1. L'origine sociologica
Il problema della massoneria non può che essere compreso nell'ambito di una più generale indagine sul problema della modernità. La caratteristica più essenziale della modernità è il pluralismo non solo sociale, ma dottrinale: la presenza - considerata normale, e perfino promossa - di gruppi socialmente significativi portatori di idee diverse e inconciliabili sull'origine e sul destino del mondo e dell'uomo, portatori - cioè - di diverse visioni del mondo, di diverse filosofie, di diverse religioni. Il Medioevo, da questo punto di vista, non era una società pluralista nel senso moderno del termine: le comunità ebraiche e musulmane, pure presenti, non erano considerate parte integrante della società; i vari gruppi ereticali erano corpi estranei, di rado socialmente significativi; l'unità e l'integrità della fede erano considerate un bene da perseguire e la presenza di visioni del mondo contraddittorie all'interno del popolo cristiano un male da combattere. La società pluralista moderna nasce dopo la Riforma e le guerre di religione, il cui esito è la presenza in diverse nazioni europee - e in ogni caso in Europa, se la si considera nel suo insieme - di gruppi religiosi diversi portatori di idee tra loro inconciliabili. Questa situazione di pluralismo non farà che accrescersi dal Cinquecento in poi: se all'inizio coesistono cattolici e protestanti, ben presto i protestanti si frammentano in decine di denominazioni rivali (mentre le scoperte geografiche rendono evidente a tutto il pubblico colto l’esistenza nel mondo di centinaia di religioni diverse); più tardi - con l'illuminismo - diventano socialmente significativi anche il razionalismo e la miscredenza, e a partire dall'Ottocento acquista spazio sempre maggiore anche la presenza in Occidente di religioni non cristiane e nuovi movimenti religiosi.
Di fronte al pluralismo dottrinale nasce - tanto più nei paesi dove questo viene importato tardivamente e quasi improvvisamente - un disagio sociale diffuso, che si manifesta tuttavia in due modi diversi. Da una parte c'è chi tenta la fuga dal pluralismo, che appare intellettualmente incomprensibile, rifugiandosi in "piccoli mondi" dove il pluralismo viene negato e dove la pluralità di messaggi contraddittori viene ridotta all'ascolto selettivo di un solo messaggio. È il caso delle "sette" che, fisicamente o almeno psicologicamente, si separano dalla società pluralista per costruire micro-società non più pluraliste dove si ascolta un'unica "verità" e si riducono i contatti (almeno intellettuali) con il mondo esterno. Dall'altra parte, vi è anche chi - anziché fuggire dal pluralismo - ne cerca una chiave di lettura che lo renda ragionevole e che permetta psicologicamente di adattarvisi. All'estremo opposto delle "sette" - per cui, nel senso più rigido, c'è un'unica verità, quella della "setta" e dei suoi capi - nascono così gruppi caratterizzati dal sincretismo e dal relativismo, per cui tutti i messaggi contraddittori in circolazione nella società pluralista sono contemporaneamente (anche se solo relativamente) veri, ed è possibile vivere tra le pieghe delle loro contraddizioni purché si trovi una chiave che permetta di disporre e ordinare le diverse visioni del mondo in una costruzione in qualche modo logica. Benché i relativismi e i sincretismi siano molteplici, molti comportano un elemento esoterico: si afferma, cioè, che a livello superficiale (essoterico, con due "s") le diverse religioni, visioni del mondo, filosofie sono contraddittorie, ma che ciascuna comporta anche una parte più profonda e segreta (esoterica, appunto), e che i nuclei segreti delle diverse religioni e filosofie non solo non si contraddicono ma anzi coincidono fra loro (2).
Questo itinerario sociologico dimostra, paradossalmente, il bisogno di verità degli uomini e il disagio di vivere in un mondo di contraddizioni. Quando nella società pluralista moderna le contraddizioni si manifestano gli uomini sentono il bisogno di risolverle, o fuggendo verso il settarismo o facendosi una ragione delle contraddizioni con il relativismo e il sincretismo (3).
2. L'origine storica
a) In generale
La risposta sincretistica ed esoterica al bisogno di risolvere le contraddizioni della società pluralista nascente si rivela nel modo più caratteristico nella nascita della leggenda dei Rosacroce, secondo cui il "nucleo segreto" che sta dietro alle diverse religioni (e le unifica) sarebbe stato noto fin dal Medioevo a una confraternita di iniziati fondata da un certo Christian Rosenkreutz (o Cristiano Rosacroce) la cui tomba, nascosta in una foresta tedesca, conterrebbe appunto la chiave per pervenire al segreto. La leggenda venne messa in circolazione già nel Cinquecento, ma acquistò larghissima diffusione nel Seicento grazie alla pubblicazione di tre testi: la Fama fraternitatis (1614), la Confessio (1615), le Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz (1616). Questi testi furono presi estremamente sul serio: perfino un personaggio come Cartesio dedicò più di un anno della sua vita a cercare i misteriosi Rosacroce in Germania. Oggi gli storici sanno con certezza che era impossibile trovare i Rosacroce per una buona ragione: non esistevano. Non era esistita nel Medioevo nessuna confraternita dei Rosacroce; la leggenda era appunto una leggenda, creata - con altri - dal pastore luterano tedesco Johann Valentin Andreae (1586-1654) che, dietro la storia dei Rosacroce, proponeva il tema relativista dell'unità fra i nuclei segreti delle religioni (nella versione esoterica) e insieme un programma politico di coalizione fra tutte le forze protestanti e "illuminate" d'Europa contro la Chiesa cattolica, il Papato e gli Asburgo (4). Il tema filosofico e il tema politico non erano del resto eterogenei: Johann Valentin Andreae e i suoi amici percepivano correttamente come la Chiesa cattolica fosse irriducibile a qualunque schema di unità - più o meno esoterica - fra le religioni e le Chiese fondato su premesse di tipo relativistico e sincretistico.
I Rosacroce, dunque, non si trovavano; ma - per tutto il Seicento e fino al Settecento - cresceva il numero di coloro che li cercavano (5). Tra i numerosi luoghi dove si cercavano i Rosacroce c'erano anche - specie in Inghilterra e in Scozia - le antiche corporazioni di arti e mestieri, che stavano perdendo la loro importanza economica ma conservavano un ricco corpus di simboli e di leggende. La corporazione dei liberi muratori (free masons in inglese, franc maçons in francese, da cui poi gli italiani frammassoni e massoni), che comprendeva i lavoratori della costruzione dai muratori agli architetti, aveva un leggendario abbastanza rigoglioso ispirato a costruzioni famose dell'antichità, dall'arca di Noè al tempio di Salomone. Non potevano trovarsi in questa corporazione - si chiedeva qualcuno - i segreti dei Rosacroce? La risposta, naturalmente, era negativa (sempre per il buon motivo che i Rosacroce non erano mai esistiti); ma questo non impedì a nobili e borghesi appassionati di esoterismo e di misteri rosicruciani di farsi ricevere, pagando il dovuto, nelle "logge" (ma questa espressione è tardiva) della corporazione dei "liberi muratori", pur non essendo né architetti né muratori. Il fenomeno - che secondo studi recenti di David Stevenson sarebbe iniziato in Scozia negli ultimi anni del Cinquecento (6) - alla fine del Seicento era così diffuso che ormai in Gran Bretagna non era più sufficiente parlare di freemasons o masons: occorreva specificare se si trattava di massoni "operativi" (cioè lavoratori della vecchia corporazione) oppure "accettati" (cioè esoteristi che erano entrati nelle logge alla ricerca di segreti rosicruciani, ovvero curiosi che si facevano "accettare" per ragioni sociali o passione antiquaria per le tradizioni corporative). L’espressione "speculativi" si affermerà nei primi decenni del Settecento per indicare i non "operativi" che avevano aderito alle logge per ragioni esoteriche e filosofiche culturalmente impegnative e distinguerli dagli "accettati" che erano mossi da semplici motivi di curiosità o sociali (7).
Che cosa trovavano nelle logge della corporazione muratoria gli "accettati" e gli "speculativi"? Forse trovavano meno di quello che si aspettavano. In Inghilterra le organizzazioni locali "operative" erano chiamate nel Medioevo misteres, parola che più tardi - trascritta in mystery, "mistero" - comprensibilmente emozionava gli esoteristi. Purtroppo i filologi moderni hanno accertato che la parola inglese arcaica mistere era una semplice corruzione dell’italiano "mestiere" (è nota l’importanza dell’Italia per l’attività dei costruttori), e dunque non faceva allusione a nessun "mistero" occulto (8). Gli elementi decisivi per la formazione del successivo rituale "speculativo" che si trovavano nella massoneria "operativa" britannica erano sostanzialmente due. Da una parte vi era un corpus di leggende contenuto nelle cosiddette "Costituzioni manoscritte della massoneria", i cui testi principali sono due manoscritti, Regius e Cooke, che risalgono agli anni 1390-1410 (9). Questi manoscritti contengono due diverse leggende sulle origini della muratoria: una più antica - che è stata chiamata la "storia antica breve" - e una più recente, la "storia nuova lunga". La "storia antica breve" parte da un mitico viaggio in Egitto di Euclide, che ivi avrebbe fondato una scuola dell’arte della geometria e della costruzione, trasmessa poi a numerosi popoli e in particolare agli inglesi all’epoca del re Athelstan, che avrebbe dato ai liberi muratori i loro regolamenti e costituzioni. La "storia nuova lunga" parte invece da prima del Diluvio e menziona vari personaggi biblici - tra cui Jabal, che sarebbe stato un maestro costruttore impiegato da Caino, ed Enoch - che avrebbero trasmesso i segreti dell’arte muratoria in lamine d’oro o colonne nascoste (più tardi confuse con le colonne Jachin e Boaz del tempio di Salomone, con cui all’origine non si identificavano). Successivamente questi segreti sarebbero stati rivelati ad Abramo, di cui sarebbe stato allievo Euclide il quale avrebbe insegnato l’arte agli Egizi. Dagli Egizi l’arte sarebbe stata ritrasmessa agli Ebrei, e avrebbe trovato il suo culmine con Salomone e il suo tempio. Dopo la distruzione del tempio l’arte sarebbe passata ai cristiani - fra cui quattro martiri europei, costruttori di professione, i santi Quattro Coronati -, sarebbe stata protetta in Inghilterra da sant’Albano e codificata da Athelstan. Il materiale dei manoscritti Regius e Cooke - che risale a prima della Riforma, ed è quindi il corpus di leggende di una corporazione cattolica - sarà poi rielaborato in decine di altri manoscritti, che aggiungeranno il tema dell’arca di Noé e si diffonderanno sul tempio di Salomone e sul suo architetto Hiram Abiff. Douglas Knoop e G.P. Jones fanno notare che la leggenda di Hiram Abiff così come i massoni di oggi la conoscono - che comprende la sua uccisione da parte di tre traditori a cui non voleva rivelare la "parola del Maestro" - appare solo in manoscritti settecenteschi (10). Alexander Horne in uno studio molto dettagliato sul tema pubblicato nel 1972 rintraccia precedenti più arcaici per il ciclo del tempio di Salomone e anche per Hiram Abiff - sostenendo inoltre che temi antichi relativi all’arca di Noé avevano potuto essere trasposti e riferiti al tempio di Salomone (11) - ma ben pochi di questi precedenti hanno a che fare con le corporazioni muratorie. È pertanto possibile che in gran parte la leggenda di Hiram non sia stata trovata ma portata dagli "accettati" e dagli "speculativi" all’interno della massoneria "operativa".
