sabato 28 febbraio 2015

La religione e la politica.

 

1. La missione della Chiesa nel mondo
La salvezza che ci ha guadagnato Cristo, e quindi la missione della Chiesa, riguarda l’uomo nella sua integrità: sia come singolo che come persona inserita nella società. Per questa ragione, quando la Chiesa propone la sua dottrina sociale, non solo non si scosta dalla sua missione, ma la compie fedelmente. Del resto, l’evangelizzazione non sarebbe autentica, se non tenesse conto del rapporto tra il Vangelo e l’azione, sia a livello individuale che sociale. La Chiesa vive nel mondo ed è logico, e necessario, che si rapporti con esso in modo adeguato, rispettando la struttura e la finalità delle diverse organizzazioni umane.
Pertanto la Chiesa ha la missione, che è anche un diritto, di occuparsi dei problemi sociali; e quando lo fa «non può essere accusata di oltrepassare il suo campo specifico di competenza e, tanto meno, il mandato ricevuto dal Signore».
Missione della Chiesa in questo ambito non è soltanto di proporre norme etiche, ma anche di mostrare la dimensione evangelica della vita sociale, secondo la verità tutta intera sull’uomo, di insegnare i comportamenti coerenti con tale verità e di incoraggiare a viverli.
Tra vita cristiana e promozione umana c’è una stretta relazione: un nesso antropologico, un vincolo teologico e un dovere di carità. Una tale armonia non crea confusione: il fine della condotta cristiana è l’identificazione con Cristo che porta la vera liberazione, la liberazione dal peccato, che esige l’impegno per le altre liberazioni. Questa distinzione garantisce l’autonomia delle realtà terrene.
Gli insegnamenti del Magistero in questo campo non si estendono, pertanto, agli aspetti pratici, né propongono soluzioni per  l’organizzazione della società, questo non fanno parte della sua missione. Questi insegnamenti mirano soltanto alla formazione delle coscienze; non ostacolano l’autonomia delle realtà terrene.
Così, dunque, non compete alla Gerarchia di assumere una funzione diretta nell’organizzazione della società; suo compito, invece, è quello di insegnare e interpretare in modo autentico i principi morali in questo campo. Pertanto la Chiesa ammette ogni sistema sociale in cui si rispetta la dignità umana. I fedeli, da parte loro, debbono accogliere gli insegnamenti del Magistero in materia sociale con l’adesione della intelligenza, della volontà e delle opere (cfr. Lc 10, 16; Catechismo , 2032 e 2037).
2. Le relazioni fra la Chiesa e lo Stato
La religione e la politica sono due ambiti diversi ma non separati, perché l’uomo religioso e il cittadino sono la stessa persona con impegni sia religiosi che sociali, economici e politici. È  necessario, tuttavia, che «imparino i fedeli a distinguere accuratamente fra i diritti e i doveri, che loro incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro competono in quanto membri della società umana. Cerchino di metterli in armonia fra loro, ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche in materia temporale, può essere sottratta al dominio di Dio. Nell’epoca nostra è sommamente necessario che questa distinzione e nello stesso tempo questa armonia risplendano nel modo più chiaro possibile nella maniera di agire dei fedeli»[5] . Si può dire che in queste parole si riassume il modo in cui i cattolici devono vivere l’insegnamento del Signore: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» ( Mt 22, 21).
Le relazioni fra la Chiesa e lo Stato comportano, pertanto distinzione senza separazione, unione senza confusione (cfr. Mt 22, 15-21 e parall.). Le relazioni saranno corrette e fruttuose se obbediscono a tre principi fondamentali: accettare l’esistenza di un ambito etico che precede e informa la sfera politica; distinguere la missione della religione e quella della politica; favorire la collaborazione fra i due ambiti.
a) I valori morali debbono informare la vita politica
La posizione dello “Stato etico”, che pretende di dettare il comportamento morale dei cittadini, è una teoria ampiamente rifiutata, perché può portare al totalitarismo o almeno implica una tendenza marcatamente autoritaria. Allo Stato non compete dire ciò che è bene e ciò che è male. Suo compito è invece quello di ricercare e promuovere il bene comune. Per fare questo, a volte, avrà bisogno di stabilire alcune regole circa il comportamento dei cittadini.
Il rifiuto di uno “Stato etico”, tuttavia, non deve portare all’errore opposto cioè la “neutralità” morale dello Stato stesso, perché in realtà essa non esiste né potrà mai esistere. Infatti, i valori morali indicano i criteri che favoriscono lo sviluppo integrale della persona; questo sviluppo, nella sua dimensione sociale, fa parte del bene comune terreno; e il principale responsabile del bene comune è lo Stato. Fra le altre cose, lo Stato favorisce il comportamento morale delle persone, almeno nella vita sociale.
b) La Chiesa e lo Stato si differenziano per la natura e per i fini
La Chiesa ha ricevuto da Cristo il mandato apostolico: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19). Con la sua dottrina e con la sua attività apostolica, la Chiesa contribuisce al retto ordinamento delle cose temporali, perché servano all’uomo per raggiungere il suo fine ultimo e non allontanarsene.
I mezzi che la Chiesa utilizza per compiere la sua missione sono, anzitutto, spirituali: la predicazione del Vangelo, l’amministrazione dei sacramenti e la preghiera ma ha anche bisogno di utilizzare mezzi materiali, secondo la natura dei suoi membri che sono persone umane (cfr. At 4, 32-37; 1 Tm 5, 18); questi mezzi devono essere sempre conformi al Vangelo. Inoltre, per compiere la sua missione nel mondo, la Chiesa ha bisogno di essere indipendente, senza condizionamenti di carattere politico o economico (cfr. Catechismo , 2246; Compendio della Dottrina sociale della Chiesa , 426).
Lo Stato è una istituzione che deriva dalla natura sociale dell’uomo. Il suo fine è il bene comune temporale della società civile; è un bene non solo materiale ma anche spirituale, perché i membri della società sono persone con corpo e anima. Il progresso sociale richiede, oltre che mezzi materiali, molti altri beni di carattere spirituale: la pace, l’ordine, la giustizia, la libertà, la sicurezza, ecc. Questi beni sono raggiungibili solo mediante l’esercizio delle virtù sociali, che lo Stato deve promuovere e tutelare (per esempio, la moralità pubblica).
La distinzione fra l’ambito religioso e quello politico implica che lo Stato non goda di “sacralità” né abbia il compito di guidare le coscienze. Il fondamento morale della politica si trova al di fuori di essa. D’altra parte la Chiesa non possiede potere di indicare nulla in campo politico in quanto la appartenenza ad essa, dal punto di vista civile, è volontaria, il suo potere è di carattere spirituale e non propone nessuna soluzione di tipo politico. Lo Stato e la Chiesa svolgono funzioni distinte. Questo comporta libertà religiosa e sociale.
Da qui derivano due importanti diritti: il diritto alla libertà religiosa che consiste nella non interferenza da parte dello Stato in materia religiosa, e il diritto alla libertà di attuazione dei cattolici riguardo alla gerarchia in materia temporale, anche se con l’obbligo di seguire gli insegnamenti del Magistero (cfr. CIC, 227). Inoltre la Chiesa, «predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell’attività umana con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cristiani, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini».
c) La collaborazione fra la Chiesa e lo Stato
La distinzione tra la Chiesa e lo Stato non comporta – come si è detto – la loro totale separazione, né che la Chiesa debba ridurre la propria azione all’ambito privato e spirituale. Sicuramente la Chiesa «non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia». In questo senso, la Chiesa ha il diritto e il dovere di «insegnare la sua dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime».
Così, per esempio, la Chiesa può e deve indicare quando una legge è ingiusta in quanto contraria alla legge naturale (ad esempio leggi sull’aborto o il divorzio), o che determinate consuetudini o situazioni sono immorali, anche se permesse dalle leggi civili, o che i cattolici non devono dare il loro appoggio a persone o partiti che si propongano obiettivi contrari alla legge di Dio, e pertanto alla dignità della persona umana e al bene comune.
