domenica 31 maggio 2015

la voce interiore: IO SONO!

Già da millenni, profeti, veggenti, scrittori spirituali, libri come la Bibbia e diversi racconti tramandati, hanno previsto i prossimi mutamenti. Alcune persone credono a queste profezie, poche altre sanno ciò che accadrà: lo sanno attraverso il sapere istintivo che hanno in sé stessi, e perché, in modo cosciente o incosciente, sono in collegamento con l'Alta Energia e gli Esseri della Luce.
Ora vogliamo accennare all'Alta Energia, che è in ognuno di noi, ed alla quale ci indirizziamo con le parole dello Spirito Universale, scritture da Arthur Garside nel libro “Ich bin das Licht” (trad. “Io sono la Luce”): “'Dio' è tutto ciò che esiste, senza eccezione. Il MIO 'Dio' è la divina verità, il divino amore e l'armonia dell'universo. Il MIO 'Dio' è potente, sapiente e onnipresente. Il MIO 'Dio' è l'infinito e l'eternità. 'Dio' è Luce, spirito e coscienza. 'Dio è sostanza del pensiero. EGLI ha in Terra diversi nomi, ma ciò che chiamo 'Dio' è il “IO SONO”, la prima causa, l'Alpha e l'Omega. IO SONO, IO ero, IO sarò sempre. La limitata ragione umana non può esprimere una definizione corrispondente e soddisfacente del concetto 'Dio' e anche le parole sono insufficienti per definire in modo comprensibile lo Spirito Universale. Il MIO 'Dio' è Luce infinita, senza forma, confini e spazio, Il MIO 'Dio' è trinità di forza, intelligenza, amore o armonia, risp. Padre, Madre, Figlio – e perciò vi fu comandato di onorare il 'padre' e la 'madre'. 'Dio' è onnipresente EGLI è attiva energia per l'esistenza di ognuno. IO SONO l'unico e il solo 'Dio' onnipotente da cui tutto dipende. IO SONO TUTTO. IO SONO la LUCE. Questa MIA 'Luce' è verità divina, bene universale, 'Madre divina', il 'santo fiato'. 'Luce' è speranza, intelligenza e sapienza. Esiste perché IO SONO qui. Questa 'Luce si mostra nell'aura che circonda, nella sua forma, esseri umani, animali, piante e Terra.
La MIA 'Luce' dà senso a ogni movimento, dà un indirizzo alla vita e senza di 'LEI' nulla può esistere. La MIA 'Luce' è comprensione e visione per ogni anima che mi cerca. La 'Luce' è forza vitale che rappresenta il Padre, e pure amore divino che è il Dio-figlio. È pure 'Luce' la trinità di 'Dio', chiamata 'Spirito Santo'. La MIA 'Luce' è una volontà universale.
Non sempre una convinzione o un'opinione può corrispondere ai reali eventi, non è vero? Ma IO SONO la verità, non una credenza. -Colui che inizia un'asserzione con le parole: 'io penso...' o 'io credo...', ammette già che non sa esattamente qualcosa. Quando non si è sicuri delle proprie conoscenze non si può pretendere di essere maestri, come molti fanno in Mio nome senza comprendere Me e la verità di Dio. Colui che sa udirà la Mia voce nel silenzio del suo cuore. IO SONO sostanza del pensiero – Luce dell'universo. “ (fine citazione) E che Dio Padre sia Luce lo leggiamo anche nella Bibbia, Giovanni 1: 1 - 5, 9 – 10. e 14. È sicuro che fino al giorno d'oggi, molte profezie si sono avverate almeno nelle indicazioni essenziali; sia che si tratti di previsioni su guerre, carestie, inondazioni, crisi economiche o altro.
Dovremmo quindi prestare maggiore attenzione, sia alle antiche che alle nuove profezie e non credere unicamente e incondizionatamente ad informazioni strettamente scientifiche. Noi dobbiamo imparare a considerarle entrambe, profezie e scienze. E quando ascolteremo le nostre voci interiori, saremo in grado di percepire gli avvenimenti futuri. 