Il secondo elemento rilevante per i successivi sviluppi "speculativi" che gli "accettati" trovavano nelle logge della muratoria è la "parola massonica", una parola o segno di riconoscimento segreto su cui si leggono spesso imprecisioni notevoli. Lo scopo della "parola massonica" - nata in Scozia nel Cinquecento, ignota nel Medioevo e ignota tra gli "operativi" in Inghilterra (12) - era di carattere pratico: "venne in esistenza perché era utile". Ma "è sufficiente una rapida riflessione per rendersi conto che la parola massonica sarebbe servita a poco o a nulla semplicemente per distinguere i maestri costruttori abili e capaci dagli altri". Per questo scopo c’era da sempre un metodo più sicuro: "una prova pratica". In realtà la "parola massonica" rispondeva a un problema nuovo: la presenza in Scozia di lavoratori dell’industria della costruzione - chiamati cowan - che erano tecnicamente capaci di svolgere il loro lavoro (e di superare una prova) ma non erano passati attraverso il regolare apprendistato corporativo ovvero lavoravano al di fuori della corporazione, qualche volta accettando salari minori di quelli corporativi. La "parola massonica" permetteva ai capimastri e agli imprenditori legati alla corporazione di riconoscere i lavoratori che a loro volta appartenevano alla corporazione massonica e di proteggere il sistema corporativo - che ormai scricchiolava in tutta Europa - cercando di assumere soltanto "liberi muratori" e non cowan abusivi (13). Tuttavia la "parola massonica" è una innovazione cinquecentesca, e alla fine del Cinquecento iniziano ad affacciarsi nelle logge gli "accettati" e gli esoteristi. Intorno alla "parola massonica" cominciano così - quasi fin dalle sue origini - a nascere leggende, come quella secondo cui si sarebbe trattato di una parola magica capace di rendere invisibili. Per la diffusione di queste leggende gioca un ruolo decisivo il reverendo Robert Kirk (1644-1692) (14). Questo pastore presbiteriano scozzese è soprattutto noto per la sua opera di divulgazione della credenza nelle fate: anche se il suo Regno Segreto sarà pubblicato solo nell’Ottocento, era già una figura molto nota durante la sua vita, e quando morì circolò la leggenda che non fosse veramente morto ma fosse stato rapito dalle fate nel loro regno. Robert Kirk si interessava a tutti i misteri della Scozia, tra cui elencava "la parola massonica" di cui affermava che "è come una tradizione rabbinica a guisa di commento su Jachin e Boaz, le due colonne erette nel tempio di Salomone (I Re 7, 21), con l’aggiunta di qualche segno trasmesso da mano a mano, per mezzo del quale conoscono e diventano famigliari l’uno con l’altro" (15). Nel 1652 le autorità presbiteriane avevano dichiarato che nella "parola massonica" non c’era nulla di peccaminoso, ed è possibile che il reverendo Kirk fosse un massone "accettato" nella loggia di Scone e Perth n. 3 (16). Robert Kirk scriveva tra il 1680 e il 1691 e il riferimento a "qualche segno" potrebbe indicare già i five points of fellowship ("cinque punti di fratellanza": piede con piede, ginocchio con ginocchio, cuore con cuore, mano con mano, orecchio con orecchio), descritti senza riferimento alle loro origini in un manoscritto del 1696 (17) e spiegati in manoscritti successivi con tentativi piuttosto macabri di rimettere insieme, togliendoli dalla tomba, i corpi di Noé o di Hiram Abiff per estrarre da questi corpi i loro segreti (a queste leggende si collegherebbe l’espressione "c’è ancora del midollo in quest’osso" - here is yet mar[r]ow in this bone - formula promessa a una carriera nei rituali "speculativi") (18). In ogni caso troviamo qui un elemento di origine corporativa e pratica - la "parola massonica" - nato, a differenza delle leggende sulle origini dell’arte, in ambiente protestante e non cattolico (in quest’ultimo, infatti, l’idea del segreto in genere era certamente vista con maggiore sospetto) che si arricchisce di un significato occulto grazie all’opera di esoteristi come Robert Kirk i quali erano probabilmente massoni "accettati". Ed è per opera di questo tipo di personaggi che le leggende sulla storia antica dell’arte e la "parola massonica" - le cui origini rispettive erano diverse - si saldano fra loro, e la "parola massonica" viene riferita a una "tradizione rabbinica" e al tempio di Salomone.
Comunque sia, i segreti propriamente esoterici non erano certamente numerosi quando i primi "accettati" si fecero ricevere nelle logge "operative" alla fine del Cinquecento. Dopo un secolo, alla fine del Seicento, un certo numero di segreti esoterici nelle logge massoniche britanniche invece c'erano davvero: non, però, perché ci fossero già prima (c’erano, come si è visto, solo alcuni elementi), ma perché li avevano portati nelle logge gli "accettati" di tendenze più esoteriche che in gran numero si erano fatti ricevere nella corporazione. La data del 24 giugno 1717, comunemente assunta come data di fondazione della massoneria moderna, costituisce la presa d'atto (in origine limitata alla città di Londra) di una nuova situazione, in cui le logge dei liberi muratori sono ormai composte quasi esclusivamente di "accettati", in maggioranza ormai veri e propri "speculativi". La massoneria "speculativa" moderna nasce a Londra, anche se i primi "accettati" erano stati ammessi nella corporazione in Scozia, perché in Scozia ancora ai primi del Settecento "operativi" e "accettati" convivevano nelle stesse logge, mentre in Inghilterra vi erano ormai logge separate composte esclusivamente di non "operativi" (e poteva perfino capitare che un costruttore appassionato di esoterismo appartenesse a due logge: una "operativa", dove discuteva i problemi della sua professione, e una "accettata", dove coltivava interessi filosofico-esoterici) (19). Gli ultimi "operativi" puri - ormai quasi degli estranei - vennero a poco a poco relegati alla periferia delle logge londinesi, e queste decisero di darsi nuove costituzioni, necessarie perché la realtà delle logge era mutata: da corporazioni di arti e mestieri a circoli filosofico-esoterici ormai completamente privi di qualunque funzione corporativa.
Le logge londinesi affidano così al pastore presbiteriano James Anderson (1680 o 1684-1739) - massone "speculativo", ma anche scrittore di professione disposto a preparare libri d'occasione a pagamento - la redazione delle loro nuove Costituzioni. Il testo, pronto nel 1721, venne rivisto da un comitato di massoni, di cui era magna pars il pastore anglicano Jean-Théophile Desaguliers (1683-1744), figlio di un profugo ugonotto francese e terzo Gran Maestro della Gran Loggia di Londra dopo Antony Sayer (1672-1752) e George Payne (1675-1757), e pubblicato nel 1723. Le Costituzioni di Anderson comportano quattro parti: una storia leggendaria dell'ordine e dell'"arte" massonica (che rimonterebbe ad Adamo, Noè, Salomone e all'architetto del tempio di quest'ultimo, Hiram); i "doveri" o charges; un regolamento per le logge; una serie di canti per i tre gradi di apprendista, compagno e maestro. La parte più importante è quella dei "doveri", ancora considerata vincolante da diverse massonerie contemporanee e fonte di numerosi scismi nella storia, relativi soprattutto al primo e al secondo "dovere". Il primo prevede che un massone "se comprende correttamente l'Arte non sarà mai un ateo stupido né un libertino irreligioso"; non si tratta peraltro di seguire le stesse "denominazioni o credenze religiose" ma solo "quella religione su cui tutti gli uomini sono d'accordo". Il secondo dovere chiede al massone la lealtà nei confronti dei poteri politici costituiti e vieta alle logge qualunque attività politica diretta. Qualche controversia hanno causato anche il terzo "dovere" (che esclude tra l'altro dalla massoneria le donne) e il sesto, dove - pur senza usare la parola "segreto" - si raccomanda di essere "prudenti" perché neppure "l'estraneo più acuto sia capace di scoprire o di trovare quel che non conviene neppure suggerire" (20).
Nelle Costituzioni il riferimento all'esoterismo e al segreto coesiste con il deismo illuminista della "religione su cui tutti gli uomini sono d'accordo". Come abbiamo visto, relativismo ed esoterismo erano già presenti nelle prime formulazioni della leggenda rosicruciana. Questo non significa che l'esoterismo cristianeggiante (seicentesco) e l'illuminismo razionalista (settecentesco) siano riusciti subito a coesistere perfettamente nelle logge massoniche. Al contrario una reazione contro le Costituzioni di Anderson, considerate troppo inclini al razionalismo e all'illuminismo, determinò lo scisma degli Antients ("Antichi"), con centro nella città di York (e con un quarto grado, quello dell’Arco Reale, di intonazione cabalistica, più tardi accolto da tutta la massoneria), che terminò con la riunione con i Moderns di Londra solo nel 1813. Un elemento di sincretismo - che ha dato origine a notevoli controversie - è peraltro presente anche nell’Arco Reale, dove viene rivelato (accanto al nome Jehovah) anche un altro nome di Dio, Jahbulon o Jah-Bul-On, sintesi dei nomi semitico (Jah o Jahveh), caldeo (Baal) e egiziano (On) della Divinità. Per quanto riguarda "On" sembra che i primi ritualisti dell’Arco Reale siano caduti in errore a proposito del biblico Putifarre "sacerdote di On" (Genesi 41, 45), interpretando On come se fosse una divinità (forse Osiride) mentre invece si trattava di una città (21). A prescindere dall’errore, la letteratura anti-massonica cristiana ha spesso protestato vivacemente per l’uso di un nome "pagano" di Dio nell’Arco Reale. Un comitato incaricato di studiare la massoneria dallo stesso Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra (una comunità tradizionalmente filo-massonica ma che dal 1987 ha cominciato a sollevare serie obiezioni sulla massoneria) ha dichiarato che "Jahbulon (che si tratti di un nome o di una descrizione), che appare in tutti i rituali [dell’Arco Reale], deve essere considerato blasfemo: nella teologia cristiana il nome di Dio (...) non deve essere nominato invano, né può diventare parte di un amalgama con i nomi di divinità pagane" (22). In realtà sembra che non si tratti tanto di istillare sottilmente il paganesimo ma - attraverso un nome che vuole sintetizzare le divinità di popoli diversi - si voglia indicare l’unità delle religioni se le si considera a un livello più profondo o esoterico. A questa interpretazione, difendendosi dalle accuse della Chiesa d’Inghilterra, si erano avvicinati gli stessi responsabili dell’Arco Reale, i quali però insistevano che l’unità viene ricercata intorno a un "codice morale" comune piuttosto che a una dottrina teologica (23). In seguito alle polemiche sollevate dalla pubblicazione del best seller anti-massonico del giornalista Stephen Knight The Brotherhood - che insiste sul significato "segreto" della parola Jah-Bul-On (24) - dirigenti dell’Arco Reale hanno insistito che le tre sillabe Jah-Bul-On hanno tutte e tre un significato biblico, giacché la sillaba "Bul" o "Bel" può essere intesa come composta dalla lettera B (Beth, che significa anche "casa") e dalla parola El ("Altissimo", cioè Dio, in ebraico) - con il significato complessivo, quindi, di "Casa dell’Altissimo" - e la sillaba "On", riferendosi precisamente alla città egiziana di cui era sacerdote Putifarre, la cui figlia sposò Giuseppe, intende appunto onorare quest’ultimo personaggio biblico (25). Lo sforzo filologico è pregevole, ma l’interpretazione è capziosa dal momento che - qualunque cosa ne pensino esponenti dell’Arco Reale di oggi - non c’è dubbio che per i primi ritualisti del grado "Jah-Bul-On" era una parola che intendeva contenere il riferimento a tre diverse divinità.