Sia la Chiesa che la politica – che si esprime attraverso le varie istituzioni o i partiti –, anche se a titolo diverso, sono al servizio dell’uomo e «svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltivano una sana collaborazione tra di loro». Se la comunità politica (ossia, la società presa nel suo insieme: governanti e governati di un determinato Stato) ignora la Chiesa, si pone in contraddizione con se stessa, poiché ostacola l’esercizio di diritti e di doveri di una parte dei cittadini, in concreto dei fedeli cattolici.
I metodi pratici di regolare queste relazioni possono variare a seconda delle circostanze: per esempio, non saranno gli stessi nei paesi di tradizione cattolica e in altri nei quali la presenza dei cattolici è minoritaria.
Un aspetto essenziale che si deve curare sempre è la salvaguardia del diritto di libertà religiosa. Vegliare sul rispetto di questo diritto vuol dire vegliare sul rispetto dell’intero ordine sociale. Il diritto alla libertà sociale e civile in materia religiosa è la fonte e la sintesi di tutti i diritti dell’uomo.
In molti paesi la Costituzione (o il sistema di leggi fondamentali che regolano il sistema di governo di uno Stato) garantisce la libertà religiosa dei cittadini e dei gruppi; attraverso questo canale, anche la Chiesa trova la libertà sufficiente per adempiere la sua missione e uno spazio per svolgere le sue iniziative apostoliche.
Inoltre, quando è possibile, la Chiesa fa in modo da stabilire accordi con lo Stato, in genere chiamati Concordati, nei quali si stabiliscono alcune soluzioni concrete per le materie di interesse comune: libertà di azione della Chiesa e delle sue istituzioni, convenzioni in materia economica, giorni festivi, ecc.
3. Regole sulle questioni miste
In alcune materie (chiamate questioni miste), sia lo Stato che la Chiesa debbono intervenire in base alle loro rispettive competenze e finalità: sono l’educazione, il matrimonio, le comunicazioni sociali, l’assistenza ai bisognosi. Per queste materie è particolarmente necessaria la collaborazione, in modo che ognuno possa adempiere la propria missione senza impedimento da parte dell’altro.
a) Compete alla Chiesa regolare il matrimonio dei suoi fedeli, anche nei casi in cui è cattolico uno solo dei contraenti. Questo perché il matrimonio è un sacramento e compete alla Chiesa stabilire le norme per amministrarlo. Compete, invece, allo Stato regolarne gli effetti civili: regime dei beni fra gli sposi, ecc. (cfr. CIC, 1059). Lo Stato ha il dovere di riconoscere ai cattolici il diritto di contrarre matrimonio canonico.
b) L’educazione dei figli – anche in materia religiosa – compete ai genitori per diritto naturale; sono loro che devono stabilire il tipo di insegnamento che desiderano per i loro figli e i mezzi dei quali si serviranno per questo fine (scuola, catechesi, ecc.). Laddove non sia sufficiente l’iniziativa dei genitori o dei gruppi sociali, lo Stato devesussidiariamente istituire proprie scuole, sempre rispettando il diritto dei genitori circa l’orientamento dell’educazione dei figli.
In questo diritto è incluso quello di promuovere e gestire scuole in proprio. Tenendo conto della funzione sociale di queste scuole, lo Stato le deve riconoscere e sovvenzionare. I genitori hanno anche il diritto che i figli ricevano nelle scuole – statali o no – un insegnamento che concordi con le loro convinzioni religiose.
Compete allo Stato dettare le norme necessarie all’insegnamento (livelli, titoli, garanzie per l’accesso, requisiti per il riconoscimento, ecc.). Lo Stato non può invece pretendere di esercitare, sia pure indirettamente, il monopolio sull’insegnamento (cfr. CIC, 797).
Compete alla Chiesa stabilire e vigilare su tutto ciò che si riferisce all’insegnamento della religione cattolica: programmi, contenuti, testi, idoneità degli insegnanti. È  parte della potestà di magistero che compete alla Gerarchia, e quindi un diritto della Chiesa difendere e garantire la propria identità e l’integrità della dottrina. Pertanto, nessuno può ergersi a maestro di dottrina cattolica (nelle scuole di qualsiasi livello) se non con l’approvazione dell’autorità ecclesiastica (cfr. CIC, 804-805).
La Chiesa ha anche il diritto di stabilire propri centri di insegnamento (ufficialmente cattolici), e che questi siano riconosciuti e ricevano le sovvenzioni pubbliche alle stesse condizioni degli altri centri non statali, senza per questo dover rinunciare alla identità cattolica o alla loro dipendenza dall’autorità ecclesiastica (cfr. CIC, 800).
c) La Chiesa ha anche il diritto di promuovere iniziative sociali (ospedali, mezzi di comunicazione, orfanotrofi, centri di accoglienza) coerenti con la sua missione, che lo Stato riconoscerà alle stesse condizioni (esenzioni fiscali, titoli di studio degli insegnanti, sovvenzioni, collaborazione di volontari, possibilità di ricevere donativi, ecc.) delle altre iniziative di questo tipo promosse da entità non pubbliche.
4. Laicità e laicismo
Un tema di grande attualità è la distinzione tra laicità e laicismo. Per laicità s’intende che lo Stato è autonomo rispetto alle leggi ecclesiastiche. Il laicismo, invece, propugna l’autonomia della politica dall’ordine morale e dallo stesso disegno divino, e tende a relegare la religione alla sfera assolutamente privata. In questo modo si calpesta il diritto alla libertà religiosa e si pregiudica l’ordine sociale (Cfr. Si deve inoltre sottolineare che è illusorio e ingiusto chiedere ai fedeli di comportarsi in politica “come se Dio non esistesse”. Illusorio, perché tutte le persone si comportano in base alle loro convinzioni (culturali, filosofiche, politiche, ecc.), collegate o no a una fede religiosa; sono convinzioni che influiscono sul comportamento sociale dei cittadini. Ingiusto, perché i non cattolici vivono secondo le proprie dottrine indipendentemente dalla loro origine. Comportarsi in politica in accordo con la propria fede, se rispetta la dignità delle persone, non significa pretendere che la politica si assoggetti alla religione: significa che la politica è al servizio della persona e, pertanto, deve rispettare le esigenze morali, e questo vuol dire che deve rispettare e favorire la dignità di ogni essere umano. Allo stesso modo, vivere l’impegno politico avendo motivazioni superiori rispetta perfettamente la natura dell’uomo, ne stimola l’impegno e produce risultati migliori.
5. Il pluralismo in ambito sociale dei cattolici
Tutto ciò che abbiamo detto concorda con il legittimo pluralismo dei cattolici nell’ambito sociale. Infatti gli stessi obiettivi si possono conseguire per vie diverse; pertanto è ragionevole un pluralismo di opinioni e di comportamenti per raggiungere un obiettivo sociale. È  naturale che i sostenitori di questa o quella posizione cerchino legittimamente di proporla. Tuttavia nessuna opzione ha la garanzia di essere l’unica adeguata – fra l’altro perché la politica lavora in gran parte su posizioni opinabili: è l’arte di fare il possibile – . Ancor meno, nessuna posizione può pretendere di essere l’unica che risponda alla dottrina della Chiesa Per questa ragione, tutti i fedeli, specialmente i laici, hanno il diritto che nella Chiesa venga riconosciuta la loro legittima autonomia nel gestire le questioni temporali secondo le proprie convinzioni e le proprie preferenze, sempre che siano in accordo con la dottrina cattolica. Hanno poi il dovere di non coinvolgere la Chiesa nelle loro decisioni personali e nelle loro azioni sociali, e devono evitare di presentare tali soluzioni come soluzioni cattoliche. Il pluralismo non è un male minore, ma un elemento positivo – come la libertà – della vita civile e religiosa. È  preferibile accettare le diversità negli aspetti temporali, che ottenere una presunta efficacia uniformando le opzioni a scapito della libertà personale. Il pluralismo, tuttavia, non va confuso col relativismo etico. Non solo, ma un autentico pluralismo richiede un insieme di valori a supporto dei rapporti sociali.  Il pluralismo è moralmente ammissibile finché si tratti di decisioni ordinate al bene delle persone e della società; non lo è, invece, se la decisione è contraria alla legge naturale, all’ordine pubblico e ai diritti fondamentali delle persone (cfr.Catechismo, 1901). Evitati questi casi estremi, è bene sostenere il pluralismo nelle materie temporali perché è un bene per la vita personale, sociale ed ecclesiale.