Sul tema “Voce interiore” Lo Spirito Universale disse attraverso lo scrittore Arthur Garside: “Ognuno può udire la Mia “voce” telepaticamente nel suo intimo, premesso che la cerchi nel silenzio e con sincero desiderio. La Mia 'voce' è leggera, silenziosa e non si impone, ma ha autorità perché questa 'voce' SONO IO. Tutti gli uomini hanno già udito la Mia 'voce', ma la grande maggioranza non l'ha riconosciuta. La Mia 'voce' parla attraverso la coscienza, conscia e inconscia, e indica con evidenza i casi urgenti da risolvere; parla pure tramite visioni ed immaginazioni. La Mia 'voce' non risuona come un cembalo, ma è ovunque nella natura: nel fruscio del vento, nel mormorio delle acque, nella gioia dei bambini che giocano allegri e nel belare del gregge.
La Mia 'voce' non tace mai perché IO SONO la coscienza universale. Cercatemi nel Mio regno, nell'intimo della vostra anima e restate nel silenzio affinché IO possa darvi disposizioni, consigli e indicazioni che voi seguirete coscientemente per essere da ME giudicati. IO SONO passato, presente e futuro e nella condizione di guidarvi con sicurezza. A coloro che sono pronti a servire IO assicuro appoggio e benedizioni; a loro non mancherà mai il Mio sostegno affinché tutto vada per il meglio, anche contro ogni apparenza, attualmente, la MIA 'voce' è forte per poter essere udita dagli uomini, ma i loro pregiudizi, l'incredulità, la paura e l'ignoranza impediscono loro di accettare la MIA presenza come aiuto. IO SONO percepibile quale 'sottile e silente voce' interiore, quale 'Spirito che è in noi', di cui parlò GESÙ di Nazareth, che pure dialogava con LUI. La voce di Dio è percepibile come un flusso di pensieri e di parole continue che ci trasmettono i SUOI desideri e le disposizioni EGLI dice: 'IO SONO la divina verità e perciò non posso e non voglio ingannare nessuno.'” (fine citazione)
Chi ode una voce interiore non è da ritenere in ogni caso ammalato, come sempre ci indicano molti psichiatri. Al contrario, sono i farmaci da loro prescritti a renderli dipendenti e quindi malati, e non la loro voce interiore. Coloro che percepiscono voci interiori, devono imparare, oltre al sistema di autoprotezione, a sapere discernere da dove e da quale livello provengono e poi decidere ciò che devono accettare risp. Respingere.
Noi possiamo solo aiutare queste persone dicendole che, oltre al nostro livello fisico, esistono altri livelli in cui vivono esseri inferiori o superiori. Questi, secondo la loro coscienza, possono insegnarci o prenderci in giro. Solo spiegando queste situazioni si può togliere agli uomini la paura (psicosi) della voce interiore. Ciò potrà solo avverarsi quando la psichiatria riconoscerà ed accetterà l'esistenza di questi diversi livelli.
Molte persone trovano ciò ridicolo e asseriscono di non udire alcuna voce interiore. Ciò accade perché essi sono continuamente presi da questioni estranee di scarsa importanza. Queste persone dovrebbero perciò considerare l'insieme dell'attuale situazione mondiale, il che allargherebbe in altro modo la loro coscienza. Noi tutti dovremo, in un modo o nell'altro, apprendere, comprendere ed accettare molto di ciò che accadrà per non cedere alle prime difficoltà.