b) Origini degli "alti gradi"
L'origine degli "alti gradi" della massoneria (che inizialmente contava solo i tre gradi di apprendista, compagno e maestro) è in relazione alla sua introduzione e diffusione in Francia, in cui giocò un ruolo prominente il cavaliere scozzese André Michel de Ramsay (1686-1743), legato alla spiritualità quietista di Madame Jeanne-Marie Guyon (1648-1717). Il suo Discours (pronunciato nel 1736 e che avrebbe dovuto essere ripetuto a una grande riunione delle logge di Francia prevista per il 24 marzo 1737, poi vietata dalle autorità) (26) mira a propagandare la massoneria fra i nobili francesi, dissipando l'impressione che si tratti di una realtà nata fra semplici artigiani e muratori e sostituendo all'origine storica muratoria un'origine leggendaria cavalleresca. Secondo André Michel de Ramsay cavalieri della più alta nobiltà europea si sarebbero infiltrati nella corporazione massonica fin dai tempi delle Crociate per perseguirvi al riparo da occhi indiscreti i loro interessi esoterici. Da molti secoli la massoneria sarebbe dunque, più che una realtà corporativa, una realtà cavalleresca. Sulla base di questa leggenda - creata consapevolmente a tavolino da Ramsay, senza basi storiche - vennero elaborati interi sistemi di "alti gradi" a simbologia cavalleresca, che si aggiungevano ai primi tre detti della massoneria "azzurra" che rimanevano comunque alla base del sistema (e che erano di origine invece effettivamente corporativa). In Germania il Discours di Ramsay venne letto con grande interesse e collegato alle speculazioni, a loro volta prive di consistenza storica, che fervevano nel Settecento su una prosecuzione segreta dei Templari - in un clima ricco di segreti esoterici e di misteri - dopo la loro soppressione nel 1312. I "cavalieri" di cui Ramsay non aveva precisato l'identità venivano così identificati con i Templari, arricchendo ulteriormente la leggenda e dando origine a un gran numero di sistemi di "alti gradi" in concorrenza fra loro (27). Non tutti i massoni europei si entusiasmarono per le nuove leggende cavalleresche e templari: in particolare i più legati all'illuminismo e al razionalismo temevano che gli "alti gradi" fossero veicolo per la prevalenza degli elementi più inclini all'esoterismo e all'occultismo. I sostenitori degli "alti gradi" sconfissero i razionalisti su scala francese al Convento delle Gallie (tenuto a Lione nel 1778 e dove giocò un ruolo importante Jean-Baptiste Willermoz, 1730-1824, fondatore di un sistema massonico-esoterico desunto dalle dottrine occulte di Jacques Martinez de Pasqually, 1727-1774, ma insieme alla ricerca di una difficile conciliazione con il cattolicesimo), e su scala europea al convento di Wilhelmsbad nel 1782; pochi anni dopo, la "corrente fredda" razionalista si prese tuttavia una rivincita con la Rivoluzione francese (tra i cui protagonisti figuravano importanti massoni della "corrente fredda" e nel corso della quale i massoni della "corrente calda" più esoterica furono invece perseguitati). Sul piano massonico internazionale, la massoneria arrivò negli Stati Uniti - paese che in seguito avrebbe acquistato una grande importanza massonica - corredata degli "alti gradi", e appunto negli Stati Uniti - a Charleston, nel 1801 - fu fondata la versione oggi più nota del sistema in 33 gradi detto Rito scozzese antico e accettato (28), più tardi diffusa in tutto il mondo grazie all'opera di una figura controversa ma influente, Albert Pike (1809-1891) (29).
II. Una mappa
1. Le obbedienze
Per evitare di confondersi nell'arcipelago di nomi e di sigle che costituisce oggi la massoneria occorre anzitutto distinguere fra obbedienze e riti, due realtà che vengono sovente confuse. Le obbedienze sono federazioni amministrative di logge o di gruppi nazionali di logge, che accettano la priorità di una loggia originaria o almeno accettano di sottoporsi a un certo coordinamento. I riti sono sistemi di gradi massonici, di cui prescrivono non solo le cerimonie ma anche le caratteristiche. All'interno di una stessa obbedienza possono essere praticati diversi riti, senza che questo comporti uno scisma. Per converso lo stesso rito può ritrovarsi in diverse obbedienze. Si può vedere qui un'analogia con il fatto che all'interno della stessa Chiesa cattolica coesistono il rito latino, il rito siriaco, il rito ucraino e così via, senza che si esca dall'unica Chiesa cattolica. L'analogia, tuttavia, non deve essere presa alla lettera, e vale soprattutto per le variazioni sul tema all'interno dei primi tre gradi (più ricche nel mondo anglosassone). Per i gradi superiori il rito è più di una semplice variante cerimoniale: è una via iniziatica, con caratteristiche e insegnamenti specifici che vengono trasmessi nei diversi gradi.
Tutto questo è chiaro in teoria: ma in pratica questioni di rito hanno spesso determinato scismi anche quanto alle obbedienze, soprattutto perché i riti hanno i loro dirigenti (distinti da quelli delle obbedienze) ed è spesso accaduto che fra i due gruppi dirigenti (che pure dovrebbero in teoria esercitare la loro giurisdizione su ambiti diversi) siano sorte rivalità e conflitti (30).
Sul piano delle obbedienze rivali possiamo distinguere:
a) l'obbedienza della Gran Loggia Unita d'Inghilterra, riconosciuta dalla maggioranza dei massoni mondiali (circa sei milioni) come Gran Loggia Madre per tutto il mondo. Due principali testi - Basic Principles for Grand Lodge Recognition ("Principi per il riconoscimento della Gran Loggia") del 1929 e Aims and Relationships of the Craft ("Scopi e relazioni dell'Arte") del 1938 (rivisto nel 1949) - fissano i criteri per il riconoscimento della "regolarità" massonica da parte della Gran Loggia Unita. Secondo questi documenti la "regolarità" deve essere triplice: di origine (è necessaria la fondazione da parte di una Gran Loggia già riconosciuta come regolare o di tre logge regolari), di territorio (una sola Gran Loggia può essere riconosciuta come regolare in ogni paese) e di dottrina (sono necessarie la credenza in Dio come Grande Architetto dell'Universo, l'uso di un "libro della legge sacra" - normalmente la Bibbia, ma è ammesso un altro libro sacro tradizionale per le logge che operano in paesi diversi dall'Occidente cristiano -, l'esclusione delle donne e il divieto di discussioni politiche nelle logge). È su questa base - che si afferma dedotta dalle Costituzioni di Anderson, anche se non mancano discussioni sulla loro interpretazione - che le massonerie maggioritarie dei più importanti paesi latini (Francia, Spagna, America Latina) hanno perso a partire dal secolo scorso il riconoscimento della loro "regolarità", accusate di ammettere nelle loro fila atei (31), di non utilizzare la Bibbia e di occuparsi di temi politici. In questa situazione si trovava fino al 1972 anche la massoneria del Grande Oriente d'Italia, largamente maggioritaria nel nostro paese (circa seicento logge e 15.500 membri), che appunto nel 1972 era stata riammessa nella comunione con la Gran Loggia Unita d'Inghilterra. Da tale comunione è stata di nuovo esclusa nel 1993 in seguito alle polemiche seguite a indagini giudiziarie sulle attività politiche e affaristiche di alcune logge, e alla crisi interna che ne è derivata. Dal 1972 chi non crede in Dio avrebbe dovuto essere escluso dalle logge del Grande Oriente d'Italia. Il Gran Maestro, Giuliano Di Bernardo, aveva tuttavia proposto una nozione di Dio come "principio regolatore" (32) che, benché non formalmente condannata da Londra, era al limite di quanto può essere accettabile dalle massonerie "regolari" e ha suscitato più di una obiezione. È stato tuttavia lo stesso Giuliano Di Bernardo a fondare, nella crisi massonica del 1993, una Gran Loggia Regolare d’Italia concorrente del Grande Oriente (per ora minoritaria), che è stata riconosciuta ad experimentum da Londra (ma non dalle potenti massonerie degli Stati Uniti, che pure con Londra sono in comunione).
b) il CLIPSAS (Centre de Liaison et d'Information des Puissances maçonniques signataires de l'Appel de Strasbourg, "Centro di collegamento e di informazione delle potenze massoniche firmatarie dell'Appello di Strasburgo") riunisce dal 1971 i Grandi Orienti di Francia, Belgio e Germania - in quest'ultimo paese è presente anche una Gran Loggia "regolare" di obbedienza inglese - e le Grandi Logge olandese e danese, nonché la Gran Loggia d'Italia (Palazzo Vitelleschi), la seconda denominazione del nostro paese dopo il Grande Oriente (Palazzo Giustiniani). La Gran Loggia d’Italia è la più grande fra le numerose obbedienze concorrenti che derivano dalla scisma massonico del 1908 di Saverio Fera (1850-1915), un pastore evangelico particolarmente anti-cattolico (33), ma ostile all’anticlericalismo esasperato del Grande Oriente del suo tempo che talora accoglieva personaggi e tematiche anticristiane. Nella storia delle obbedienze che risalgono a Fera e al suo successore Raoul V. Palermi (1864-1948), dette spesso "di Piazza del Gesù", dal nome della piazza romana dove la principale ha avuto sede per molti anni, gli scismi sono frequentissimi - e costituiscono un elemento decisivo per spiegare la compresenza in Italia di numerose obbedienze massoniche minori - e, rispetto al Grande Oriente, vi è stata una maggiore presenza di un elemento "cristiano" e talora anche "filo-cattolico", che tuttavia "si diluì non poco" a partire dalla seconda metà degli anni 1950 (34). Le obbedienze che aderiscono al CLIPSAS denunciano "il dogmatismo e il conservatorismo sociale della massoneria anglosassone", ammettono gli atei e gli agnostici (per il Grande Oriente di Francia, dal 1877, data in cui venne soppresso l'obbligo del riferimento al Grande Architetto dell'Universo, con conseguente separazione dalla Gran Loggia di Londra), talora anche le donne (come fa la Gran Loggia di Palazzo Vitelleschi), e non rinunciano a un'azione politica in favore "dei diritti dell'uomo e della democrazia" (così recita l'"Appello di Strasburgo"). Benché in maggioranza non aderiscano al CLIPSAS le massonerie di lingua spagnola sono in genere su posizioni simili;
c) la letteratura della Gran Loggia Unita d'Inghilterra denomina "massoneria di frangia" (fringe masonry) l'insieme delle obbedienze i cui interessi si situano soprattutto sul versante dell'occultismo e della magia. Questi interessi a partire dal secolo scorso sono largamente scoraggiati nella massoneria "regolare" e hanno quindi preso la strada di organizzazioni "di frangia". Alcune di queste organizzazioni non sono semplicemente "irregolari" (in quanto affermano di interessarsi solo dei gradi superiori al terzo, riconoscendo alla Gran Loggia Unita la giurisdizione universale sui primi tre gradi, di cui soltanto essa dichiara di occuparsi). Tuttavia la loro ideologia si allontana notevolmente dallo spirito e dalla mentalità della massoneria "regolare" per cui spesso finiscono per dotarsi anche di gradi azzurri propri, diventando così, oltre che "di frangia", anche "irregolari". Le obbedienze "di frangia" più diffuse adottano una simbologia ispirata all'antico Egitto e costituiscono la famiglia (divisa in numerose obbedienze rivali) delle massonerie "egiziane", il cui antecedente storico è rappresentato dall'Alta massoneria egiziana creata da Cagliostro (1743 o 1749-1795) (35);
d) certamente "irregolari" (nel senso di considerate non regolari dalla Gran Loggia Unita d'Inghilterra, fedele alle Costituzioni di Anderson che come abbiamo visto escludono le donne) - oltre che "di frangia" - sono le obbedienze femminili e miste nate con lo scopo precipuo di riconoscere alle donne a pieno titolo l'appartenenza massonica: la principale è l'ordine misto Le Droit Humain, fondato nel 1893 in Francia dalla femminista Maria Deraismes (1828-1894) e dal senatore Georges Martin (1844-1916). Dalle obbedienze femminili e miste vanno distinte le logge "di adozione", semplici ausiliari della massoneria che organizzano le spose e le figlie dei massoni senza che queste ultime rivendichino in alcun modo una effettiva appartenenza all'ordine (di questo tipo è la Stella d'Oriente, che ha nel mondo circa tre milioni di adepte).