mercoledì 25 febbraio 2015

paganesimo e cattolicesimo





375 - Mentre i primi cristiani veneravano solo Dio (Gesù stesso rifiutò di essere fatto oggetto di Culto) la Chiesa introdusse il culto dei santi e degli angeli per compiacere le tendenze pagane del popolo.

431 - Il Concilio di Efeso, in base a forti pressioni popolari che contestavano l'assenza di "divinità femminili" nel Cristianesimo, proclamò Maria Madre di Dio. Tale rassicurante e superstiziosa venerazione colmava il vuoto lasciato dalle dee della religione pagana. Maria prese dunque il posto, nella devozione popolare, di Diana, Iside, Artemide, e varie altre dee. Numerosi elementi del culto della Madonna risalgono a divinità femminili precristiane. L'iconografia della Vergine con in braccio il bambino, è ispirata al culto di Iside (ivi comprese le "grotte" come tipico luogo di "apparizioni"). Lo stesso racconto della verginità di Maria e della nascita miracolosa di Gesù fu aggiunto ai Vangeli posteriormente, per facilitare la diffusione del Cristianesimo fra i pagani abituati ai racconti riguardanti esseri semidivini figli di un dio e di una donna vergine (Eracle, Mithra, Horus, ecc.)


593 - Il vescovo di Roma Gregorio Magno inventa il Purgatorio. Tale leggenda permetterà alla Chiesa per molti secoli fino a tutt'oggi di vendere suffragi, indulgenze, promozioni in paradiso, per inculcare nella mentalità della gente che il potere della chiesa arriva fino ... all'aldilà!