venerdì 29 maggio 2015

la religione

Vi parleremo dunque di ciò che voi chiamate religione. La religione deve riunire, ma sulla Terra essa ha molto più diviso che riunito. Noi non ci fermeremo però a questa considerazione.
Ciò che vorremmo dirvi è che gli esseri umani funzionano come voi, a piccoli passi in avanti. Non bisogna rischiarare troppo la loro coscienza, perché certamente questa luce li ostacolerebbe. Per questo si apre loro ogni tanto e sempre un pò di più la coscienza, si proietta un po’più di Luce sulla comprensione che hanno di sè stessi, della vita e della vita dopo la vita.
All’inizio, l’umanità ha avuto bisogno di strutture e di guida. Ci sono state tante e tante strutture, ci sono stati piccoli gruppi religiosi, ci sono state quelle che, spesso giustamente o ingiustamente, chiamate sette. Esse esistono da quando gli uomini vivono in comunità, in gruppi di individui, perché questo risponde ad un’esigenza.
Quando l’uomo si stacca dall’esperienza della terza dimensione, non può farsi carico spiritualmente di sé ma ha bisogno di una guida. All’inizio, disgraziatamente, questa guida gli è data in funzione di quello che può capire, di quanto può accettare e di quello che potrà spingerlo avanti. Tutto questo è dosato in base alla comprensione ed al bisogno di coloro ai quali questo insegnamento spirituale e questa guida si rivolgono.
Parliamo ora delle sette e della loro utilità. Non ci riferiamo alle sette terribili e distruttrici che esistono attualmente, dove si pratica il lavaggio del cervello è c’è un condizionamento. Non è con questo spirito che parliamo di sette.
Ad un primo livello, certe persone che sono alla ricerca, hanno bisogno di questi gruppi che le dominano, che impongono loro un modo di vedere la vita, di avanzare, di camminare, perché esse stesse non sono in grado di gestire la loro vita spirituale e materiale. Questo può sembrare assolutamente riprovevole alla vostra attuale coscienza, ma alcuni esseri si trovano completamente a loro agio in questo inquadramento assoluto, oltre che in questa mancanza di libertà di cui non si rendono conto.
Esiste poi un secondo livello dove si trova tutto ciò che è religioso, tutto ciò che è dogmatico, tutto ciò che spinge gli uomini ad un piano superiore, ad una comprensione nuova, tutto ciò che dà loro accesso ad una spiritualità molto più evolutiva, molto meno « imprigionante » rispetto al livello della setta. Alcuni esseri si sentono completamente a loro agio, sia nelle sette del primo livello che nelle religioni del secondo, ed al livello in cui si trovano possono arrivare al massimo della loro capacità di irradiazione. Ci sono degli esseri che nella religione acquisiscono una grandissima capacità di irradiare e quindi raggiungono il limite massimo in tutto ciò che possono dare.
Viene poi un terzo livello, un terzo raggio, il raggio in cui gli esseri non hanno più bisogno di essere inquadrati, ma di un insegnamento puro, di un insegnamento libero. Hanno bisogno di sentirsi completamente liberi di evolvere e di procedere in questo insegnamento, ed è lì che noi interveniamo.Interveniamo per tutti coloro che vogliono seguirci, che hanno il coraggio di uscire dal loro schema, che hanno il coraggio di avanzare completamente da soli. Noi sappiamo quanto sia difficile avanzare completamente soli, perché la strada spesso non è né facile né accessibile alla comprensione umana.
