mercoledì 28 gennaio 2015

il ritorno degli antichi dei.


La teoria degli antichi astronauti, detta anche teoria del paleocontatto o paleoastronautica, è l'insieme delle teorie che ipotizzano un contatto tra civiltà extraterrestri e antiche civiltà umane, quali Sumeri, Egizi, civiltà dell'India antica e civiltà precolombiane. Tali teorie, diffusesi a partire dalla metà del XX secolo, non sono accettate dalla comunità scientifica e pertanto sono generalmente inquadrate nel più vasto e controverso campo pseudoscientifico della cosiddetta archeologia misteriosa o pseudoarcheologia. Sono anche diffuse inufologia, rientrando in particolare nel campo di indagine definito "archeologia spaziale", "archeologia ufologica" oclipeologiaLa nascita della paleoastronautica si fa risalire al 1960 con la pubblicazione di un articolo del matematico russo Matest Agrest. In seguito, le teorie sul presunto contatto tra civiltà extraterrestri e alcune antiche civiltà umane sono divenute popolari negli anni sessanta e soprattutto negli anni settanta con la pubblicazione dei libri di Erich von Däniken e Peter Kolosimo, autore di numerosi best seller, tra cui Non è terrestre (1968) e Astronavi sulla preistoria (1972). Il substrato di tali teorie era già stato elaborato alcuni anni addietro, subito dopo gli anni cinquanta, con la nascita dell'ufologia in seguito alle prime testimonianze documentate di avvistamenti di UFO. All'ufologia si unirono le tesi già elaborate da Charles Fort sull'apparente incoerenza cronologica di alcuni manufatti e il rinnovato interesse popolare degli anni sessanta nei confronti delle antiche civiltà e delle loro mitologie. In ambito ufologico nacque la clipeologia o paleoufologia, rivolta allo studio delle presunte manifestazioni di UFO nelle epoche passate. Inizialmente la paleoastronautica si sviluppò come una branca della clipeologia rivolta al periodo preistorico e protostorico, concentrando la sua attenzione su reperti archeologici di tali epoche. I sostenitori delle teorie sugli antichi astronauti, però, non si limitano a sostenere, come fanno i clipeologi, che visite di alieni siano avvenute anche nei secoli passati, ma affermano che vi sia stata un'influenza aliena nello sviluppo della civiltà e della specie umana, arrivando a mettere in discussione, almeno in parte, la teoria evolutiva di Charles Darwin, talvolta sostituendola con tesi creazioniste, secondo le quali la specie umana sarebbe stata geneticamente creata da entità superiori o per il tramite di angeli extraterrestri. Se per la paleoantropologia l'uomo è il risultato di un processo evolutivo endogeno durato tre milioni di anni, che ha portato le proto scimmie africane ad assumere via via la statura eretta e a sviluppare la propria intelligenza, andando a formare società via via più avanzate, i sostenitori delle teorie degli antichi astronauti ipotizzano che specie aliene sbarcate sulla Terra, attraverso numerosi e remoti contatti con popolazioni locali, abbiano indotto o anche solo favorito e guidato il percorso evolutivo della specie umana. Questi contatti, in taluni casi costituiti da soggiorni prolungati di extraterrestri sulla Terra, avrebbero influenzato lo sviluppo di alcune civiltà: tracce a testimonianza di questi eventi sarebbero riconoscibili, secondo i fautori di queste teorie, studiando con una certa forma mentis alcuni reperti preistorici. Tra i principali divulgatori delle teorie degli antichi astronauti vi sono lo scrittore e giornalista italiano Peter Kolosimo e l'archeologo e scrittore svizzero Erich von Däniken, preceduti di alcuni anni dal francese Robert Charroux e dal britannico W. Raymond Drake. Kolosimo e von Däniken dalla seconda metà degli anni sessanta hanno prodotto una serie di libri di grande presa popolare diffusi in molti paesi del mondo. Tali teorie sono state sostenute anche da alcuni religiosi, come il pastore presbiteriano e ufologo statunitense Barry Downing e il sacerdote cattolico spagnolo Salvador Freixedo. Altri popolari scrittori che, in seguito, hanno ripreso questa teoria sono Zecharia Sitchin e Robert K. G. Temple. Tra gli altri che si erano interessati, prima della seconda guerra mondiale, a tali teorie vi fu anche il sensitivo Edgar Cayce. Diversi altri autori hanno teorizzato il riferimento nei testi sacri o comunque mitologici a visite di alieni: tra questi Mario Pincherle, Mauro Biglino, padre Enrique López Guerrero, Claude Vorilhon, Lloyd Pye, Corrado Malanga e Biagio Russo. L'avvento di Internet ha favorito la diffusione di tali teorie, attraverso la nascita di innumerevoli siti web, per lo più amatoriali, che trattano di miti e presunti misteri, mescolandoli assieme ad argomenti di archeologia divulgativa, secondo uno schema poi ripreso da altri mass media, ignorando, rigettando o mettendo in discussione le tesi riconosciute nel mondo scientifico e accademicoEsistono diverse ipotesi sul cosiddetto paleocontatto, che sarebbe avvenuto tra la specie umana e specie aliene:
  • la specie umana sarebbe il risultato di una creazione programmata, ovvero di esperimenti genetici condotti da extraterrestri sugli ominidi, che fino a quel punto si sarebbero evoluti spontaneamente sulla Terra in concordanza con la Teoria di Darwin e dunque, in questo secondo caso, senza nessuna apparente contraddizione con essa. Il fine di questi presunti alieni sarebbe stato accelerare l'evoluzione spontanea della specie umana: adattamento evolutivo e neo creazionismo dunque sarebbero veri entrambi. Il principale argomento a sostegno di questa teoria è il tempo relativamente breve impiegato dall'Homo sapiens (300.000 anni) per giungere a un livello evolutivo mai raggiunto da altri organismi, pur presenti sulla Terra da centinaia di milioni di anni.
