domenica 13 aprile 2014

Domenica delle Palme






Nella Domenica delle Palme, che segna l'inizio della Settimana Santa, intendiamo seguire Cristo che fa il suo ingresso in Gerusalemme. Ingresso trionfale, regale. Che è un consapevole e volontario andare verso la Passione e la Morte.
Gesù è riconosciuto dalla folla come «Colui che viene», Signore della storia. È acclamato come il Messia: «Gridavano: Osanna!». Egli è colui che finalmente recupera, secondo la profezia messianica di Gen 49,10-11, la cavalcatura destinata al Messia atteso. La folla riconosce la sua regalità. Il Vangelo di Marco descrive l'ingresso di Gesù in Gerusalemme come una «celebrazione liturgica dell'intronizzazione del Figlio di Davide» (J. Radermakers), come lascia intendere l'asino sul quale «nessun uomo si è assiso», immagine del trono regale, e come indica il gesto dei discepoli che stendono i loro mantelli.
Gesù incede su un asino, come aveva profetizzato Zaccaria (9,9). Non è una cavalcatura da cavallo per la battaglia; il Messia invece cavalca un mite asino e si presenta come Colui che ristabilirà la pace. È il Messia pacifico e disarmato, inerme e mite, povero e umile. È il Messia che salva il popolo con il dono della sua vita. La sua autorità è fondata sull'obbedienza alla volontà di Dio. Per riconoscere la sua qualità di Messia e di Figlio di Dio occorre contemplarlo nella Passione e Morte di Croce. Al grido
di «Osanna!» corrisponderà il grido: «Crocifiggilo!».
Il brano di Fil 2,6-11 (seconda Lettura) è un inno cristologico di grande densità rivelativa.
Di fronte alle divisioni e alle rivalità che dilaniano la comunità di Filippi, Paolo annuncia il «sentire» che ha mosso il Cristo nel compimento del disegno divino di salvezza: l'obbedienza, lo svuotamento, l'abbassamento. Gesù è presentato come l'opposto di Adamo, il quale volle «diventare come Dio» (cfr Gen 3,5).
Vengono descritti due movimenti: anzitutto quello «discendente», vale a dire l'abbassamento del Figlio di Dio, lo svuotamento (la «kenosi») di Cristo, la sua umiliazione, la sua ubbidienza «fino alla morte e alla morte di croce». A questo movimento di discesa dalle altezze di Dio verso l'abisso umano e verso l'abiezione della morte di croce segue il movimento opposto della esaltazione di Cristo, della sua glorificazione, ad opera del Padre, «perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi» e ogni uomo Lo proclami Signore.
In noi il «sentire» di Gesù contesta ogni arroganza; ogni autosufficienza, ogni idolatria di sé. L'unità della comunità cristiana può nascere soltanto da questo modello di Gesù, può essere solamente il riflesso di questo «sentire» «kenotico ».

«Gridarono: Crocifiggilo!» (Mc 15,13)

Il racconto della Passione secondo Marco è scarno ed essenziale, ma denso e incisivo. Non vi sono molte parole di commento e di spiegazione: sono i fatti a parlare, nella loro
nudità e crudezza. Gesù viene presentato nella pienezza della sua umanità, nella fragilità dinanzi al dramma della Passione, quando «cominciò a sentire paura e angoscia». Egli conduce un cammino che lo porterà alla solitudine, all'abbandono. Ma entra nella Passione pregando. E poiché prega, sa dominare gli eventi. Egli non solo è consapevole di ciò che lo attende, ma ne è anche signore: si appresta a fare della sua morte un gesto d'amore. La folla grida: «Crocifiggilo!». Ma Egli fa della sua morte in croce un dono per la salvezza degli uomini.
Nella crocifissione di Cristo troviamo la rivelazione piena della sua identità. Adesso cade il «segreto messianico» e Gesù si svela apertamente: Egli non vuole essere riconosciuto come Messia se non nella Passione e Morte di Croce.
In questa narrazione riscontriamo due momenti essenziali della rivelazione del Cristo. Il primo si ha quando al sommo sacerdote che «lo interrogò dicendogli: Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?, Gesù rispose: Io lo sono». Il secondo momento rivelativo è quello che conclude il dramma della crocifissione e della morte di Cristo, quando «il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!».
È la nostra stessa confessione di fede, che scaturisce dalla contemplazione del Mistero della Croce.



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