È opportuno precisare - per non dare luogo a equivoci - che questo schema ha un semplice valore di mappa, non di giudizio: non è possibile risolvere tutti i problemi sulla base della semplice dicotomia "regolare"/"irregolare" o dei riconoscimenti internazionali (talora indubbiamente concessi tenendo conto anche di ragioni di opportunità politica); piuttosto, ogni obbedienza deve essere esaminata nelle sue caratteristiche e nella sua storia.
2. I riti
Le enciclopedie massoniche riportano diverse centinaia di riti diversi, che sarebbe certamente troppo lungo esaminare in questa sede. Al cuore della storia massonica si situa il rito Emulation, il più diffuso per i primi tre gradi di apprendista, compagno e maestro nelle logge inglesi. Largamente praticati - e retti da gerarchie proprie - sono i cosiddetti gradi complementari: il grado dell’Arco Reale, complementare a quello di maestro, e il grado di Mark Master, complementare a quello di compagno. Molto diffusi in ambiente anglosassone sono pure i gradi di Knights Templar ("cavalieri templari"), che rappresentano quanto sopravvive della leggenda templare nella massoneria maggioritaria. Negli Stati Uniti è largamente diffuso il Rito di York che fonde insieme Arco Reale, massoneria del Marchio (gradi dal quarto al settimo), gradi "criptici" (ottavo e nono, più decimo in alcune giurisdizioni) e quattro ulteriori gradi "templari". Con il Rito di York rivaleggia per diffusione il Rito Scozzese Antico e Accettato (il più diffuso in Italia) in 33 gradi (da cui l'abitudine a considerare i massoni più elevati in grado come necessariamente dotati della qualifica di "33°", il che è vero per questo Rito ma non per altri). Nel Grande Oriente di Francia si segue un Rito francese, assai più scarno e semplificato. Nelle massonerie "egiziane" dominano il rito di Memphis (92 gradi) e quello di Misraïm (90 gradi), nonché varie loro combinazioni. In alcuni paesi varianti del Memphis e/o del Misraïm sono riconosciute come riti anche da obbedienze "regolari".
3. Gli organismi para-massonici e pseudo-massonici
Nella letteratura specializzata si incontra spesso il riferimento a organismi "para-massonici", "simil-massonici" e "pseudo-massonici". In genere gli specialisti riservano l'appellativo "para-massonico" agli ordini e alle società che non fanno tecnicamente parte della massoneria ma che ammettono nel loro seno esclusivamente massoni. La più importante organizzazione di questo tipo è la Shrine (il cui nome completo è Ancient Arabic Order Nobles of the Mystic Shrine, "Antico Ordine Arabico dei Nobili del Santuario Mistico"), fondata nel 1871 negli Stati Uniti dal medico Walter Millard Fleming (1838-1913) e dall'attore William Jermyn Florence (1831-1891). La Shrine adotta una simbologia "islamica" e orientale (talora grandiosa: alcuni suoi "templi" sembrano grandi moschee, possiedono autentici cammelli arabi e così via), non senza un'intenzione ludica di messa in scena e di scherzo; riunisce però una élite della massoneria americana e gode di prestigio anche per le sue imponenti attività benefiche nel settore degli ospedali infantili. Un altro esempio di organismo para-massonico è costituito dalla Societas Rosicruciana in Anglia, fondata da Robert Wentworth Little (1840-1878) nel 1865-1866, riservata ai massoni e luogo di incubazione nel 1888 del più famoso ordine di magia cerimoniale moderno, l'Ordine Ermetico della Golden Dawn. La Golden Dawn, a sua volta, non è un organismo massonico perché - sebbene fondata da massoni - ha sempre ammesso nei suoi ranghi i non massoni e anche le donne. In genere i vari "nuovi movimenti magici" moderni (36) - benché talora fondati e frequentati da massoni - non vanno confusi con la massoneria. Lo stesso vale, a più forte ragione, per movimenti a metà strada fra la religione e la magia come la Società Teosofica o la Società Antroposofica (37), per i quali la definizione di organismi "massonici" è chiaramente sbagliata, anche se i loro fondatori e loro esponenti di spicco hanno avuto interesse per vari tipi di massoneria, specialmente "di frangia".
Possiamo chiamare "simil-massonici" i numerosi organismi e fraternità sorti, soprattutto negli Stati Uniti (ma anche altrove), a imitazione e in concorrenza con la massoneria, spesso (ma non sempre) rivolgendosi a classi sociali più basse rispetto a quelle da cui la massoneria traeva i suoi membri: gli Odd Fellows, i Knights of Pythias, l'Improved Order of Red Men, e così via (38). Questi ordini - oggi in marcato declino, ma in parte tuttora esistenti - non sono massonici, e mostrano che la massoneria è la species di un genus - la "fraternità" moderna - che si esprime anche in forme diverse, le quali talora si rivolgono, in ambienti diversi, allo stesso tipo di bisogni e di aspettative sociologiche.
La letteratura massonica ama chiamare "pseudo-massonici" gli organismi che utilizzano nel loro nome la parola "massoneria" ma sono considerati al di fuori del mondo massonico dalla maggioranza degli organismi "regolari" o ufficiali. In questo ambito rientrano le iniziative messe in atto di tanto in tanto da meri avventurieri che vendono gradi "massonici" a puro fine di lucro (attività repressa negli Stati Uniti - ma non sempre altrove e certamente non in Italia - dai tribunali, che oltre Oceano riconoscono alla massoneria "regolare" un monopolio sulla parola "massoneria") e anche da gruppi che inventano "massonerie" senza alcuna derivazione da obbedienze note per coprire semplici attività illecite o criminali (se ne sono avuti diversi esempi nell’Italia Meridionale negli ultimi anni). Alcuni chiamano "pseudo-massoneria" anche la cosiddetta Prince Hall Freemasonry, nata fra i neri americani che per lunghi anni sono stati esclusi dalle logge degli Stati Uniti (e ancora oggi, in vari Stati, sono discretamente scoraggiati dall'aderire). Alcuni neri costituirono così una massoneria nera chiamata Prince Hall dal nome del suo mitico fondatore settecentesco; più tardi le organizzazioni massoniche e para-massoniche bianche acquisirono il loro corrispettivo nero (alla Shrine venne a corrispondere una Black Shrine e così via). Le relazioni fra massoneria e Prince Hall Freemasonry sono però migliorate negli ultimi anni; varie logge americane hanno sviluppato relazioni cordiali, non utilizzano più l'espressione "pseudo-massoneria" e dirottano discretamente verso le logge Prince Hall i neri che si presentano per aderire alla massoneria "bianca" che pure ufficialmente non sarebbe più segregata.
III. Le origini del problema
1. Esiste una dottrina massonica?
Le Costituzioni di Anderson (secondo e sesto "dovere") escludono dai soggetti di cui si può parlare in loggia le "discussioni di religione, di nazione o di politica". Sembra che rimanga molto poco, e in effetti è difficile ricavare dalle Costituzioni una vera e propria dottrina. Gli unici riferimenti precisi sono quelli alla legge morale (naturale) e alla "religione su cui tutti gli uomini sono d'accordo". Nelle Costituzioni della Gran Loggia Unita, del 1815, il deismo di Anderson si orienta verso un teismo personale: si parla di un Dio capace di "vedere i cuori" degli uomini e del dovere di credere in un "glorioso architetto del cielo e della terra", "qualunque sia la religione di un uomo e il suo modo di adorare".
La massoneria come emerge dalle sue carte di fondazione anglosassoni non è una dottrina, ma un metodo che propone la libera discussione dei problemi e la loro soluzione secondo quanto sembra vero e giusto alla maggioranza dei fratelli. La discussione ha un limite positivo: non è permesso mettere in discussione l'esistenza di Dio; ma Dio può essere concepito in una grande varietà di modi, anche lontani da quanto propongono le religioni tradizionali. Gli stessi tentativi di restringere la nozione di Dio ammessa in massoneria al solo "monoteismo" sono sempre stati respinti anche dalla massoneria anglo-americana "regolare" (39). E, in realtà, la discussione ha anche un limite negativo: tutto può essere messo in questione, tranne il metodo stesso. Chi per esempio proponesse l'unicità di una verità, di una religione, di una via si porrebbe automaticamente al di fuori del metodo massonico. È in questo senso che l'ex-Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Armando Corona, poteva recentemente dichiarare che il "fondamentale principio massonico" è quello secondo cui "non esiste un'unica religione per arrivare alla Salvezza", mentre "la Chiesa cattolica ha i dogmi e considera la propria l'unica vera religione" (40). In un’altra "famiglia" massonica, quella del Grande Oriente di Francia, un dirigente massonico che aveva partecipato a un dialogo con cattolici, Alain Gérard, confermava che "la massoneria del Grande Oriente di Francia non è né una religione né una filosofia, ma soltanto un metodo". Questo metodo, secondo Alain Gérard, non impedisce a nessuno di avere opinioni ben definite - per esempio al cattolico di essere cattolico - ma impone a tutti di "mettere in discussione" le loro opinioni quando il lavoro di loggia comincia, accettando l’ipotesi che possano eventualmente essere false (o debbano essere superate in una sintesi superiore). Il metodo massonico "non significa che non si abbiano idee chiare; significa soltanto che si accetta di metterle in questione. Questa messa in discussione non può veramente avere luogo se si dichiara prima che, qualunque sia l’esito della discussione, ci sono dei punti su cui si continuerà a essere convinti di avere ragione" (41). Non si potrebbe esporre meglio una posizione che accomuna tutte le famiglie massoniche: chi accetta il metodo massonico deve essere disposto a mettere sul tavolo le sue idee, a "metterle in questione" e ad accettare il verdetto che emergerà dalla discussione condotta secondo i principi del libero dibattito. Qui sta la radice del problema: perché le Chiese e comunità cristiane - soprattutto la Chiesa cattolica - pensano che alcune delle verità che insegnano ai loro fedeli siano, per usare un termine sociologico, non negoziabili; non siano di origine umana ma divina, e quindi non possano essere "messe in questione" senza escludere a priori la prospettiva di rivederle o abbandonarle.
Questa problematica, naturalmente, deve essere considerata in relazione alle esigenze sociologiche da cui nasce storicamente e psicologicamente la massoneria, che risolve il dramma del pluralismo ideologico moderno offrendo come sua chiave di comprensione il relativismo. Spesso autori massonici non accettano l’espressione "relativismo", considerandola ingiusta e riferita a una sorta di disinteresse per la verità che non sembra loro di professare. Essi osservano che, al contrario, vi sono stati nella storia numerosi massoni così convinti di una loro idea - nazionale, politica o sociale - da dare per questa idea la vita (42). Ma vi è qui una confusione fra due categorie filosofiche diverse: lo scetticismo e il relativismo. Mentre lo scettico teorico pensa che non esista la verità, e lo scettico pratico che non sia importante, il relativista talora è sinceramente affezionato a una verità relativa ma, nonostante questo, considera "la verità come qualche cosa di dipendente da una variabile indipendente che, come tale, la determina". Questa "variabile indipendente" può essere la ragione umana, per cui il razionalismo e l’avversione per i dogmi non riducibili ai "limiti della sola ragione" non escludono il relativismo. Anzi, spesso il razionalismo finisce per "sboccare nel relativismo, nel senso che solamente è vero quanto si relaziona gnoseologicamente in forma diretta con la ragione umana, variabile indipendente in funzione della quale si determina la verità" (relativa) (43). Affermare che il metodo massonico si situa nell’orizzonte del relativismo non significa accusare i massoni nel loro insieme - o singoli massoni - di negare la conoscibilità filosofica o la rilevanza esistenziale della verità. Significa solo constatare che si tratta di un metodo che promuove una visione della verità come relativa e condizionata da variabili indipendenti che la determinano: e questa, precisamente, è la definizione del relativismo.