  • la specie umana avrebbe avuto contatti con extraterrestri sin dalle ere più antiche. Questi alieni sarebbero le divinità delle civiltà antiche (egizi, maya,aztechi, popoli della Mesopotamia, romani), raffigurati nelle loro opere d'arte. Altri indizi della presenza di extraterrestri in epoche passate sarebbero celati in testi religiosi, come la Bibbia e il Rāmāyaṇa, o in opere letterarie di carattere epico. Gli extraterrestri si sarebbero manifestati anche in epoche successive: dipinti medievali e rinascimentali, specie a carattere religioso, mostrerebbero in cielo delle navicelle spaziali, a volte addirittura con angeli alla guida.
  • il ritrovamento di OOPArt, ossia "oggetti fuori posto", in quanto "fuori dal tempo", soprattutto sotto il profilo tecnologico, rispetto alle temporizzazioni dell'archeologia canonica. 
Secondo i suoi sostenitori, elementi a favore della teoria degli antichi astronauti si rinvengono nell'architettura e nell'arte antica. Esisterebbero numerosi siti archeologici che testimonierebbero il contatto tra la specie umana e visitatori extraterrestri, alcuni dei quali costruiti con tale perizia da suggerire l'uso di tecnologie aliene. Gli ufologi e, in particolare i clipeologi, citano, tra gli altri, Giza, Baalbek,Yonaguni, le Linee di Nazca, i monoliti di Stonehenge, oltre a incisioni rupestri e statuette rinvenute nelle Americhe, nelle isole del Pacifico, in Australia, in aree europee come la Scozia e in zone alpine, quali il Musinè o la Valcamonica. Le popolazioni umane primitive avrebbero visto le forme di vita aliene come "angeli", "spiriti", "dei" o "semidei". Inoltre i teorici degli antichi astronauti interpretano vari brani dell'antica letteratura sumera e alcuni testi sacri prodotti da antiche civiltà del pianeta come possibili resoconti di un contatto a livello planetario. In particolare sono spesso citati l'Epopea di Gilgamesh, il Rāmāyaṇa(dove si parla di carri volanti chiamati Vimana) e alcuni libri della Bibbia, come il Libro di Ezechiele (in cui è descritta la visione di un "carro di fuoco").
 L'idea principale su cui si muove il recupero dell'astrologia dal medioevo all'età rinascimentale è che gli dei antichi sono in realtà stelle; la loro raffigurazione quindi contiene implicitamente i corrispondenti significati cosmologici. L'idea che i pianeti siano esseri viventi era già diffusa nel primo medioevo e si connetteva a svariati processi di identificazione tra pianeti e dei, iniziata sin nei tempi antichi. Per il mondo greco però questa sovrapposizione non fu affatto immediata. Aristofane nella commedia La Pace (vv.406-413) distingue i greci dai barbari, anche perché questi ultimi venerano superstiziosamente il Sole e la Luna e credono negli effetti nefandi delle eclissi. In seguito si era avviata questa compenetrazione tra il divino e l'astrale a partire dall'influsso della tradizione caldea sul mondo greco. Il pensiero greco aveva postulato l'idea del pianeta come essere vivente e divino con la scuola di Zenone stoico, dove l'astrologia veniva di fatto impiegata anche per finalità divinatorie. In effetti si può leggere in questa concezione anche un fertile innesto della religione egizia, che già secoli prima rappresentava lo zodiaco attraverso le sue divinità, come ci illustra lo zodiaco di Denderah. Ciò può essere dovuto alla diffusione in Grecia di testi egizi che prendevano il nome dai loro stessi autori: ilNechepso e il Petosiris, il primo un faraone e il secondo un sacerdote egiziano. Anche Eratostene parla di questa combinazione divinità e zodiaco, mentre in poesia si comincia con Arato ad associare le stelle agli antichi miti.