Dunque noi vi guidiamo, qualche volta vi portiamo il più lontano possibile nel rispetto della vostra comprensione e della vostra capacità di accettazione, qualche volta facciamo anche dei piccoli passi indietro per qualche corso di ripasso su ciò che non avete completamente integrato, totalmente capito. E’ dunque evidente che coloro che già si trovano su un raggio superiore, coloro che ormai hanno superato lo stadio delle sette, coloro che hanno oltrepassato lo stadio del blocco dogmatico, coloro che si sono liberati da tutti questi dogmi, da tutto questo inquadramento, hanno difficoltà a ritornare in un qualsiasi schema. (Quando parliamo di superiorità, non intendiamo una nozione di superiorità umana, ma di superiorità di comprensione, non in una gerarchia di dominio nel senso superiore, ma semplicemente di uno stato di comprensione superiore, di una comprensione diversa).
Voi avete anche difficoltà a percepire alcune emanazioni di questi dogmi e di queste religioni. Queste religioni e questi dogmi sono utili ad alcuni di voi, a certi umani, e sono anche raccomandabili perché sono molto fruttuosi per una gran parte di quelli che si trovano ancora in fase di sviluppo.
 Come si situa il livello del vostro fratello d’Amore (di Gesù), in rapporto alle religioni ed a ciò che voi siete ? Unicamente in una differenza di coscienza dalla vostra, in rapporto alla sua ed alla nostra realtà.
Nelle religioni è necessario che vi siano dati dei nomi e che, in qualche modo, sia inquadrato per voi ciò che noi siamo, usando il linguaggio umano. Nel nostro insegnamento per voi, noi non diamo nomi perché non esistiamo sul piano terreno e non abbiamo nomi come voi. Per voi noi siamo dei Grandi Iniziati, noi siamo, come vi abbiamo detto, i vostri Fratelli Superiori, ma superiori nella Conoscenza ed anche nell’Amore, perché abbiamo conosciuto altre dimensioni dell’Amore. Noi siamo superiori anche per la conoscenza che abbiamo di voi, dell’uomo, della vita e dell’Universo.
Se domani noi dicessimo ai cattolici ferventi che Gesù, quello che loro adorano (a giusto titolo, d’altronde) fa parte della Federazione Galattica dei mondi evoluti, dei mondi civilizzati, essi griderebbero allo scandalo. Essi direbbero : « Non è possibile, ci state ingannando ! » Allora, capite quello che vogliamo dirvi, capite la differenza che c’è (e deve esserci) nella comprensione che potete avere delle Gerarchie, delle Divinità, la differenza che potete avere nella comprensione della vita, dell’Amore, del Cosmo dell’Universo? Tutta la differenza sta infatti nella concezione che avete della Vita, della Vita nella sua molteplicità, nella sua pienezza, nella sua immensità, nella sua grandezza, nel suo valore. Poco a poco vi aprite a questo, ma il carico è ancora pesante, lo schema è ancora presente. Anche se ha molta meno consistenza, questo schema è ancora presente perché fa parte della cultura che avete ricevuto.
E’ difficile farvi ammettere completamente che siete solo dei viaggiatori su questo mondo, dei viaggiatori in missione, dei viaggiatori utili alla loro missione ed ai loro fratelli e che non fate parte di questo mondo. Come vi abbiamo detto tante e tante volte, voi appartenete alle stelle e ritornerete alle stelle, siete degli esseri galattici. Allora, che cosa può rappresentare una religione, un dogma, per degli esseri galattici?
Su altri pianeti le religioni, per come le conoscete in questo mondo, non hanno alcun valore. IL VERO VALORE È LA RELIGIONE DEL CUORE, LA RELIGIONE CHE VI DÀ LA CONOSCENZA DI CIÒ CHE SIETE, DELL’UNIVERSO E QUESTA RELIGIONE SI APPRENDE INCARNAZIONE DOPO INCARNAZIONE, MONDO DOPO MONDO.
Ogni ciclo di incarnazione vi porta in un mondo sempre più evoluto in vibrazioni (tranne che se avete scelto una missione in mondi di terza dimensione). Ogni volta di più imparate che cosa è realmente Dio e non avete alcun bisogno di inquadramento, di religione. Allora noi vi diremo semplicemente questo: vi collocherete di meglio in meglio in rapporto a quello che siete sulla Terra, ma anche in rapporto ai richiami sempre più forti che riceverete, provenienti dal luogo a cui appartenete, dai vostri fratelli.

