui che non distrugge i suoi Aggregati, li rafforza ("le tendenze si accentuano"). Non è possibile mantenere stabile il proprio livello dell’Essere: se esso non si innalza, inevitabilmente si abbassa. Quattro sono le tappe fondamentali della salita sull’infinita scala del livello dell’Essere, ed ogni tappa è caratterizzata da un diverso stato di coscienza. Il primo stato di coscienza, quello più basso (ma non esiste un limite inferiore in questo stato), è paragonabile al sonno profondo e ipnotico. Più che di coscienza, si potrebbe parlare di incoscienza o infracoscienza. E’ il livello dell’eikàsia, della pura imitazione ipnotica, della barbarie.
Un passaggio automatico, fisiologico, lo separa dal secondo stato, quello della pistis, che in un certo senso rappresenta un risveglio. Ma lo stato di veglia della pistis è paragonabile a quello dell’uomo quando si sveglia al mattino, non è dunque un vero risveglio della coscienza. Nella pistis regna ancora l’affascinazione, anche se scompare la barbarie e la pura imitazione. Si può infatti dire che qui l’imitazione lascia il posto alla credulità, che è pure una forma di imitazione, ma in un certo senso più elevata: credo perchè l’ha detto un altro.Questi due primi stati sono comuni e si alternano in tutte le persone correnti. Ma sono entrambi stati dell’ignoranza e dell’errore, in cui la coscienza resta profondamente addormentata.
Il risveglio vero inizia nel terzo stato di coscienza, quello della diànoia. Ma il passaggio a questo stato non è né automatico né fisiologico. E’ un passaggio volontario e critico. In condizioni normali l’umanoide non è in grado di eseguirlo e resta intrappolato nei primi due livelli. Solo eventi straordinari come una grande inquietudine spirituale, avvenimenti tragici come gravi delusioni o malattie, eccezionali qualità morali come un’insolita capacità di autocritica e di pentimento possono aiutare l’umanoide ad effettuare questo passaggio. Il terzo stato di coscienza è lo stato in cui comincia il vero risveglio, lo stato della "messa in discussione".
Dalla credulità si passa al vero credere. qui non si crede più perchè ci si fida, ma perchè si incomincia a sperimentare di persona. Questo è anche lo stato del cammino iniziatico, lo stato in cui il livello dell’Essere comincia finalmente ad innalzarsi. E’ lo stato in cui si inizia a formare una stabile relazione con l’Essenza e in cui gli Aggregati vengono compresi ed eliminati.
Da questo stato, attraverso un passaggio rivoluzionario (nel senso precisato all’inizio di queste pagine), si entra nel quarto stato di coscienza, cioè in quello della nous, che è lo stato dell’Anima formata. In questo stato la coscienza è completamente risvegliata e l’umanoide è diventato Uomo. Si manifestano quindi le qualità della coscienza, la felicità, la volontà, la pace, l’amore, l’estasi, la shamadhi. E’ lo stato che, nel suo infinito estendersi in alto, porta alla liberazione totale e all’autorealizzazione.
Poiché il nostro è un obbiettivo pratico, si tratta di individuare alcune norme di comportamento che ci possano portare concretamente al risveglio della coscienza.
"Risveglio" significa uscita dal sonno e dall’affascinazione di cui sono responsabili i nostri Aggregati. Essi, come abbiamo già visto, sono illusione e fanno vivere l’umanoide in una realtà fittizia che viene scambiata per Realtà oggettiva. Ma in che modo agisce l’Aggregato, come riesce a creare in noi questa falsa realtà? Fondamentalmente, attraverso due meccanismi.
1) Innanzitutto, con la distrazione dall’istante, dal "qui e ora". L’Ego, infatti, ci trascina sempre fuori dall’attimo e dalla situazione presente e reale (fuori dal tempo e dallo spazio) e, attraverso rimpianti, progetti, fantasie, ci proietta in mondi irreali posti spesso nel passato o nel futuro.
La realtà del presente viene sostituita dall’irrealtà di vani contenuti psichici. Un attacco d’ira, ad esempio, agisce distraendoci dalla situazione reale e trascinandoci altrove in una fantasia di violenza; un desiderio ci porta lontano nel tempo, facendoci fantasticare su un poco probabile futuro. Cos’è dunque la vita, vissuta in questo modo? Solo una raccolta di sogni illusori. Dove siamo noi adesso? Opera l’Essenza o un Aggregato?
Da questa situazione si esce con un atto di volontà, con la decisione di VIVERE L’ISTANTE. Solo questo istante conta, è reale. Tutto il resto è illusione e sogno. Il tempo della nostra vita è un insieme lunghissimo di punti, di istanti. Dove siamo noi in questi istanti? Ci siamo o non ci siamo? In quale affascinazione, desiderio, fantasia siamo coinvolti? E’ quindi indispensabile, se nella nostra vita non vogliamo collezionare solo vuote illusioni, accettare e praticare la DOTTRINA DELL’ISTANTE. Ogni istante, cioè, deve essere vissuto in piena consapevolezza. La chiave di questa consapevolezza è la chiave di violino, chiamata anche chiave di sol : S.O.L. significa: Soggetto, Oggetto, Luogo. In ogni istante, cioè, consapevolezza di noi stessi, di chi ci sta di fronte, dell’ambiente che ci circonda.
La distrazione, quindi, deve lasciare il posto a ciò che viene definito stato di all’erta percezione, lo stato proprio delle sentinelle in tempo di guerra. Risveglio della coscienza significa anzitutto capacità di utilizzare al massimo la percezione dei cinque sensi. Quante cose non vediamo perchè siamo distratti dall’Ego! Percorriamo decine di volte la stessa strada senza accorgerci della forma di una finestra o di un simbolo posto su un balcone. Siamo perfino capaci di scivolare su una buccia di banana perchè non l’avevamo vista! Dov’eravamo in quel momento? Certo non camminavamo assieme al nostro corpo fisico su quella strada.