È in questo senso, appunto, che il metodo massonico è collegato all’origine sociologica della massoneria e del suo successo. In una delle più serie indagini sul significato storico-sociologico della massoneria negli Stati Uniti, Lynn Dumenil ha scritto che "per gli uomini disturbati dalle grandi controversie sulla Bibbia e sulla validità del cristianesimo la massoneria offriva un’esperienza religiosa che era confortevole e che non arrecava disturbo. [Una Convenzione massonica dichiarava che] ‘l’anima perplessa per le divergenze fra le religioni può rifugiarsi nella sala della loggia e lì trovare riposo’... [Una rivista massonica scriveva che] ‘mentre la guerra promossa dalla scienza costringe il rigido dogmatismo dei credi ecclesiastici ad arretrare, questa guerra non ha potere sulla religione soggettiva del cuore, sulla quale sola gli uomini possono essere condotti a convenire, e che è quindi la religione della massoneria’. La massoneria esercitava una speciale forza di attrazione sugli uomini che continuavano a credere, ma che erano incerti su che cosa realmente credevano" (44).
Naturalmente - come le osservazioni di Lynn Dumenil si riferiscono solo alla massoneria negli Stati Uniti in una certa epoca storica - così non tutte le massonerie si attengono alle Costituzioni di Anderson. A partire dal secolo scorso (ma con prodromi già nel Settecento) soprattutto le massonerie latine hanno talora ripudiato l'obbligo di non prendere posizione in materia religiosa, sociale e politica e hanno elaborato una serie di posizioni dottrinali più precise promuovendo l'anticlericalismo, il laicismo, il naturalismo in tutti i settori. Battaglie come quella per la laicità della scuola (45), per il divorzio e più tardi in alcuni paesi anche per l'aborto sono state promosse apertamente da alcune obbedienze massoniche latine, il cui anticlericalismo ha assunto in varie epoche storiche toni virulenti. La massoneria "regolare", naturalmente, tiene a precisare che si tratta di posizioni tipiche di obbedienze separate da Londra, che hanno violato il divieto di prendere posizioni religiose o politiche. D'altro canto si tratta di conseguenze che non possono essere considerate soltanto "deviazioni" estranee alle premesse massoniche, giacché dal deismo e dal relativismo non è illogico dedurre, con varie sfumature, anche forme di laicismo.
È vero, in ogni caso, che quello che tutte le massonerie hanno in comune è il metodo, così come molti calcolatori possono avere in comune lo stesso programma (o programmi con variazioni così modeste da potere essere considerate secondarie). Quello che esce dal programma può variare a seconda dei dati immessi (e così diverse obbedienze e diverse massonerie possono assumere posizioni diverse su quasi tutti i problemi), ma il metodo rimane comune.
Il metodo massonico, peraltro, non è una semplice tecnologia. La sua pratica implica un orizzonte etico-filosofico che deve essere condiviso da chi partecipa ai lavori di loggia; diversamente, il metodo rischierebbe da una parte di non essere compreso, dall'altra di portare non a risultati variabili all'interno dei limiti che abbiamo esaminato ma a un'assenza di risultati che impedirebbe il suo stesso funzionamento. Il volume più influente sulla mentalità dei massoni americani nel nostro secolo è probabilmente The Builders del reverendo Joseph Fort Newton (1876-1950), un pastore che fu al servizio di diverse comunità protestanti e che pubblicò per la prima volta negli Stati Uniti quest'opera fondamentale nel 1914. Newton ammette la centralità del metodo, ma lo fonda su quella che definisce "la filosofia massonica" (masonic philosophy) il cui principio centrale sarebbe il seguente: "poiché l'anima umana è affine a Dio, ed è dotata di poteri a cui nessuno può fissare un limite, è in fatto, e deve essere in diritto, libera. Pertanto, secondo la logica della sua filosofia non meno che secondo l'ispirazione della sua fede, la massoneria è stata spinta a presentare le sue storiche domande per la libertà di coscienza, per la libertà dell'intelletto e per il diritto di tutti gli uomini di ergersi senza timore e senza paura, uguali tutti di fronte a Dio e alla legge, ognuno pronto a rispettare i diritti dei suoi simili" (46). Il riferimento a Dio e alla fede certamente non si ritroverà negli stessi termini nelle massonerie che si ispirano al Grande Oriente di Francia: ma neppure in queste ultime mancherà il riferimento a un orizzonte etico e filosofico che fonda e regge il metodo. Dal punto di vista etico il metodo si fonda sul primato della tolleranza e della libertà di coscienza (che si espande in una prospettiva più generale - variamente intesa da diversi autori massonici - sulla libertà e la solidarietà). Dal punto di vista filosofico l'orizzonte del metodo massonico - senza il quale il metodo stesso diventerebbe inintelligibile o impraticabile - comprende:
a) un principio epistemologico di tipo realista, secondo cui il mondo e l'uomo hanno un'esistenza indipendente su cui è possibile enunciare affermazioni che, se non sono definitive e "dogmatiche", sono però ragionevoli; benché esponenti importanti dell'idealismo filosofico siano stati massoni, tutti i tentativi più autorevoli di costruire una masonic philosophy - e gli stessi documenti di fondazione - sembrano dare per scontato un orizzonte epistemologico di tipo realista;
b) un principio antropologico di tipo antropocentrista, secondo cui l'uomo è libero ed è al centro del suo mondo: se così non fosse, vi sarebbero elementi per mettere in dubbio la validità di qualunque risultato del metodo massonico;
c) un principio filosofico di tipo spiritualista, secondo cui nel mondo e nell'uomo vi è qualcosa di più di quanto cade sotto il dominio dei sensi e delle scienze, sia questo "di più" immanente o trascendente; una prospettiva puramente materialista - che escluderebbe dagli argomenti a cui può essere applicato il metodo massonico quelli che attengono al "di più" dichiarandoli semplicemente privi di senso - sarebbe in contrasto con i documenti di fondazione della massoneria ed è stata coltivata solo in ambienti del Grande Oriente di Francia (con paralleli in alcuni paesi di lingua spagnola) in un periodo storico specifico, a proposito del quale si è parlato di un influsso "patologico" e onnipervadente dell'anticlericalismo che ha indotto a una (temporanea) limitazione dell'ambito di applicazione del metodo sostanzialmente estranea alla massoneria (47).
In questa chiave molto generale - che fa riferimento a un orizzonte piuttosto che a una dottrina - è legittimo parlare non solo, al plurale, di diverse filosofie massoniche (proposte da singole obbedienze o singoli autori a sostegno della loro prospettiva particolare) ma anche di quella che Newton (preceduto e seguito da numerosi autori massonici) chiama "la filosofia massonica", dal momento che proporre un metodo significa già proporre - in modo esplicito o implicito - l'orizzonte filosofico su cui il metodo si fonda e in assenza del quale non esisterebbero argomenti per suggerire che un metodo è preferibile a un altro. Nello stesso senso si ritrova l'espressione "filosofia massonica" in critiche che provengono dal magistero cattolico. Tali critiche - per distinguerle da altre solo apparentemente simili - vanno però inquadrate in una tipologia più comprensiva delle prospettive da cui, nella storia, hanno preso le mosse forme diverse di opposizione alla massoneria.
2. Una tipologia degli anti-massonismi
Prima ancora che la massoneria moderna venisse fondata, nel 1717, si erano già manifestate reazioni anti-massoniche. Nel 1698, per esempio, un certo M. Winter fece diffondere un volantino indirizzato "A tutte le persone timorate di Dio nella città di Londra" in cui si metteva in guardia dal "male perpetrato di fronte a Dio dai cosiddetti Massoni": "essi sono l’Anticristo che viene ad allontanare gli uomini dal timore di Dio. Perché mai certi uomini dovrebbero incontrarsi in luoghi segreti e con segni segreti, stando attenti che nessuno li veda, se fosse per compiere l’opera di Dio? Non sono questi i modi degli operatori di iniquità?". "Non mescolatevi con questa gente corrotta - consigliava il volantino - per non trovarvi con loro quando verrà la consumazione del mondo" (48). Come si vede, l’anti-massonismo è almeno antico quanto la massoneria. Tuttavia, come è più opportuno parlare di massonerie, al plurale, così esistono diversi tipi di anti-massonismo. A proposito delle critiche alle cosiddette "sette" la letteratura sociologica distingue oggi fra un movimento anti-sette laico e un movimento contro le sette religioso, e, all’interno di quest’ultimo, fra una interpretazione che analizza le dottrine dei diversi movimenti e un’altra che insiste sulla presenza del Demonio che opererebbe dietro le "sette" in modo diretto e immediato (49). Sembrerebbe che tutti gli oppositori delle "sette" siano alleati o possano facilmente collaborare, ma in realtà non è così. Il movimento anti-sette laicista rimprovera alle "sette" di essere, in un certo senso, ancora troppo religiose in una società secolarizzata; il movimento contro le sette cristiano accusa invece i nuovi movimenti di essere troppo poco religiosi nel senso che il Cristianesimo dà alla religione, da cui deduce tutta una serie di conseguenze a cui le "sette" vogliono sfuggire. I due tipi di critica possono talora appoggiarsi sugli stessi dati e sugli stessi fatti: dal punto di vista dottrinale sono invece non solo diversi, ma opposti. Lo stesso - mutatis mutandis - avviene per le critiche alla massoneria.
a) L’anti-massonismo laico
Soprattutto in anni recenti si è manifestato con sempre maggiore evidenza un movimento anti-massonico di tipo laico, le cui origini sono peraltro antiche. Già nella maggiore ondata anti-massonica della storia degli Stati Uniti - fiorita soprattutto dopo il caso Morgan del 1836 (di cui si occupa in questa sede, per le sue relazioni con il Mormonismo nascente, il contributo di Michael W. Homer), e da cui sorse perfino un Partito Anti-Massonico, che ottenne un certo successo - si potevano agevolmente distinguere una componente religiosa, di tipo protestante (che talora sospettava nella massoneria segrete tendenze filo-cattoliche), e una laica, che rimproverava alla massoneria il suo carattere segreto e di élite poco compatibile con gli ideali ugualitari della democrazia jacksoniana (50).
Nel nostro secolo un anti-massonismo laico e politico è stato spesso presentato da autori di ispirazione marxista. Un testo del 1993 emblematico di quest’ultima tendenza - scelto fra molti - è I mandanti di Gianni Cipriani, esperto di cose massoniche del quotidiano L’Unità (51). Il volume costituisce un puntiglioso inventario delle notizie, voci, rumori che in sede giudiziaria e giornalistica hanno collegato questa o quell’obbedienza massonica alla mafia, ed entrambe ai servizi segreti "deviati" e al sistema di corruzione politica di Tangentopoli. Alcune notizie sono forse vere e potrebbero essere anche interessanti (anche se occorre sempre distinguere fra obbedienza e obbedienza e fra loggia e loggia), ma il quadro interpretativo è tipico di una tradizione anti-massonica le cui differenze con le critiche di ispirazione religiosa alla massoneria sono evidenti. Lo scopo di una gigantesca operazione criminal-politico-massonica, diretta dagli Stati Uniti, sarebbe stato per cinquant’anni principalmente questo: impedire al PCI (e più recentemente al PDS) con tutti i mezzi di pervenire al governo della Repubblica. Se questa tesi è già di per sé poco credibile (davvero gli uomini politici affiliati alla massoneria nell’Italia del dopoguerra sono stati tutti e sempre anticomunisti?), più significativo ancora è il quadro di riferimento ideologico soggiacente. Per l’autore del volume - e per il professor Giuseppe De Lutiis, che ne firma la prefazione - il metodo massonico merita apprezzamento in quanto portatore di "principi libertari" e "mezzo di elevazione spirituale" (52).