mercoledì 27 maggio 2015

angeli

1. Nelle recenti catechesi abbiamo visto come la Chiesa, illuminata dalla luce proveniente dalla Sacra Scrittura, ha professato lungo i secoli la verità sull'esistenza degli angeli come esseri puramente spirituali, creati da Dio. Lo ha fatto fin dall'inizio con il simbolo niceno-costantinopolitano e lo ha confermato nel Concilio Lateranense IV (1215), la cui formulazione è ripresa dal Concilio Vaticano I nel contesto della dottrina sulla creazione: Dio "creò insieme dal nulla fin dall'inizio del tempo l'una e l'altra creatura, quella spirituale e quella corporea, cioè l'angelica e la terrena, e quindi creò la natura umana come ad entrambi comune, essendo costituita di spirito e di corpo" (DS 3002). Ossia: Dio creò fin dal principio entrambe le realtà: quella spirituale e quella corporale, il mondo terreno e quello angelico. Tutto ciò egli creò insieme ("simul") in ordine alla creazione dell'uomo, costituito di spirito e di materia e posto secondo la narrazione biblica nel quadro di un mondo già stabilito secondo le sue leggi e già misurato dal tempo ("deinde"). 

2. Assieme all'esistenza, la fede della Chiesa riconosce certi tratti distintivi della natura degli angeli. Il loro essere puramente spirituale implica prima di tutto la loro non materialità e la loro immortalità. Gli angeli non hanno "corpo" (anche se in determinate circostanze si manifestano sotto forme visibili in ragione della loro missione a favore degli uomini) e quindi non sono soggetti alla legge della corruttibilità che accomuna tutto il mondo materiale. Gesù stesso, riferendosi alla condizione angelica, dirà che nella vita futura i risorti "non possono più morire, perché sono uguali agli angeli" (Lc 20, 36). 

3. In quanto creature di natura spirituale, gli angeli sono dotati di intelletto e di libera volontà, come l'uomo, ma in grado a lui superiore, anche se sempre finito, per il limite che è inerente a tutte le creature. Gli angeli sono quindi esseri personali e, in quanto tali, sono anch'essi a "immagine e somiglianza" di Dio. La Sacra Scrittura si riferisce agli angeli adoperando anche appellativi non solo personali (come i nomi propri di Raffaele, Gabriele, Michele), ma anche collettivi" (come le qualifiche di Serafini, Cherubini Troni, Potestà, Dominazioni, Principati), così come opera una distinzione tra angeli e arcangeli. Pur tenendo conto del linguaggio analogico e rappresentativo del testo sacro, possiamo dedurre che questi esseri-persone, quasi raggruppati in società, si suddividono in ordini e gradi, rispondenti alla misura della loro perfezione e ai compiti loro affidati. Gli autori antichi e la stessa liturgia parlano anche dei cori angelici (nove, secondo Dionigi l'Areopagita). La teologia, specialmente quella patristica e medievale, non ha rifiutato queste rappresentazioni cercando invece di darne una spiegazione dottrinale e mistica, ma senza attribuirvi un valore assoluto. San Tommaso ha preferito approfondire le ricerche sulla condizione ontologica, sull'attività conoscitiva e volitiva e sulla elevazione spirituale di queste creature puramente spirituali, sia per la loro dignità nella scala degli esseri, sia perché in loro poteva meglio approfondire le capacità e le attività proprie dello spirito allo stato puro, traendone non poca luce per illuminare i problemi di fondo che da sempre agitano e stimolano il pensiero umano: la conoscenza, l'amore, la libertà, la docilità a Dio, il raggiungimento del suo regno. 

4. Il tema cui abbiamo accennato potrà sembrare "lontano" oppure "meno vitale alla mentalità dell'uomo moderno. Eppure la Chiesa, proponendo con franchezza la totalità della verità su Dio Creatore anche degli angeli, crede di recare un grande servizio all'uomo. L'uomo nutre la convinzione che in Cristo, Uomo Dio, è lui (e non gli angeli) a trovarsi al centro della divina rivelazione. Ebbene, l'incontro religioso con il mondo degli esseri puramente spirituali diventa preziosa rivelazione del suo essere non solo corpo ma anche spirito, e della sua appartenenza a un progetto di salvezza veramente grande ed efficace, entro una comunità di esseri personali che per l'uomo e con l'uomo servono il disegno provvidenziale di Dio. 