610 - Per la prima volta un vescovo di Roma viene chiamato papaL'idea fu dell'imperatore Foca, che prese il potere facendo assassinare il predecessore. Per tale atto criminale, il vescovo Ciriaco di Costantinopoli lo scomunicò, ma Foca, per ritorsione, proclamò "papa" (ossia capo di tutti i vescovi) il vescovo di Roma, ossia Gregorio I, il quale, bontà sua, rifiutò un simile titolo, fedele alla tradizione episcopale della chiesa cristiana dell'epoca.
Tuttavia, il vescovo di Roma successivo, cioè Bonifacio III, accettò di avvalersi del titolo di "papa".

Il Cristianesimo antico era nettamente contrario ai capi spirituali. 
L'Autorità era esercitata più o meno democraticamente per mezzo di concili. Ma il messaggio originale di Gesù era ben più radicale:
Ma voi non vi fate chiamare 'Maestro'; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo…
Matteo 23:8-10
788 - La Chiesa Cattolica adotta ufficialmente l'adorazione della croce, delle immagini e delle reliquie dei santi. Ovviamente si tratta di pratiche superstiziose, adatte a sottomettere psicologicamente il popolo e a mantenerlo in una suggestionabile ignoranza. I primi cristiani, come gli ebrei, consideravano idolatria ogni pratica di questo tipo. Poiché il secondo dei Dieci Comandamenti di Mosè proibiva il culto delle immagini,e ciò poteva turbare i devoti, la chiesa modificò addirittura la lista dei Dieci Comandamenti, censurando il secondo e dividendo in due l'ultimo.


A tutt'oggi nelle Bibbie cattoliche la lista dei comandamenti è riportata fedelmente, mentre il catechismo cattolico continua ad alterare la lista. Contraddizione evidente che non suscita scandalo solo perché la stragrande maggioranza dei cattolici sono pressoché indifferenti nei confronti delle questioni spirituali.

Ma ecco la lista dei Dieci Comandamenti di Mosé come è riportata nel libro dello Esodo,al capitolo 20:

I VERI 10 COMANDAMENTI DELLA BIBBIA

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, in schiavitù:
1. Non avrai altri dèi all'infuori di me.
2. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. 
3. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.
4. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, tua figlia, il tuo schiavo, la tua schiava, il tuo bestiame, il forestiero che dimora presso di te.
5. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio.
6. Non uccidere.
7. Non commettere adulterio.
8. Non rubare.
9. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
10. Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, la sua schiava, il suo bue, il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.

Si noti anche la sostituzione del comandamento "non commettere adulterio" diventato nel Catechismo cattolico "non fornicare" oppure "non commettere atti impuri".

995 - Giovanni XIV introduce la "canonizzazione dei santi". Nel Nuovo Testamento il termine 'santi' si riferisce a tutti i membri della comunità. Paolo conclude le sue lettere con la tipica espressione "un saluto a tutti i santi."
Si potrebbero fare molti altri esempi. 
L'idea che essere santo sia una condizione pressoché irraggiungibile per le persone comuni ha una precisa funzione politica, in quanto avvalora l'idea di una società gerarchica dove i poveri, i semplici e gli umili possono soltanto sottomettersi ai potenti (sia del Cielo che della ... Terra!) ed invocare la loro misericordia piuttosto che reclamare giustizia!

1079 - Gregorio VII introduce il celibato dei preti.
Nel Nuovo Testamento si dice l'esatto contrario, ovvero secondo Paolo il "vescovo" deveavere famiglia, in quanto:
...bisogna che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?
1a Epistola a Timoteo, cap. 3
1090 - Viene introdottoilrosario
Ciò costituisce l'ennesimo capovolgimento dell'insegnamento di Gesù, che disse:
E nel pregare non usate inutili dicerie come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per la moltitudine delle loro parole... Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, e serratone l'uscio fai orazione al Padre tuo che è nel segreto...
Matteo 6:5-8
1184 - Il Concilio di Verona istituisce l'inquisizione per gli eretici. Di tutte le invenzioni della Chiesa Cattolica, questa è quella più immensamente lontana sia dallo spirito e dalla lettera del vangelo sia da ogni minimo spirito umanitario.

Da questa data per oltre 5 secoli la storia della Chiesa Cattolica sarà una storiacriminale, fatta di ossessiva ricerca di potere, intrighi politici ed economici, stermini, torture, roghi, repressione di ogni atteggiamento di pur vaga opposizione. Ma soprattutto, la religione sarà usata per sfruttare le istintive paure dell'uomo e sottomettere la gente semplice ed umile.

1190 - Inizia la vendita di indulgenze. Che il denaro possa far acquisire meriti spirituali, oltre ad essere un concetto del tutto opposto allo spirito del Cristianesimo primitivo, rappresenta una notevole degenerazione morale sia per la chiesa che per la gente comune. 

Che Dio stesso si lasci "corrompere" dal denaro rappresenterà uno schema mentale che avrà delle conseguenza catastrofiche sull'etica dominante dei paesi cattolici.

1215 - Papa Innocenzo III proclama il dogma della transustanzazione. Ovvero, il pane dell'eucarestia (in seguito ostia) cessa di essere un semplice simbolo della comunione per diventare "vero corpo e vero sangue" di Gesù. Dopo aver rinnegato in mille modi lo spirito dell'insegnamento di Gesù, fondato sull'amore, sull'interiorità e sulla libertà, ora la chiesa riduce il povero Nazareno a una piccola particella farinacea da far mangiare ai fedeli! Una aberrante cerimonia pagana, un "pasto sacro" sanguinario e cannibalesco!

Anche in questo la chiesa ha sapientemente manipolato la psicologia dei fedeli: se i preti hanno il potere di trasformare il pane nel vero corpo (e sangue) di Gesù, evidentemente occorre sottomettersi a loro con timore.

1215 - Nello stesso anno Innocenzo III rende obbligatoria la "confessione auricolare"ovvero quella fatta all'orecchio del prete. I primi cristiani offrivano solo a Dio il loro pentimento, nella loro interiorità.