Perché, nonostante questo metodo in sé apprezzabile, la massoneria ha "deviato" alleandosi alla mafia e all’anticomunismo? Perché, risponde Cipriani, la massoneria è ancora troppo "conservatrice", troppo poco "laica" (legata com’è a forme arcaiche di spiritualismo e di esoterismo), per quanto ami sventolare la bandiera della laicità, troppo poco convertita all’ideale dello Stato sociale moderno e ferma a un liberalismo e a un liberismo individualisti. Il conflitto tra massoneria e Chiesa sarebbe in questa prospettiva un conflitto tra forze tutte e due "conservatrici", fra forme di pensiero nonostante tutto entrambe "forti", in concorrenza fra loro ma oggi ugualmente superate da un nuovo progressismo che va ben al di là del riformismo massonico dei secoli passati (53). Questa prospettiva, naturalmente, non è nuova: lo stesso anti-massonismo si era manifestato nella letteratura sovietica contro la massoneria, che si era espressa anche in romanzi popolari dove i massoni erano presentati come i "cattivi" non perché troppo radicali e laicisti ma, al contrario, perché troppo "borghesi" e spiritualisti (54). In campo marxista si potrebbe citare una vasta letteratura: queste osservazioni sono però sufficienti a mostrare le differenze - anzi la vera e propria opposizione - fra un anti-massonismo laico (che nel nostro secolo è stato promosso soprattutto da marxisti) che accusa la massoneria di essere troppo poco laicista e statalista e il tradizionale contro-massonismo religioso che accusa al contrario le logge di essere troppo laiciste e di avere offerto tramite il naturalismo sociale - almeno in alcune epoche storiche e in alcuni paesi - un supporto culturale e ideologico allo statalismo.
b) Il contro-massonismo religioso
Il contro-massonismo protestante
Quando si parla di un contro-massonismo di ispirazione religiosa occorre anzitutto distinguere fra letteratura contro-massonica protestante e cattolica. Se numerose critiche sono comuni, non si può dimenticare che esiste tutto un filone - ancora oggi rigoglioso - del contro-massonismo protestante che accusa la massoneria di essere (forse perché influenzata dalle sue origini corporative) condizionata dal cattolicesimo o cripto-cattolica. In questa prospettiva la massoneria viene accusata di insegnare la "salvezza tramite le opere" e non per sola fede contro cui si levarono i primi riformatori protestanti. "La massoneria - scrive uno dei più diffusi manuali anti-massonici del protestantesimo fondamentalista americano contemporaneo, che è alle origini anche di una fortunata serie televisiva anti-massonica - insegna esattamente quello che Dio condanna come un falso vangelo, cioè che l’uomo si salverà e andrà in Paradiso come risultato delle sue opere buone (...). La Bibbia dichiara che questo insegnamento è sotto la maledizione di Dio" (55). Naturalmente rispondendo a queste critiche esponenti della massoneria obiettano che nelle logge non si insegna la dottrina della salvezza tramite le opere (perché, ancora una volta, la massoneria non insegna propriamente nessuna dottrina); e anche un cattolico potrebbe rispondere che la dottrina attribuita dal fondamentalismo contemporaneo alla Chiesa cattolica sotto il nome di "salvezza tramite le opere" è piuttosto una caricatura di quanto la Chiesa effettivamente insegna. In questa sede, tuttavia, quel che è importante mettere in luce è l’esistenza di specificità del contro-massonismo protestante (oggi - come già nei primi decenni dell’Ottocento - oggetto di una ricca fioritura specialmente negli Stati Uniti) che lo rendono diverso dal contro-massonismo cattolico, con cui pure condivide alcuni temi. Il conflitto, d’altro canto, non è sempre puramente teorico: ancora oggi non manca negli Stati Uniti una letteratura protestante anti-massonica che è contemporaneamente anti-cattolica (56), e nel secolo scorso il "nativismo" statunitense che ispirava anche una parte del Partito Anti-Massonico proponeva la messa al bando dei "tre nemici" dell’America protestante e della sua "religione civile": i massoni, i mormoni e i cattolici (57).
Il contro-massonismo cattolico
Se passiamo a osservare il contro-massonismo cattolico, possiamo distinguere al suo interno due tradizioni diverse (una distinzione simile sarebbe possibile, del resto, anche nella storia del contro-massonismo protestante). Come per il movimento "contro le sette", così il contro-massonismo religioso si è presentato spesso diviso fra un’ala "diabolistica" - pronta a sospettare interventi diretti del Demonio in loggia - e un’ala "filosofica" che (certamente senza escludere l’intervento del Demonio nella storia come radice profonda degli errori degli uomini) resta scettica sulle apparizioni di Satana nelle logge e preferisce restare sul terreno più solido di un’analisi del metodo massonico e dei suoi risultati. Lo scontro fra le due anime del contro-massonismo cattolico divenne particolarmente evidente in occasione della mistificazione di Léo Taxil (pseudonimo di Gabriel Jogand, 1854-1907), un massone francese che si era fatto notare per il suo virulento anticlericalismo e che nel 1885 si dichiarò convertito al cattolicesimo pubblicando per i successivi dodici anni una serie di opere anti-massoniche nelle quali (soprattutto a partire dal 1891) denunciava l’esistenza di un circolo di satanisti, il Palladismo, che governava in segreto la massoneria mondiale e i cui dirigenti - fra cui nominava Albert Pike e il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dell’epoca, Adriano Lemmi (1822-1906) - erano in contatto settimanale con Satana e ricevevano istruzioni direttamente e personalmente dal Principe del Male. Nel 1897, in una famosa conferenza alla sala della Società di Geografia di Parigi, Léo Taxil confessò che tutta la sua conversione non era che una messa in scena per burlarsi della credulità dei cattolici e che le sue "rivelazioni" erano da considerarsi un gigantesco scherzo (58).
Il caso Léo Taxil costituisce una autentica saga, molto più complicata di quanto non si pensi (59), in cui non si manifesta un solo "grande complotto" ma piuttosto si intrecciano tanti "piccoli complotti" che coinvolgono ambienti cattolici, massonerie e perfino servizi segreti. Sarà sufficiente far notare, in questa sede, che Léo Taxil non si auto-smascherò nel 1897 per suo piacere o perché era stufo di recitare la sua parte: fu costretto a confessare, schiacciato ormai da analisi spietate che mostravano come non poteva trattarsi che di un mistificatore. Queste analisi erano opera per una piccola parte di massoni come Arthur Edward Waite (1857-1942) - il celebre esoterista londinese - e per la parte maggiore di cattolici che preferivano la critica "filosofica" della massoneria alle ipotesi "diabolistiche" e che comunque avevano intuito la natura della manovra di disinformazione di cui si era fatto strumento il falso convertito (60). Certo, vi furono - a diversi livelli - cattolici che si lasciarono ingannare da Léo Taxil (che del resto mescolava sapientemente il vero al falso nei suoi libri): ma non si trattava di tutti i cattolici, né di tutti i cattolici che proponevano una opposizione militante alla massoneria.
È anche opportuno sottolineare che - in un’epoca di complotti piccoli e grandi - la lezione del caso Taxil venne appresa rapidamente dai cattolici che si erano lasciati ingannare: pochi anni dopo un funzionario del Grande Oriente di Francia, Jean-Baptiste Bidegain (1870-1926), che collaborava segretamente con ambienti cattolici, rivelò e dimostrò che il governo francese di Émile Combes (1835-1921) - un massone fanaticamente anticlericale - faceva raccogliere dalla massoneria delle schede (le famose fiches) sugli ufficiali dell’Esercito francese, di cui venivano annotate le idee politiche e religiose per escludere sistematicamente i cattolici dagli avanzamenti di carriera. Il caso delle fiches - uno dei maggiori scandali della storia politica francese - determinò dopo una breve resistenza la caduta definitiva del governo Combes e un discredito politico da cui l’anticlericalismo radicale francese non si sarebbe mai più ripreso (61). Tutto sommato, l’infiltrato Bidegain (62) fece più danni al Grande Oriente nel 1904 di quanti l’infiltrato Taxil ne avesse arrecati alla Chiesa cattolica nel 1897. Il caso delle fiches - di cui, per una di quelle nemesi che qualche volta la storia offre, furono protagonisti da parte cattolica alcuni degli ecclesiastici più crudelmente ingannati da Léo Taxil, come don Gabriel de Bessonies (1859-1913) - dimostrò pure che gli esponenti del contro-massonismo cattolico avevano imparato la lezione. Fecero cercare nelle logge non le code imbalsamate di Belzebù di cui aveva favoleggiato Léo Taxil ma documenti politici compromettenti come le fiches: e li trovarono.
Più profondamente, il caso Taxil si rivelò salutare per insegnare a molti cattolici che non dovevano rincorrere "rivelazioni" più o meno mirabolanti, ma concentrare la loro critica sul metodo massonico e sulle conseguenze pratiche del metodo. In questo senso, la lezione è valida ancora oggi. Soprattutto in ambienti attenti alle rivelazioni private e in altri influenzati dal contro-massonismo protestante di marca pentecostale e fondamentalista, un contro-massonismo "diabolistico" cattolico non è scomparso neppure ai giorni nostri. La sua letteratura ha talora il merito di ricordare che il Demonio esiste ed è attivo nella storia, e di attirare l’attenzione su forme di magia e di occultismo che sono ben diffuse nella nostra società e nei "nuovi movimenti magici", anche se è certamente sbagliato considerare la loro origine sempre e comunque come suscettibile di essere riferita alle massonerie (63). Il magistero della Chiesa - come altri contributi illustrano in questa sede - indica però come strada maestra di una critica cattolica alla massoneria la posizione "filosofica", che è attenta anzitutto al metodo massonico anche se non chiude gli occhi sulle conseguenze pratiche che tale metodo produce, e non ignora lo sfondo teologico dell’azione misteriosa del male nella storia. Il sociologo e lo storico possono semplicemente aggiungere che la critica "filosofica" si è rivelata più comprensiva, più capace di cogliere insieme l’unità e la diversità nelle massonerie, meno soggetta alle smentite sempre possibili delle "rivelazioni" venute da veri o falsi convertiti.
In ogni caso, è sempre importante ribadire che non tutti coloro che criticano la massoneria sono d’accordo fra loro. L’idea di un grande "fronte" anti-massonico che metta insieme anti-massonismo laicista, contro-massonismo protestante, contro-massonismo cattolico (realtà diverse, i cui obiettivi sono talora addirittura opposti), è - come sempre capita per "fronti" di questo genere - un equivoco culturale prima ancora che un inganno politico.