5. Notiamo che la Sacra Scrittura e la Tradizione chiamano propriamente angeli quegli spiriti puri che nella fondamentale prova di libertà hanno scelto Dio, la sua gloria e il suo regno. Essi sono uniti a Dio mediante l'amore consumato che scaturisce dalla beatificante visione, faccia a faccia, della santissima Trinità. Lo dice Gesù stesso: "Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli" (Mt 18, 10). Quel "vedere sempre la faccia del Padre" è la manifestazione più alta dell'adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella "liturgia celeste", compiuta a nome di tutto l'universo, alla quale incessantemente si associa la terrena liturgia della Chiesa, specialmente nei suoi momenti culminanti. Basti qui ricordare l'atto col quale la Chiesa, ogni giorno e ogni ora, nel mondo intero, prima di dare inizio alla preghiera eucaristica nel cuore della santa Messa, si richiama "agli angeli e agli arcangeli" per cantare la gloria di Dio tre volte Santo, unendosi così a quei primi adoratori di Dio, nel culto e nell'amorosa conoscenza dell'ineffabile mistero della sua santità. 

6. Sempre secondo la rivelazione, gli angeli, che partecipano alla vita della Trinità nella luce della gloria, sono anche chiamati ad avere la loro parte nella storia nella salvezza degli uomini, nei momenti stabiliti dal disegno della divina Provvidenza. "Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?", domanda l'autore della Lettera agli Ebrei (Eb 1, 14). E questo crede e insegna la Chiesa, in base alla Sacra Scrittura dalla quale apprendiamo che compito degli angeli buoni è la protezione degli uomini e la sollecitudine per la loro salvezza. Troviamo queste espressioni in diversi passi della Sacra Scrittura, come ad esempio nel Salmo 90 già più volte citato: "Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede" (Sal 90, 11-12). Gesù stesso, parlando dei bambini e ammonendo di non dar loro scandalo, si richiama ai "loro angeli" (Mt 18, 10); attribuisce inoltre agli angeli la funzione di testimoni nel supremo giudizio divino sulla sorte di chi ha riconosciuto o ha rinnegato il Cristo: "Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio" (Lc 12, 8-9). Queste parole sono significative perché se gli angeli prendono parte al giudizio di Dio, sono interessati alla vita dell'uomo. Interesse e partecipazione che sembrano ricevere una accentuazione nel discorso escatologico, nel quale Gesù fa intervenire gli angeli nella parusia, ossia nella definitiva venuta di Cristo alla fine della storia (cf. Mt 24, 31; 25, 31. 41). 

7. Tra i libri del Nuovo Testamento, sono specialmente gli Atti degli apostoli che ci fanno conoscere alcuni fatti che attestano la sollecitudine degli angeli per l'uomo e per la sua salvezza. Così, quando l'angelo di Dio libera gli apostoli dalla prigione (cf. At 5, 18-20)e prima di tutto Pietro, che era minacciato di morte dalla mano di Erode. (cf. At 12, 5-10) O quando guida l'attività di Pietro nei riguardi del centurione Cornelio, il primo pagano convertito (cf. At 10, 3-8; 11, 12-16), e analogamente l'attività del diacono Filippo lungo la via da Gerusalemme a Gaza. (cf. At 8, 26-29) 

Da questi pochi fatti citati a titolo esemplificativo, si comprende come nella coscienza della Chiesa abbia potuto formarsi la persuasione sul ministero affidato agli Angeli in favore degli uomini. Perciò la Chiesa confessa la sua fede negli angeli custodi, venerandoli nella liturgia con una festa apposita, e raccomandando il ricorso alla loro protezione con una preghiera frequente, come nell'invocazione dell'"Angelo di Dio". Questa preghiera sembra fare tesoro delle belle parole di san Basilio: "Ogni fedele ha accanto a sé un angelo come tutore e pastore, per portarlo alla vita" (Adversus Eunomium, III,1; si veda anche san Tommaso, Summa Theologiae, I, q. 11, a. 3). 