1229 - La Chiesa Cattolica, ormai abissalmente lontana dal Cristianesimo delle origini, per prudenza e per evitare contestazioni, decide di mettere la Bibbia (tra cui i Vangeli) nell'indice dei libri proibiti. Un fedele che avesse osato leggere il Vangelo rischiava la pena di morte come sospetto eretico!

Evidentemente sono provvedimenti che lasciano il segno anche nel dna, perché a tutt'oggi la maggioranza dei cattolici ignora che il contenuto dei Vangeli e della Bibbia è in aperto contrasto con la chiesa cattolica e non sospetta minimamente che esistano punti di vista diversi da quelli che sono stati loro inculcati sin dalla primissima infanzia.

1311 - Anno in cui il battesimo per aspersione dei fanciulli viene reso legale dalConcilio di Ravenna. I primi cristiani battezzavano solo gli adulti, in quanto il battesimo rappresentava un semplice rito simbolico di rinascita, adatto a sottolineare la "iniziazione" dei convertiti. 
Gesù non invitava le persone a compiere riti religiosi, ma a cambiare vita, a scoprire il Regno di Dio nel proprio cuore, non nelle cerimonie o nei formalismi.

1439 - Il Concilio di Firenze trasforma in dogma di fede la leggenda del Purgatorio. Non c'è assolutamente nulla nelle scritture cristiane che alluda ad un simile "luogo" metafisico. Tale credenza viene incoraggiata dalla chiesa cattolica con il solo scopo di spaventare i fedeli e, al tempo stesso, per renderli più dipendenti dalle interessate indulgenze della Chiesa.

1854 - Pio IX proclama il nuovo dogma della cosiddetta Immacolata Concezione.Prosegue il processo di divinizzazione di Maria, perché la Chiesa Cattolica, abile manipolatrice di menti e di popoli, sa molto bene che più si accentua il ruolo delle divinità "materne" e più la gente regredisce a livello infantile, diventando così ancora più sottomessa all'autorità della Chiesa (che guarda caso, anch'essa si autodefinisce come "santa madre"). 

Il concetto di "concezione immacolata" non ha senso rispetto all'insegnamento di Gesù, bensì deriva dalla metafisica greca e dal paganesimo.

1870 - Pio IX impone un assurdo privilegio che nessun papa aveva osato mai reclamare: quello della infallibilità del Papa. Guarda caso, ciò accade nello stesso anno in cui la Chiesa, con la presa di Roma, perde definitivamente il potere temporale. Una pretesa che è quasi una "rivincita" dunque. Che un uomo possa considerarsi un'autorità religiosa, oltretutto infallibile è uno dei massimi stravolgimenti della antica fede cristiana e dello insegnamento di Gesù.

1950 - Pio XII proclama che il corpo di Maria sia "volato" in cielo (dogma della assunzione). Dove si troverebbe ora? In orbita intorno alla Terra? I fedeli cattolici, ormai immunizzati ad ogni senso del ridicolo, privi di ogni capacità critica, si accontentano del fatto che nel calendario ci sarà un giorno festivo in più, ovvero il 15 agosto, ripristinando un'antica festa in onore della dèa Diana.

Perché la Chiesa Cattolica impone come verità queste leggende pagane? Perché sa benissimo che così facendo, la gente si abitua ad obbedire passivamente. Più sono assurdi i dogmi da credere, più sottomesso e servile sarà l'atteggiamento mentale del fedele. E' una tecnica ben nota anche dai capi militari, che a volte impongono comandi illogici proprio per "addestrare" ad una cieca obbedienza.

Come mai il paganesimo in Europa è scomparso e altrove no?

E' una domanda che mi frulla in testa da un po' di tempo. Come mai il paganesimo è sopravvissuto nelle Americhe, in Africa e in Asia e invece è scomparso in Europa? Partiamo dalle origini, alla fine del regno di Diocleziano nessuno avrebbe scommesso nulla su un editto di tolleranza verso i cristiani né tantomeno su una messa al bando del paganesimo, se il paganesimo tradizionale era in declino già da un po' le forme nuove come il Mitraismo prosperavano, Diocleziano fomentò un accanita persecuzione contro i cristiani bruciando anche molti luoghi di culto, nemmeno un secolo dopo però Teodosio con un editto rendeva obbligatoria la conversione al cattolicesimo pena la morte. Il declino del paganesimo tradizionale fu rapidissimo. Stessa cosa capitò in tempi diversi con il paganesimo celtico o quello scandinavo anche chi era partito come nemico del cattolicesimo romano alla fine si convertì. In Africa e nelle Americhe invece i culti pagani tradizionali sono sopravvissuti, nel primo caso alla luce del sole nel secondo mascherandoli da riti cristiani o in enclave isolate in luoghi sperduti. Stesso discorso per lo scintoismo, per un breve periodo la Chiesa prospera ma non si verifica mai una conversione di massa anzi lo Shogun dopo la rivolta di Shimabara mette il cristianesimo al bando e crocifigge migliaia di cattolici. Come mai il paganesimo romano soccombe e quello africano no? Come mai il cattolicesimo è stato accettato dagli imperatori romani ma non dagli shogun giapponesi? In fondo era per entrambi una religione "straniera". In definitiva quali sono state le cause che hanno portato alla scomparsa il paganesimo in Europa e lo hanno fatto sopravvivere negli altri continenti?............................................... ..........................(PS Per cattolicesimo intendo il cattolicesimo romano, serve a distinguerlo da altre confessioni come l'Arianesimo, il Nestorianesimo, il Pelagianesimo ecc ecc)


Similitudini tra cristianesimo e paganesimo.