Così, giorno dopo giorno, accumuliamo occasioni mancate, incontri perduti, suoni non uditi, cose non toccate. Esperienze che, se fossero state vissute, sarebbero state vita reale.
2) L’Ego non agisce soltanto attraverso la distrazione. Abbiamo già considerato come una delle sue principali caratteristiche sia la meccanicità. Il risveglio della coscienza si deve ottenere dunque anche attraverso il controllo dei comportamenti meccanici, assumendo la condizione psicologica dello stato di all’erta novità. Ciò significa continua e costante disponibilità verso il nuovo, il cambiamento, il confronto, il cambiar modo di pensare, l’abbandono di preconcetti e di pregiudizi. Significa anche distacco dalle cose, accettazione della impermanenza e della provvisorietà della materia. Tutto il mondo delle forme muta di continuo e l’uomo, in quanto forma, deve saper mutare con il tutto.
L’ostinato attaccamento al vecchio, la ripetizione meccanica, il ricordo sterile sono spesso strumenti nelle mani dell’Ego, così come la capacità di rinnovamento, di ricominciare da capo, anche giorno dopo giorno, sono spesso espressione dell’Essenza.
Distrazione e meccanicità sono dunque due importanti caratteristiche dell’Ego che, una volta scoperte, lo rendono vulnerabile e ne consentono l’indebolimento attraverso le fasi iniziali del lavoro interno.
"Risveglio" significa uscita dal sonno e dall’affascinazione di cui sono responsabili i nostri Aggregati. Essi, come abbiamo già visto, sono illusione e fanno vivere l’umanoide in una realtà fittizia che viene scambiata per Realtà oggettiva. Ma in che modo agisce l’Aggregato, come riesce a creare in noi questa falsa realtà? Fondamentalmente, attraverso due meccanismi.
1) Innanzitutto, con la distrazione dall’istante, dal "qui e ora". L’Ego, infatti, ci trascina sempre fuori dall’attimo e dalla situazione presente e reale (fuori dal tempo e dallo spazio) e, attraverso rimpianti, progetti, fantasie, ci proietta in mondi irreali posti spesso nel passato o nel futuro.
La realtà del presente viene sostituita dall’irrealtà di vani contenuti psichici. Un attacco d’ira, ad esempio, agisce distraendoci dalla situazione reale e trascinandoci altrove in una fantasia di violenza; un desiderio ci porta lontano nel tempo, facendoci fantasticare su un poco probabile futuro. Cos’è dunque la vita, vissuta in questo modo? Solo una raccolta di sogni illusori. Dove siamo noi adesso? Opera l’Essenza o un Aggregato?
Da questa situazione si esce con un atto di volontà, con la decisione di VIVERE L’ISTANTE. Solo questo istante conta, è reale. Tutto il resto è illusione e sogno. Il tempo della nostra vita è un insieme lunghissimo di punti, di istanti. Dove siamo noi in questi istanti? Ci siamo o non ci siamo? In quale affascinazione, desiderio, fantasia siamo coinvolti? E’ quindi indispensabile, se nella nostra vita non vogliamo collezionare solo vuote illusioni, accettare e praticare la DOTTRINA DELL’ISTANTE. Ogni istante, cioè, deve essere vissuto in piena consapevolezza. La chiave di questa consapevolezza è la chiave di violino, chiamata anche chiave di sol : S.O.L. significa: Soggetto, Oggetto, Luogo. In ogni istante, cioè, consapevolezza di noi stessi, di chi ci sta di fronte, dell’ambiente che ci circonda.
La distrazione, quindi, deve lasciare il posto a ciò che viene definito stato di all’erta percezione, lo stato proprio delle sentinelle in tempo di guerra. Risveglio della coscienza significa anzitutto capacità di utilizzare al massimo la percezione dei cinque sensi. Quante cose non vediamo perchè siamo distratti dall’Ego! Percorriamo decine di volte la stessa strada senza accorgerci della forma di una finestra o di un simbolo posto su un balcone. Siamo perfino capaci di scivolare su una buccia di banana perchè non l’avevamo vista! Dov’eravamo in quel momento? Certo non camminavamo assieme al nostro corpo fisico su quella strada.
Così, giorno dopo giorno, accumuliamo occasioni mancate, incontri perduti, suoni non uditi, cose non toccate. Esperienze che, se fossero state vissute, sarebbero state vita reale.
2) L’Ego non agisce soltanto attraverso la distrazione. Abbiamo già considerato come una delle sue principali caratteristiche sia la meccanicità. Il risveglio della coscienza si deve ottenere dunque anche attraverso il controllo dei comportamenti meccanici, assumendo la condizione psicologica dello stato di all’erta novità. Ciò significa continua e costante disponibilità verso il nuovo, il cambiamento, il confronto, il cambiar modo di pensare, l’abbandono di preconcetti e di pregiudizi. Significa anche distacco dalle cose, accettazione della impermanenza e della provvisorietà della materia. Tutto il mondo delle forme muta di continuo e l’uomo, in quanto forma, deve saper mutare con il tutto.
L’ostinato attaccamento al vecchio, la ripetizione meccanica, il ricordo sterile sono spesso strumenti nelle mani dell’Ego, così come la capacità di rinnovamento, di ricominciare da capo, anche giorno dopo giorno, sono spesso espressione dell’Essenza.
Distrazione e meccanicità sono dunque due importanti caratteristiche dell’Ego che, una volta scoperte, lo rendono vulnerabile e ne consentono l’indebolimento attraverso le fasi iniziali del lavoro interno.
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