Ma non mancano detrattori; celebre ad esempio è la questione sollevata da Carneade nella sua polemica contro l'astrologia, perché rimaneva indimostrabile il fatto che due gemelli avessero destini differenti pur nascendo nello stesso giorno e ora, mentre persone nate in periodi diversi potessero morire nello stesso momento e modo, come per una battaglia o catastrofe. Lo stesso Panezio, amico di Scipione Emiliano e di Polibio, pur appartenendo alla scuola stoica, respinse alla fine l'astrologia, negando di fatto agli astri ogni rapporto con il divino, mentre Varrone indicava nelle divinità soltanto simboli dei corpi celesti.
Nonostante ciò questo processo di identificazione tra dei ed astri diviene sempre più saldo; Manilio nel suo poema Astronomica, scritto tra il 9 e il 15 d.C., celebrava gli astri come divinità, contribuendo a fondere sempre più la mitologia con l'astrologia e la rappresentazioni degli dei con quella dello zodiaco. Già in età repubblicana cominciano ad essere usate le espressioni abbreviate Saturnus oJuppiter al posto di Sidus Saturni e Sidus Jovis, mentre in età augustea viene introdotta la settimana planetaria, fino ad una corrispondenza tra calendario e zodiaco, che riguarda non solo i giorni ma anche i mesi e le ore.
Macrobio allude a queste corrispondenze ad esempio tra marzo e Marte, in latino per entrambi mars, che corrisponderebbe all'Ariete, segno zodiacale del mese di marzo. Così anche aprilis verrebbe dal greco aphros, cioè spuma: è difatti aprile corrisponde a Venere in associazione con il Toro. Maggio ancora, cioè maius, deriva da Maia, madre di Mercurio e questi è infatti il pianeta del mese di maggio, corrispondente al segno dei Gemelli, mentre giugno si riferisce al segno del Cancro, domicilio della Luna, perché associato a Giunone Lucina o lunare. Ancora gennaio deriverebbe da uno degli dei più antichi e importanti dell'antichità romana: il Giano bifronte.
Le arti figurative non si sottraggono a questo rimando tra miti e stelle, come si nota nel celebre globo farnese nel Museo Nazionale di Napoli, copia romana di un originale greco forse ispirato al poema sulle costellazioni di Arato: sono rappresentate le costellazioni celesti attraverso l'iconografia degli antichi miti sulla superficie di una sfera sostenuta da un Atlante, con uno alto stile di esecuzione .Anche le ore hanno una divinità diversa a secondo del giorno della settimana, partendo dalla regola che il pianeta, che governa il giorno, amministra anche la prima ora dopo l'alba, mentre le successive sono distribuite tra i vari pianeti, che si susseguono sempre nel medesimo ordine: cioè Sole, Venere, Mercurio, Luna, Saturno, Giove, Marte.
È il caso della figurazione dell'Idra, costellazione che ne porta sopra altre due; il corvo e la coppa qui con un chiaro riferimento alla storia mitica di Apollo, che manda il corvo ad attingere acqua alla fontana sacra, mentre la disobbedienza costa all'animale come punizione una specie di supplizio di Tantalo, di stare cioè sul dorso dell'Idra insieme alla coppa, senza potersi mai dissetare.
Importante sulla scia della identità iconografica tra mito e costellazione è anche il disco di bronzo di un orologio con raffigurazioni zodiacali, ora nel Salisburgo Stadtmuseum, databile intorno al sec. II-III d. C.. Tale classicismo descrittivo rifiorirà solo in età rinascimentale a partire dalla carta zodiacale di Albrect Durer o nella carta di Pietro Apiano del 1536 e ancora con l'Atlante del disegno Giorgio Martini (1439-1502), una delle prime riprese figurali del mito, che non regge un globo, ma bensì un disco piatto.
Ancora l'idea di Manilio di accoppiare i mesi alle divinità finisce con l'avere nella stessa età romana le sue esecuzioni figurative come l'altare di Gabi e i menologi rustici.