Il Dio Horus, per esempio, nacque da una vergine e così anche Gesù

La nascita di Horus fu accompagnata da 3 divinità che seguirono la stella del mattino di Sirio portando doni - Allo stesso modo la nascita di Gesù fu accompagnata dai 3 re magi che seguirono la stella cometa (proveniente da est) portando doni. 
La nascita di Horus fu accompagnata da angeli - La nascita di Gesù anche 
Herut provò ad uccidere Horus da bambino - Allo stesso modo Erode provò ad uccidere Gesù da bambino 
Horus fu battezzato all'età di 30 anni in un fiume - Allo stesso modo Gesù fu battezzato ai 30 anni ad un fiume 
Horus resistette alla tentazione su di un alta montagna - Allo stesso modo, su di un alta montagna Gesù resistette alle tentazioni di satana 
Horus aveva 12 seguaci - Gesù aveva 12 apostoli 
Horus fece miracoli come curare i malati e camminare sull'acqua - Così fece Gesù Cristo 
Horus resuscitò suo padre Osiride dalla tomba - Gesù resuscitò Lazzaro 
Horus fu ucciso tramite crocifissione - Gesù fu ucciso tramite crocifissione 
Horus nella crocifissione fu accompagnato da due ladri - Gesù fu crocifisso con due ladri 
Horus risorse dopo tre giorni - Gesù risorse dopo tre giorni 
La resurrezione di Horus fu annunciata da tre donne - La resurrezione di Cristo fu annunciata da tre donne 
Un bell'elenco di similitudini, non è vero? Viene da chiedersi se ogni domenica, nelle chiese, la gente preghi per Gesù o per qualcun altro.... che non è necessariamente Horus perchè ad esempio, nel culto di Mitra, risalente all'antica grecia: 
Mitra nacque da una vergine in una grotta la notte del 25 dicembre, la sua nascita fu assistita da pastori - In modo assolutamente identico è avvenuta la nascita di Gesù 
Mitra fu un maestro che viaggiò molto - allo stesso modo Gesù viaggiò molto 
Mitra aveva 12 compagni - Gesù 12 discepoli 
Ai seguaci di Mitra era promessa l'immortalità - Ai seguaci di Gesù è promessa la vita eterna 
Mitra fece miracoli - Così come Gesù 
Come "grande toro del sole" fu sacrificato per la pace nel mondo - Gesù si sacrificò per redimere i peccati dell'uomo 
Mitra fu sepolto in una tomba e dopo tre giorni resuscitò - Allo stesso modo fece Gesù 
La resurrezione di Mitra fu celebrata ogni anno - Ancora oggi ogni anno si celebra la resurrezione di Gesù 
Mitra fu chiamato "il buon pastore" - Gesù viene identificato allo stesso modo 
Mitra fu identificato come "la parola", "il redentore", "il salvatore" e "il messia" - allo stesso modo anche Gesù viene identificato con questi termini 
Mitra aveva come festa principale quella che poi è diventata "Pasqua" 

lunedì 23 febbraio 2015

paradosso teologico

Prima di pubblicare questo post vorrei chiarire la mia posizione. Da sempre mi sono considerato ricercatore della verita` perche`ritengo che l`uomo piu` ha la possibilita` di informarsi maggiore sara` la comprensione degli argomenti che lo riguardano da vicino. Per questo ci tengo a chiarire che il mio non e` un attacco alla Chiesa (come qualcuno mi ha detto) ma bensi tento di chiarire la posizione della Chiesa Cattolica proprio nel tentativo di risvegliarmi e risvegliarvi dalla prigionia dei vecchi dogmi che oramai non dovrebbero avere alcun valore. Non e` un discorso che riguarda solo la religione prendiamo per esempio la storia, alla luce di cio` che i ricercatori hanno scoperto sarebbe completamente da riscrivere ma nessuno ha il coraggio di farlo per non sconvolgere talune convinzioni che andrebbero completamente debellate dalla mente collettiva che si autolimita non progredendo. Le menti intelligenti devono avere una visione delle cose molto ampia accettando il cambiamento che non deve mettere paura ma rassicurare. L`ignoranza e` nemica della liberta`.Detto questo pubblico un post assai interessante prendendo spunto dalle contraddizioni che col paradosso, in questo caso teologico, ci dovrebbe indurre a riflessione.