3. Gli argomenti della critica alle massonerie
Tenendo presenti le differenze fra l’anti-massonismo e il contro-massonismo - e fra i diversi tipi di contro-massonismo - è ora possibile proporre una rapida rassegna dei principali temi della critica che soprattutto il contro-massonismo cattolico ha rivolto nella storia alle massonerie, rassegna che permetterà di precisare ulteriormente la natura del "problema" massonico. Come si è accennato, il contro-massonismo cattolico (nella versione recepita dal magistero) rivolge alla massoneria una critica di carattere anzitutto dottrinale (quanto al suo metodo, di cui mette in luce il relativismo), quindi - a seconda delle circostanze e delle massonerie - anche fattuale, denunciando sia singole posizioni culturali, politiche, morali e sociali ostili alla Chiesa e alla sua dottrina, sia l’uso del segreto come copertura di trame poco limpide. In questa prospettiva, nel testo pubblicato da L'Osservatore Romano il 23 febbraio 1985 (64) - un testo importante, che costituisce come la "motivazione" della "sentenza" del 1983 - si distingue fra ragioni "pratiche" e ragioni "dottrinali" della inconciliabilità fra fede cattolica e appartenenza alla massoneria. Seguendo lo stesso schema, possiamo esaminare tre argomenti "pratici" e uno "dottrinale" di critica alle massonerie.
a) Argomenti pratici
La questione del segreto
Fra le ragioni "pratiche" il testo del 1985 cita anzitutto il "clima di segretezza" che "comporta, oltre tutto, per gli iscritti il rischio di divenire strumento di strategie a essi ignote" (65). Questo tema - sempre oggetto di controversie nella storia massonica - è particolarmente delicato in Italia, dove recenti indagini della magistratura hanno riproposto il tema dei legami fra organizzazioni massoniche e criminalità organizzata. È vero che in Italia, come si è accennato, nessuna organizzazione ha il monopolio dell'etichetta "massoneria", così che possono facilmente proliferare logge e obbedienze "selvagge" che si auto-denominano "massoniche" ma che non hanno alcun legame con le maggiori obbedienze nazionali e internazionali, e che spesso sono le organizzazioni "selvagge" a fungere da copertura a gruppi criminali. Determinare le responsabilità - nazionali o locali - di questa o quell’obbedienza in relazione ad attività vietate dalla legge, o cercare di distinguere fra deviazioni dalla massoneria e deviazioni della massoneria è oggi in Italia un compito insieme indispensabile e straordinariamente difficile. La matassa è così intricata - e la disinformazione, i depistaggi, le forme di "anti-massonismo massonico" poste in essere dalle stesse obbedienze in concorrenza fra loro sono così numerose - che si può sperare di districarla (e anche in questo caso forse soltanto parzialmente) solo attraverso le possibilità offerte dagli accertamenti di tipo giudiziario.
Vale la pena tuttavia di riflettere sulle ipotesi di una recente storiografia secondo cui il problema potrebbe essere di origine meno recente di quanto comunemente si creda. Secondo queste ipotesi forze politiche anticlericali rappresentate nel governo piemontese si sarebbero servite dopo il 1861 nel Sud parallelamente della criminalità organizzata e di associazioni che si denominavano "massonerie" (già allora, peraltro, spesso "selvagge" e non collegate alle obbedienze nazionali) come forze entrambe disponibili ad appoggiare la loro impresa di colonizzazione politico-culturale, favorendo così il contatto, particolarmente in Sicilia, fra "massoni" e mafiosi (66). Se questa ipotesi - certo da approfondire e verificare, senza trascurare i pregiudizi ideologici dell’anti-massonismo "laico" e politico che ispira alcuni degli storici che la hanno proposta - dovesse essere in qualche modo confermata, si troverebbe un anello di collegamento storico dotato di una valenza anche dottrinale (67) e politica fra criminalità organizzata del Meridione d'Italia e certi ambienti che si sono variamente presentati come massonici.
A proposito del segreto sembrano peraltro necessarie due ulteriori osservazioni. Il tema del segreto viene giustamente collocato nel testo citato del 1985 fra le ragioni "pratiche" e non fra quelle "dottrinali" della incompatibilità fra fede cristiana e massoneria in quanto non tutte le obbedienze massoniche sono ugualmente "segrete". La massoneria americana, che conta diversi milioni di iscritti, è assai meno "segreta" delle massonerie europee. La minore sottolineatura del segreto corrisponde precisamente, in alcune obbedienze anglosassoni, alla esaltazione dei momenti di metodo rispetto a quelli di contenuto. Alcune tendenze recenti della massoneria italiana (che attraversano in realtà tutte le obbedienze, anche se alcune ne informano la stampa per presentarsi come più "trasparenti" delle altre concorrenti) sembrano puntare a una riforma di tipo anglosassone, con una minore accentuazione del segreto. L'esperienza anglosassone dimostra peraltro che la rinuncia parziale al segreto non comporta necessariamente una riduzione dell'influenza della massoneria, che anzi può superare alcune obiezioni e riserve tradizionali e presentarsi come forza sociale ancor più legittimata ad esercitare la sua funzione di organizzatore culturale collettivo.
La seconda osservazione concerne la distinzione fra giudizio culturale e teologico e, rispettivamente, giudizio giuridico e politico sul segreto. I due piani non vanno confusi. Sul piano culturale il tipo di segreto di cui si avvolgono i lavori massonici è sostanzialmente estraneo alla tradizione cattolica: non a caso, come abbiamo visto, l’unico precedente nella massoneria "operativa" - la "parola massonica" - nasce in epoca tarda e in ambiente protestante. La Chiesa cattolica non ha mai visto con favore segreti in materia dottrinale e filosofica che sfuggono al ritmo normale della sua vita organizzata e gerarchica, e li ha sempre considerati con sospetto. Sul piano giuridico e politico la Chiesa cattolica, nella sua dottrina sociale, non è peraltro meno sospettosa nei confronti delle pretese dello Stato laico moderno (che non è certamente l’unica forma di Stato in tesi lecita o possibile, ma è lo Stato con cui in concreto oggi ci si trova in relazione) di esercitare un controllo eccessivo sulla vita interna delle associazioni private. La dottrina sociale insegna che, posto che esiste una "tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi", "si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di istituzioni d’elezione". In questo campo "un intervento troppo spinto dello Stato può minacciare la libertà e l’iniziativa personali"; il principio cardine della dottrina sociale, il "principio di sussidiarietà", ricorda che il potere di controllo e di intervento dello Stato non è senza "limiti" (68). Non vi è dubbio che lo Stato abbia diritto di reprimere le associazioni che perseguono fini delittuosi. Ma, poiché "l’abuso non toglie l’uso", non si può utilizzare l’esistenza di associazioni a delinquere come pretesto per limitare la libertà di associazione. Si misura qui tutta la differenza fra l’anti-massonismo laico, soprattutto quello di ispirazione statalista e marxista, e la critica cattolica alla massoneria. Il primo dal tipo di segreto - certamente discutibile - con cui alcune obbedienze massoniche coprono le loro attività trae argomento per invocare leggi che sottopongano tutte le associazioni a un totale controllo dello Stato, che dovrebbe procedere a una sorveglianza capillare dei loro membri e di tutte le loro attività. La critica contro-massonica cattolica è sempre stata più cauta. I cattolici sanno infatti che i progetti di controllo statale sulle associazioni e la pretesa di fare svolgere ogni attività associativa volontaria sotto gli occhi e a portata delle orecchie dello Stato storicamente si sono sempre tradotti in misure ostili anzitutto alle associazioni cattoliche. Se le campagne perché lo Stato vieti ogni forma di "segreto" - definito spesso in modo ampio, vago e fumoso - e interdica a tutti i massoni certe carriere pubbliche sollevano in molti paesi scarso entusiasmo presso i cattolici, è forse anche perché essi ricordano la dura campagna del "nativismo" statunitense dell’Ottocento, che voleva escludere dagli uffici elettivi sia i massoni che i cattolici e chiedeva allo Stato di intervenire contro i "tre segreti" considerati incompatibili con la democrazia: il segreto della loggia massonica, il segreto del tempio mormone, e il segreto del confessionale cattolico (69).
La "machinatio"
Come secondo motivo "pratico" della incompatibilità, il documento del 1985 cita la "ostilità nei confronti della Chiesa" di una parte della massoneria, che si è tradotta nella cosiddetta machinatio contro la Chiesa rimproverata dal tradizionale contro-massonismo cattolico soprattutto alle massonerie latine, cioè nell’organizzazione sistematica dell’anticlericalismo e del laicismo. Che l’anticlericalismo di alcune massonerie abbia raggiunto toni perfino grotteschi è così noto - e ammesso anche da storici di parte massonica - da non avere bisogno di illustrazione o di commento. Sarà sufficiente osservare che la machinatio, nella tradizione contro-massonica cattolica, non si riduce all’anticlericalismo. La promozione di leggi ispirate al naturalismo e al laicismo è stata certamente più pericolosa delle processioni anticlericali, degli "Anticoncili" e dei banchetti a base di carne del venerdì santo, che pure hanno avuto il loro posto nel folklore massonico ottocentesco. Il documento del 1985 dà atto, tuttavia, che la "ostilità nei confronti della Chiesa" - e delle dottrine morali individuali e sociali che sono parte integrante dell’insegnamento della Chiesa - costituisce la posizione, nella storia e nell'attualità, di alcune importanti obbedienze e logge, ma non di tutte. Negli Stati Uniti, in particolare, su quasi tutti i temi controversi di natura morale e sociale (dall’aborto alla preghiera nelle scuole, dal ruolo pubblico degli omosessuali alla pena di morte) si troveranno posizioni estremamente differenziate nelle massonerie fra Stato e Stato, qualche volta perfino fra loggia e loggia. È una riconferma del fatto che il metodo massonico può produrre risultati diversi a seconda delle posizioni di partenza diverse che di volta in volta si confrontano all’interno delle logge.
La promozione dell’occultismo
Soprattutto - ma non esclusivamente - gli ambienti che in qualche modo tengono conto della tradizione "diabolistica" del contro-massonismo insistono sull’argomento secondo cui la massoneria promuoverebbe forme di occultismo e di magismo. Questo argomento viene spesso presentato in modo molto impreciso, ma non può neppure essere semplicemente ignorato. Certamente nelle obbedienze più importanti la "corrente fredda" razionalista e deista ha vinto da oltre un secolo la sua battaglia contro la "corrente calda" occultista e magica, che proprio perché è stata confinata alla periferia delle massonerie "ufficiali" ha dato vita soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del Novecento a una serie di organizzazioni separate e concorrenti, le "massonerie di frangia" e i "nuovi movimenti magici" (70). Tuttavia la distinzione fra "corrente fredda" e "corrente calda" non è sempre evidente: qualche volta le due correnti coesistono non solo negli stessi ambienti, ma nella testa delle stesse persone. Già alle origini della massoneria, nel Settecento, uno dei maggiori storici della massoneria italiana, Carlo Francovich, ha notato come "accanto al movimento illuminista - che, guidato dalla ragione, procede sulla via della scienza - c’è il movimento mistico che ricerca la soluzione dei vari problemi nei culti esoterici, nella ricerca del miracolo, nella magia. E questi due movimenti non camminano parallelamente distinti, ma si intersecano e anzi spesso vivono e si manifestano in una stessa persona" (71). Gli esempi di "doppia appartenenza" insieme alla "corrente fredda" e alla "corrente calda" sono centinaia. Come classificare i massoni napoletani del Settecento oggetto di un pregevole studio di Vincenzo Ferrone - personaggi come Gaetano Filangieri (1752-1788), Mario Pagano (1748-1799), Domenico Cirillo (1739-1799) - insieme "profeti dell’Illuminismo" filosofico e politico di giorno e - quando calavano le ombre della sera - discreti frequentatori di riti neo-egiziani e alfieri del "ritorno della magia"? (72) Dove collocare il massone Arthur Conan Doyle (1859-1930): nella "corrente fredda", come portavoce letterario del positivismo e creatore di Sherlock Holmes, o nella "corrente calda", come spiritista e propugnatore della credenza nelle fate? (73) Come spiegare la presenza ancora negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale in una istituzione così tipica della "corrente calda" come la Chiesa gnostica di dirigenti di primissimo piano del Grande Oriente d’Italia, che viene comunemente - e non a torto - ascritto alla "corrente fredda"? (74) Questi interrogativi non eliminano, a mio avviso, la possibilità di distinguere fra un centro e una periferia della scena massonica, fra massonerie "principali" ("regolari" o meno) e massonerie "di frangia", fra "corrente calda" e "corrente fredda". La distinzione è possibile. Ma neppure si tratta di interrogativi soltanto retorici, e il quesito se un certo modo massonico di intendere l’esoterismo non favorisca periodiche derive verso l’occultismo e il magismo - contro le quali, certo, altri reagiscono energicamente - non è completamente privo di senso.