La rappresentazione nell'arte figurativa dello zodiaco acquista sempre più un carattere simbolico, in genere riferendosi al potere universale del monarca, unita a esigenze decorative ed estetiche. Un esempio ci può essere offerto dalla volta del triclinio imperiale di Nerone, che probabilmente raffigurava uno zodiaco su una grande tavola di avorio e riproduceva il moto celeste attraverso un meccanismo idraulico. Con l'avvento del cristianesimo l'astrologia subisce una iniziale decadenza, ma continua a rimanere radicata nella cultura sia laica che religiosa. Ancora l'evocazione simbolica del potere implicita nell'immagine dello zodiaco resiste negli ambienti del potere. L'identificazione di Dio stesso con il sole, basata sulle teorie eliosofiche e la penetrazione del mazdeismo nella cultura tardoantica spingono ancora imperatori come Aureliano e Costantino a non rinunciare ai culti astrali. Costantino chiede la creazione dell'oroscopo della città di Bisanzio, che venne ritrovato nel rinascimento da Pomponio Gaurico nella biblioteca vaticana e pubblicata dal fratello Luca nel Neapolitani prognosticon. Sempre Costantino, in perfetto accordo con le teorie orientali di una origine celeste del potere non mancò di farsi raffigurare su una colonna a Bisanzio con le vesti del sole .
La filosofia tardo antica cerca inoltre di rafforzare la posizione dell'astrologia e della magia in genere. Nell'ambito neoplatonico è possibile una distinzione tra teurgia e goetia, la prima rivolta a spiriti stellari buoni la seconda ad entità malvagie, categorie di popolazioni magiche già individuate da Apuleio. Anche in questa visione riscopriamo la resistenza di un rapporto stretto tra spiriti ed astri. In questo modo l'astrologia proprio perché riferita al mondo celeste è in se stessa benigna: per Plotino in particolare le stelle con i loro transiti sono segni inviati della divinità stessa per meglio predisporci verso il futuro.
Invece l'atteggiamento dei padri della chiesa verso i pianeti - dei è nel migliore dei casi polemico e diffidente. Per un Tertulliano, che aveva dato una particolare spiegazione sugli spiriti planetari, definendo l'astrologia la dottrina degli angeli caduti, la divinazione con gli astri non ha più necessità di essere dopo la discesa del Cristo sulla terra. La possibilità preditoria dell'astrologia appare così superflua nell'ambito del modificato rapporto con il destino dell'uomo, eticamente rigenerato dal Cristo. San Agostino considera malvagi tutti gli dei astrologici in una polemica, che vuole essere di fatto anche un colpo di grazia al morente paganesimo. La critica di Agostino è però di base compromessa dal suo stesso avvicinamento, avvenuto in età giovanile, a questa scienza divinatoria. Infatti il rifiuto dei perfidi dei astrali nel De Civitate Dei mostra almeno rispetto per uno di essi, che era poi la divinità prescelta dai platonici: Saturno, di cui descrive la etimologia metà greca e metà latina, cioè da Satur abbondante e nous mente.
Nel corso del medioevo non mancheranno tentativi di eliminare la stessa settimana planetaria e addirittura di conciliare le costellazioni con nomi biblici, come fa Irenico in piena età carolingia, mentre nel Li cumpoz di Filippo di Taon si prova a sostituire ai dodici segni i dodici patriarchi. Questa operazione garantiva ancora e in un ambito religiosamente rivoluzionato l'antica assimilabilità degli astri a delle manifestazioni del divino in terra.
Le stelle, prima associate strettamente agli dei e ai miti pagani, ossia agli eroi divinizzati e alle gesta mitiche dell'antichità, ora trovano il loro corrispettivo terrestre nei nuovi eroi della tradizione ebraico cristiana, santi e patriarchi.
Ma i presupposti dell'astrologia e la credenza negli spiriti astrali non cessano per questo. Già nell'ottavo secolo l'imperatore bizantino Teofilo istituirà una cattedra di astrologia per ringraziare il filosofo Leone, per aver salvato la città di Salonicco da una epidemia attraverso l'uso degli influssi astrali. Questa era di certo una circostanza fortuita, una scelta fatta sull'onda emotiva di una grande sventura evitata e nella storia antica non mancavano esempi di comunità salvate dalle conoscenze oscure di un filosofo, come il caso di Empedocle, che blocca il diffondersi della malaria a Siracusa e che viene divinizzato dalla comunità. Ma la cattedra assegnata a Leone è comunque un primo segno di un dibattuto recupero. In effetti il pensiero medievale tenta un riscatto dello zodiaco soprattutto attraverso l'idea di stelle come esseri spirituali e capaci di intervenire sul mondo terrestre. In questo modo si assiste alla sopravvivenza dei miti e degli d-*+





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