Un paradosso teologico è un tipo di paradosso relativo a una data teologia, che individua o tenta di individuare una incongruità circa le asserzioni da essa formulate. I paradossi possono vertere sia sugli attributi divini, sia sulle verità dogmatiche di quella determinata religione, ma possono a loro volta appartenere anche ad altre categorie di paradossi, come quelli filosoficiL'applicazione più frequente di questi paradossi è atta a evidenziare le possibili incongruità logiche dell'impianto dogmatico, per porre dubbi sulla divinità oggetto di fede o mettere in crisi le convinzioni religiose; premessa maggiore affinché tali paradossi trovino fondamento è che tale impianto teologico, ovviamente, si rifaccia alle leggi della logica
  • Enunciato: essendo Dio onnipotente, può fare ogni cosa.
  • Paradosso: può Dio creare qualcosa su cui non avere potere?
Sia che si risponda sì alla domanda, sia che si risponda no, si dimostrerebbe che Dio non è onnipotente, o perché non è in grado di creare un simile oggetto, o perché non è in grado di intervenire su di esso. Questo paradosso vuole mostrare la contraddittorietà della qualità "onnipotenza" attribuita a Dio. Essendo Dio dotato di propria volontà e potendo tutto, può anche decidere di autolimitarsi (come fa, per esempio, permettendo il libero arbitrio). Quindi Dio potrebbe creare qualcosa e poi porre dei limiti alla propria onniscienza e onnipotenza, come appunto accade con il libero arbitrio umano: pur essendo onnipotente Dio limita sé stesso per attribuire responsabilità e libertà ai singoli. 
  • Enunciato: in quanto onnisciente Dio conosce ogni cosa.
  • Paradosso: può Dio sapere qualcosa di cui stabilisce che non si possa sapere nulla?
Supponiamo, infatti, che esista un insieme non vuoto "V" di tutte le possibili verità. Per ogni sottoinsieme S di V, e per un fissato elemento v di V, una delle due seguenti affermazioni deve essere vera:
  • L'elemento v appartiene a S .   
  • L'elemento v non appartiene a S.
Dunque, per ogni sottoinsieme S di V abbiamo definito una verità (la quale afferma appunto che v appartiene - oppure non appartiene - a S). Evidentemente, la famiglia di tutte queste verità è in corrispondenza biunivoca con l'insieme delle parti diV, e pertanto ne ha la stessa cardinalità. Inoltre, in quanto appunto costituita di verità, questa famiglia dovrebbe essere contenuta in V (poiché tale insieme per definizione contiene tutte le verità). Tuttavia, un noto risultato della teoria degli insiemi asserisce che l'insieme delle parti di un qualunque insieme V ha sempre cardinalità strettamente maggiore a quella di V. Ne segue in particolare che pure la famiglia di verità appena costruita avrà cardinalità maggiore di V, e dunque non potrà essere contenuta in esso. Perciò "V" non può essere l'insieme di tutte le verità. In modo analogo al precedente paradosso, il paradosso dell'onniscienza mostra la non-consistenza di un'attribuzione fondamentale di Dio. In termini matematici, l'ente di tutte le verità non è propriamente un insieme, nel senso che per esso non sono validi gliassiomi di Zermelo - Fraenkel. Questo paradosso, dunque, non fornirebbe una contraddizione, bensì la dimostrazione del fatto che l'oggetto formato da tutte le verità non è un insieme ma una classe propria. Essendo onnisciente Dio conosce quali sono le influenze sul futuro di certe decisioni, ma è l'uomo (a cui il futuro stesso è affidato) che le crea, decidendo quello che accadrà; Dio già conosce quali saranno i prodotti delle scelte sbagliate o meno della persona, ma non interviene,rispettando il libero arbitrio umano, perché solo nella libertà si ha la pienezza della scelta. 
  • Enunciato: in quanto onnipotente Dio può fare ogni cosa e in quanto onnisciente Dio conosce ogni cosa.
  • Paradosso: può Dio fare qualcosa di diverso di quello che già sa che farà?
In quanto onnisciente, Dio conosce il futuro, quindi sa quale azione compirà, per esempio, tra mille anni. Raggiunto quel momento, Dio non può decidere di non fare quella azione o di compierne un'altra differente, quindi non è onnipotente. Questo paradosso vuole confutare la possibilità di un intervento arbitrario sull'universo, tramite l'onnipotenza, di un dio che sia dotato anche dell'onniscienza. Dio vive al di fuori dello spazio e del tempo, egli stesso li ha creati e ne ha il dominio. Le azioni di Dio sono fuori dal tempo, la venuta di Cristo prima come l'apocalisse poi, sono avvenute e avverranno solo quando Dio deciderà, non hanno una data prefissata. Dio è onnisciente dunque conosce quali sono le conseguenze sul futuro delle libere decisioni dell'uomo che è il solo artefice del proprio futuro; Dio quindi già conosce quali saranno i prodotti delle scelte sbagliate o meno della persona e decide in base a quanto l'uomo ha liberamente scelto. Un esempio: Adamo ed Eva di fronte all'albero della conoscenza potevano decidere se obbedire o non obbedire a Dio mangiando o non mangiando il frutto proibito. In base alla loro libera scelta l'Onnipotente prenderà la sua decisione e nel caso in questione sarà la cacciata dei progenitori dall'Eden.
  • Enunciato: Essendo Dio "infinitamente buono" o puro bene, non potrà mai causare o essere il male; essendo Dio "onnipresente" è presente in ogni cosa, in ogni momento, e in ogni luogo; essendo Dio "onnipotente" può vincere contro ogni forza antagonista.
  • Paradosso: Assumendo l'esistenza del male in senso cristiano, o Dio non è onnipresente (altrimenti il diavolo sarebbe una sua parte), o Dio non è onnipotente (in quanto il diavolo esiste senza che sia sconfitto), o Dio non è infinitamente buono (poiché il diavolo sarebbe una creazione di Dio).
L'argomento del paradosso costituisce l'oggetto della disciplina teologica tradizionale chiamata teodiceaIl paradosso - o questione dell'esistenza del Male - si può enunciare anche come la contraddizione stretta tra due soli principi: quello di onnipotenza e di bontà di Dio, senza attribuire alcuna rilevanza alla questione della "presenza". In tal caso la contraddizione ha solo due termini. Il diavolo (o il male) e Dio vengono così presi in considerazione solo in quanto "princìpi causali" indipendentemente da altre loro eventuali caratteristiche. In quest'ultimo caso le considerazioni o confutazioni centrate sulla questione della "onnipresenza" non sono valide. Una proposta di confutazione comune di questo paradosso riguarda la definizione del "male". È la questione che occupa più di frequente il dibattito teologico. L'obiezione più frequente è che il male è legato al "libero arbitrio" e non sarebbe possibile senza questo. Il libero arbitrio sarebbe la proprietà per cui la volontà di certe creature dipende solo da sé stessa, e non da Dio. È facile riconoscere in questa idea una riformulazione del paradosso stesso piuttosto che una vera risposta. In senso logico causale, infatti: 1) Ha un significato affermare che una cosa, benché creata da Dio, in nessun modo dipende da Dio? 2) Il fatto di creare un essere dotato di capacità intrinseca di fare il male, e che quindi potrebbe dannarsi, non potrebbe essere di per sé essere già considerata una azione malvagia (in quanto deliberatamente pericolosa e gratuita)? 