b) L’argomento dottrinale: la critica del metodo
Si possono immaginare - almeno in tesi - obbedienze e logge che non mantengono forme illecite di segreto, non manifestano "ostilità nei confronti della Chiesa" e non promuovono in alcun modo l’occultismo e la magia. In questo caso vengono meno le ragioni di critica alla massoneria? Sì, se si pensa che queste ragioni si limitino alle ragioni "pratiche". Così ha ragionato sostanzialmente nel 1993 una commissione costituita da una delle più grandi denominazioni protestanti americane, i Battisti del Sud (di cui fanno parte tra l’altro il presidente e il vice-presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton e Al Gore). La proposta formulata nel 1992 con notevole passione dalla fazione più conservatrice di questa denominazione di escludere dalla comunità battista gli affiliati alla massoneria era stata giudicata, con ragione, una delle più gravi minacce che avesse colpito la massoneria americana nella sua storia, "il peggiore attacco degli ultimi cento anni", suscettibile di sottrarre alle logge statunitensi almeno "il venti per cento dei loro membri" (75). Nel 1993 la Convenzione dei Battisti del Sud, con sollievo della massoneria americana, non ha accolto la proposta di escludere dalla denominazione i massoni ma ha votato un rapporto (76), accompagnato da uno studio più dettagliato (77) e oggetto di notevoli strali da parte dell’ala battista più conservatrice (78), dove si conclude semplicemente che "alla luce del fatto che molte tendenze e insegnamenti della massoneria non sono compatibili con il cristianesimo e la dottrina dei Battisti del Sud, mentre altri sono compatibili (...) raccomandiamo che, alla luce delle profonde convinzioni della nostra denominazione sul sacerdozio comune dei fedeli e l’autonomia delle singole chiese locali, l’appartenenza a un’obbedienza massonica sia lasciata alla libertà della coscienza personale" (79). Giacché sulla natura di questo risultato ci sono pochi dubbi, la domanda che interessa l’osservatore esterno è perché la fazione che chiedeva la condanna della "doppia appartenenza" insieme alla comunità dei Battisti del Sud e alla massoneria ha perso. Si devono certamente considerare l’efficacia di una campagna di pubbliche relazioni massonica proporzionata all’entità del pericolo, le difficoltà di esercizio dell’egemonia dei conservatori in una denominazione da anni profondamente divisa (80), il discredito in cui era caduta una letteratura contro-massonica battista che era andata a ripescare perfino Léo Taxil. Ma, al di là di tutti questi elementi, la proposta contro-massonica non è passata perché tutta la sua argomentazione era fondata sulle "dottrine" e non sul metodo massonico. La massoneria veniva accusata di favorire l’occultismo, il neo-paganesimo, la magia, perfino (come di consueto in certi ambienti protestanti) la dottrina attribuita ai cattolici della salvezza tramite le opere e non per sola fede. Per ognuna di queste accuse i conservatori ostili alla massoneria chiamavano a testimone questo o quell’autore massonico, i documenti di questa o quella loggia. Sfortunatamente, punto per punto, il comitato che ha preparato il rapporto - che palesemente non intendeva condannare la massoneria - ha potuto rispondere che un altro autore massonico non meno autorevole o un’altra loggia avevano detto esattamente il contrario. Da questo punto di vista la ricerca della "dottrina" massonica è un’avventura senza fine. È stata l’incapacità di risalire dalle "dottrine" al metodo che ha determinato ultimamente la sconfitta della fazione ostile alla massoneria nella battaglia interna ai Battisti del Sud, che verrà ricordata come un momento cruciale nella storia della massoneria americana e dei suoi avversari nel secolo ventesimo.
La Chiesa cattolica ha ragionato diversamente. Anche nel caso - da esaminare obbedienza per obbedienza, caso per caso, paese per paese - in cui non vi siano specifici risultati ostili alla fede cattolica, "l'inconciliabilità dei principi" secondo il documento del 1985 rimane, in quanto - quali che siano i suoi risultati - è sempre il metodo massonico a essere incompatibile con la fede. Qualcuno, osserva la nota del 1985, potrebbe obiettare che è improprio parlare di "inconciliabilità dei principi" perché "essenziale della massoneria sarebbe proprio il fatto di non imporre alcun 'principio'". Ma proprio questo aspetto "essenziale" è incompatibile con la fede cristiana sul piano metodologico: "anche se si afferma che il relativismo non viene assunto come dogma" (proprio perché non ci sono dottrine né dogmi) "tuttavia si propone di fatto una concezione simbolica relativistica, e pertanto il valore relativizzante di una tale comunità morale-rituale, lungi dal poter essere eliminato, risulta al contrario determinante. In tale contesto, le diverse comunità religiose, cui appartengono i singoli membri delle logge, non possono essere considerate se non come semplici istituzionalizzazioni di una verità più ampia e inafferrabile". Così, "anche quando (...) non vi fosse un'obbligazione esplicita di professare il relativismo come dottrina [proprio in quanto non vi è propriamente ‘obbligazione’ di ‘professare’ nessuna ‘dottrina’], tuttavia la forza relativizzante di una tale fraternità, per la sua stessa logica intrinseca, ha in sé la capacità di trasformare la struttura dell'atto di fede in modo così radicale da non essere accettabile da parte di un cristiano 'al quale è cara la sua fede'". Le massonerie, del resto, trasmettono il loro metodo tramite la forza pedagogica dei loro rituali prima ancora di tematizzarlo in un insegnamento sistematico.
4. Alcune conclusioni
Questa rapida rassegna degli aspetti della massoneria che "fanno problema" per le Chiese e comunità cristiane e in particolare per la Chiesa cattolica non pretende certamente di risolvere tutte le questioni che si pongono in ordine a un argomento così delicato. Intende semplicemente impostare alcune questioni e proporre alcune distinzioni, che sembrano particolarmente importanti. Tra queste si possono ricordare, riassuntivamente:
a) la distinzione fra massoneria e massonerie: non si possono mettere sullo stesso piano una piccola obbedienza pseudo-massonica creata appena ieri in Sicilia al servizio di specifici interessi (più o meno leciti), il Grande Oriente d’Italia con i suoi oltre quindicimila membri e la sua storia peculiare, e la massoneria anglo-americana di obbedienza londinese che di membri ne ha sei milioni; nello stesso tempo, al di là delle species ed escludendo solo le contraffazioni chiaramente pseudo-massoniche, è possibile costruire un genus "massoneria" identificato da un metodo che è largamente comune;
b) la distinzione fra il metodo massonico e i suoi risultati: i risultati variano da obbedienza a obbedienza, da rito a rito, da paese a paese, da epoca storica a epoca storica, da loggia a loggia; il metodo è sostanzialmente comune a ogni massoneria che porti legittimamente questo nome;
c) la distinzione fra diverse forme di critica alla massoneria - anzitutto fra anti-massonismo laico e contro-massonismo religioso, quindi nell’ambito religioso fra contro-massonismo protestante e contro-massonismo cattolico, e infine nell’ambito cattolico fra contro-massonismo "filosofico" e contro-massonismo "diabolistico" - le cui differenze sono profonde, non vanno ignorate e rendono poco credibili (o sospette) le proposte di "fronti comuni" contro la massoneria; ultimamente, una delle distinzioni più importanti è quella fra una critica che insegue i risultati del metodo massonico (ed è spesso in difficoltà a causa del carattere cangiante di questi risultati) e una critica, più raffinata, che è capace di risalire al metodo e alla sua natura;
d) la distinzione fra dialogo e doppia appartenenza, conseguenza sul piano pratico e pastorale delle premesse che sono state illustrate. La massoneria rimane una reazione tipica, per certi versi comprensibile, al disagio del pluralismo moderno. La Chiesa cattolica, interessata al dialogo con tutti e con ciascuno, non ha rifiutato un cauto dialogo, nelle sedi opportune, con espressioni del mondo massonico. Ha però sempre distinto, nel modo più fermo fra dialogo e doppia appartenenza. La Chiesa cattolica, per esempio, dialoga con l'Islam: ma a nessuno verrebbe in mente di essere nello stesso tempo cattolico e musulmano. La tentazione della doppia appartenenza è più forte nei confronti della massoneria, proprio perché questa - nelle sue espressioni storicamente più tradizionali (e a differenza, evidentemente, dell’Islam) - sottolinea il fatto di non essere "una religione", si presenta come metodo e non come dottrina, come schema di lavoro e non come insieme di contenuti. La Chiesa - in una lunga tradizione storica e da ultimo nei suoi documenti più recenti - ha escluso nel modo più fermo la possibilità della "doppia appartenenza". Non si può essere insieme cattolici e massoni (81). Solo un riconoscimento leale, da parte massonica, della reale posizione cattolica - che esclude la "doppia appartenenza" - e delle sue ragioni potrebbe costituire il primo passo per l'avvio di un dialogo genuino.
e) la distinzione fra massoneria, nuovi movimenti religiosi e nuova religiosità. La massoneria non è, come abbiamo visto, un nuovo movimento religioso. Appartiene a una categoria diversa: o forse si potrebbe dire che fa categoria a sé. Non si può neppure dire semplicemente che la massoneria appartiene alla "nuova religiosità" intesa come l’insieme non solo delle appartenenze a movimenti ma anche delle credenze alternative alla religione tradizionale, pur se "alcuni problemi che le massonerie pongono alla Chiesa presentano però momenti di analogia rispetto al mondo della nuova religiosità" (82). Tuttavia quando si è passati dall’attenzione ai nuovi movimenti religiosi all’attenzione alla nuova religiosità si è compiuto soltanto un primo passo sulla strada dell’identificazione di un problema più ampio. Oltre i nuovi movimenti religiosi c’è la nuova religiosità (un’area che - se si prende come parametro la credenza più tipicamente neo-religiosa, quella nella reincarnazione - coinvolge un quarto degli italiani, contro l’uno per cento che si riconosce nei nuovi movimenti religiosi); ma oltre la nuova religiosità c’è la vera nuova religione degli italiani che non è la religione dei testimoni di Geova e neppure l’Islam: è il relativismo. Sulla base di diverse indagini sociologiche si può ritenere che il relativismo - l’idea che la verità religiosa non esista o sia soltanto relativa, così che tutte le religioni sarebbero in fondo ugualmente vere - sia la "religione" del sessanta per cento degli italiani (83). Partendo dalla nuova religiosità (che è il terreno su cui fioriscono i nuovi movimenti religiosi) occorre compiere un secondo passo, andare oltre e portare l’attenzione sul relativismo diffuso, come terreno su cui la nuova religiosità nasce. Se infatti la verità religiosa non c’è o è soltanto relativa, le scelte religiose verranno effettuate sulla base delle variabili più diverse - soprattutto sulla base di quanto psicologicamente sembra dare più soddisfazione e conforto - scegliendo a seconda dei casi e delle suggestioni elementi della "vecchia" o della "nuova" religiosità. Se la massoneria ha una relazione indiretta con i nuovi movimenti religiosi (che, come notano altri contributi in questa sede, ha talora influenzato, ma che per altri versi rappresentano reazioni al pluralismo moderno opposte rispetto a quella massonica) e con la nuova religiosità (di cui nel tourbillon di risultati cangianti del metodo massonico ha talora acquisito e diffuso qualche elemento), ha certamente una relazione diretta con il relativismo. Una volta chiarito - come si è cercato di fare - che cos’è il relativismo, si può vedere nel metodo massonico un grande organizzatore sociale del relativismo, per milioni di persone nel mondo anglosassone e per élite socialmente significative nel mondo latino. In questo senso il testo del 1985 che abbiamo più volte richiamato conclude che, considerata dal punto di vista della Chiesa cattolica, la pratica abituale del metodo massonico si manifesta oggi come particolarmente insidiosa perché "corrisponde pienamente a certe convinzioni prevalenti nella mentalità contemporanea", soprattutto all'"opinione che la verità non possa essere conosciuta", "caratteristica tipica della nostra epoca e, nello stesso tempo, elemento essenziale della sua crisi generale".
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