3) L'essere a conoscenza in anticipo di ogni azione che verrà compiuta nel presente e nel futuro dall'uomo, incluse le azioni malvagie e le conseguenze, non dovrebbe spingere un essere infinitamente buono come Dio a collocare direttamente tale essere in Paradiso o all'Inferno, piuttosto che fargli attraversare un'esistenza già nota? In generale: il libero arbitrio è il concetto che viene più spesso portato a confutazione del paradosso, ma questo stesso concetto è opinabile e a sua volta paradossale. L'idea che il "libero arbitrio" esista, o che la sua eventuale esistenza sia "buona", costituiscono assiomi indimostrabili, e non sono pertanto accettati da tutti. Infine, si osserva che la definizione di "male" dovrebbe essere consistente con la pratica (per esempio, tutti cercano di curare le malattie o di difendersi dalle catastrofi naturali, non considerano "male" solo le azioni prodotte da esseri umani) perciò è comunque difficile trovare una definizione di "male" che racchiude solo cose generate dal libero arbitrio, tralasciando per esempio il caso o la natura, che si assume creata da Dio stesso, e mantenere allo stesso tempo una coerenza logica di discorso. 
  • Relative all'onnipresenza di Dio. L'onnipresenza di Dio non limita la sua dimensione all'universo: un dio potrebbe esistere in un numero maggiore di dimensioni spaziali rispetto all'universo e quindi essere onnipresente senza che il Diavolo ne sia una sua parte. Inoltre non è detto che Dio sia onnipresente; ad esempio nel cristianesimo Dio è inteso come omni-agente, ma non onnipresente: ciò che Dio ha creato, ad esempio, non è considerato una sua "parte".
  • Relative all'esistenza o definizione di male. Un altro problema del paradosso è la definizione di male: supponendo come definizione di male morale il risultato delle azioni delle creature (comprendendo sia l'uomo che il Diavolo) dirette contro Dio, allora Dio non è responsabile del male morale, bensì lo sono le sue creature. Se il male morale non è "creato da Dio", ma manifestato da esseri dotati di libero arbitrio, il paradosso non è più tale.
  • Il male è permesso da Dio in quanto avendo dotato l'uomo di libero arbitrio nella possibilità di scelta al bene deve per forza esserci ,in modo reale,il suo opposto,infatti non esiste scelta cosciente e piena senza l'alternativa concreta. Il Divino ha scelto di affidare il compito di "gestire" il male, al diavolo,angelo decaduto per la sua decisione di rivoltarsi a Dio. Bene e male derivano quindi dalle scelte umane. Dio è onnipotente ma per rispettare l'autonomia decisionale non interviene, avendo appunto lasciato la piena libertà di scelta: è l'uomo che dunque decide dove indirizzare il futuro, che gli è stato consegnato.  Dio poi ha dato tutte le istruzioni all'uomo per poter scegliere in modo giusto e corretto , ma la scelta deve essere appunto libera e Dio, essendo onnisciente, conosce già in quale direzione portano le conseguenze delle diverse scelte umane.[5]Infine non si può pensare al male come semplice conoscenza senza l'esistenza reale del male stesso (sarebbe come giocare alla roulette senza la possibilità poter puntare liberamente e alternativamente o sul rosso o sul nero ) :se non ci fosse una concreta possibilità di scelta non ci sarebbe nemmeno l'esercizio pieno e completo della propria libertà, ci sarebbe solo una parvenza di libertà ,una capacità di scelta parziale e limitata.
  • In merito al problema dell'onnipresenza, si può obiettare che il Diavolo non può comunque esistere in una dimensione in cui Dio è assente, essendo Dio presente in tutte le dimensioni. Inoltre il Catechismo di Pio Xafferma cheDio è in cielo, in terra e in ogni luogo.   
    • Per quanto detto nei paragrafi sopra, i sostenitori del paradosso non considerano il concetto di "libero arbitrio" come risposta al problema del male, dal momento che l'onnipotenza è troppo "forte" come principio logico-causale, mentre la condizione di "libertà" di un'altra creatura è vista come contraddittoria.
    • Dio, essendo onnipotente in senso assoluto, avrebbe potuto lasciare la possibilità di conoscenza e scelta del bene anche in assoluta assenza del male: che umanamente si possa conoscere e definire un fenomeno solo conoscendo il suo opposto è stata una scelta di Dio. Chi contesta questa argomentazione sostiene che in realtà questa sarebbe appunto solo una semplice "conoscenza" del bene e non una "libera scelta", mentre per scegliere in modo libero e cosciente ci deve essere l'aternativa, l'opposto e non la semplice conoscenza di solo una delle due alternative quindi per lasciare il libero arbitrio all'uomo, per cui essi concludono che Dio non aveva altra scelta che permettere il male.
    • Enunciato: San Paolo nella Lettera ai Romani scriveva "Il giusto sarà salvato per la sua fede". Questa frase, secondo la Chiesa, specifica che l'uomo può salvarsi e raggiungere la salvezza grazie alle buone opere compiute in vita, il Giudizio Universale sarà il momento in cui Dio assegnerà grazia o dannazione a seconda delle gesta.
    • Paradosso: Se la salvezza del soggetto dipende dalla possibilità di scegliere autonomamente se essere dannato o no (scegliendo di compiere opere di bene), Dio non avrebbe alcuna possibilità di esercitare la sua potenza sugli uomini e gli uomini stessi sarebbero padroni esclusivi del proprio destino grazie al libero arbitrio. Tutto ciò ridurrebbe Dio a mero esecutore di una Legge superiore, ma nessuna forza o legge dovrebbe esser superiore a Dio, a meno che egli sia non onnipotente. Un dio che esista in due dimensioni temporali può essere a conoscenza di ciò che ciascuno farà e portarsi ovunque nella nostra linea temporale per raggiungere i propri scopi. Il completo libero arbitrio e la completa predestinazione è possibile in due dimensioni temporali, benché questo concetto possa essere di difficile comprensione. In realtà tale paradosso, secondo i suoi detrattori, nascerebbe principalmente da un'erronea interpretazione del passo citato. Lo stesso San Paolo scrive nella Lettera ai Romani (3, 23-24) Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Gesù Cristo. Questo passo potrebbe far pensare che tutti gli uomini saranno salvati, come ipotizzato da Hans Urs von Balthasar e Karl Rahner. La concezione di salvezza della Chiesa, a partire dalle lettere di San Paolo, non dipende dalle opere, infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui (Rm 3, 20), ma viene concessa gratuitamente, e sta al libero arbitrio dell'uomo accettarla o respingerla. Martin Lutero risolse questo paradosso affermando la predestinazione assoluta e l'inesistenza del libero arbitrio. Comunque non è assolutamente detto che Dio, avendo lasciato il libero arbitrio, diventi il freddo esecutore di una legge "superiore a lui stesso", dal momento che quella legge è stata decisa da lui medesimo. In effetti la formulazione stessa del paradosso non sembra in questo senso molto chiara. Piuttosto l'esistenza del libero arbitrio può mettere in luce la mancata onnipotenza di Dio, che così decide volontariamente di non influire sulle azioni umane.