8. È infine opportuno notare che la Chiesa onora con culto liturgico tre figure di angeli, che nella Sacra Scrittura sono chiamati per nome. Il primo è Michele arcangelo (cf. Dn 10, 13. 20; Ap 12, 7; Gd 9). Il suo nome esprime sinteticamente l'atteggiamento essenziale degli spiriti buoni. "Mica-El" significa infatti: "Chi come Dio?". In questo nome si trova dunque espressa la scelta salvifica grazie alla quale gli angeli "vedono la faccia del Padre" che è nei cieli. Il secondo è Gabriele: figura legata soprattutto al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio. (cf. Lc 1, 19-26) Il suo nome significa: "la mia potenza è Dio" oppure "potenza di Dio", quasi a dire che, al culmine della creazione, l'incarnazione è il segno supremo del Padre onnipotente. Infine il terzo arcangelo si chiama Raffaele. "Rafa-El" significa: "Dio guarisce". Egli ci è fatto conoscere dalla storia di Tobia nell'Antico Testamento (cf. Tb 12, 15 ss), così significativa circa l'affidamento agli angeli dei piccoli figli di Dio, sempre bisognosi di custodia, di cura e di protezione. 

A ben riflettere si vede che ciascuna di queste tre figure - Mica-El, Gabri-El, Rafa-El - riflette in modo particolare la verità contenuta nella domanda sollevata dall'autore della Lettera agli Ebrei: "Non sono forse essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?" (Eb 1, 14).

martedì 26 maggio 2015

cos'è l'amore?

L’amore è una conseguenza del risveglio della consapevolezza.

E’ come la fragranza di un fiore.

Man mano che diventarai sempre di più un loto di consapevolezza aperto, rimarrai sorpreso, sconcertato da un’ esperienza incredibile, che può solo essere definita “AMORE”.

Sei così pieno di gioia, di estasi che ogni fibra del tuo essere sta danzando beatitudine.

Quando la tua beatitudine straripa, in te sorge una fortissima aspirazione:
CONDIVIDERLA. Quella condivisione è AMORE.
L’amore non è qualcosa che ottieni da qualcuno che non ha raggiunto la beatitudine.

Tu non puoi amare perché non sai che cosè la consapevolezza.

Tu non conosci l’esperienza del divino, non ne conosci la fragrante bellezza.
Che cosa hai da dare tu?
Sei così vuoto, così povero…nel tuo essere, così egoriferito, centrato su di te…nel tuo essere non cresce nulla, non c’è niente di verde.

Dentro di te non ci sono fiori, non ci sono rose, la tua primavera non è ancora arrivata.
Non voglio ferirti, ma non ho alternative, devo dirti la verità. Tu, non sai che cosè l’amore, non lo puoi sapere perché non sei ancora andato in profondità nella tua consapevolezza. Non hai fatto alcuna esperienza di te stesso, non sai minimamente chi SEI. In questa cecità, in questa ignoranza, in questa inconsapevolezza, l’amore non può svilupparsi, non può CRESCERE.
Stai vivendo in un deserto. In questo deserto, in questa oscurità, in compagnia del tuo solo ego, è impossibile che l’amore fiorisca e cresca: magari può bussare alla tua porta, può mettere un seme, ma nell’ego il fiore dell’amore non può crescere.
Prima di tutto dovrai essere pieno di luce. Quell’energia straripante è amore. Allora saprai che l’amore è l’energia più perfetta del mondo.
Ma la nostra educazione è così nevrotica, così psicologicamente malata, da distruggere ogni possibilità di crescita interiore e di coppia.
Fin dall’inizio ti è stato insegnato ad essere un perfezionista, e per questo applichi le tue idee perfezioniste a qualsiasi cosa, persino all’amore, persino alla tua compagna e la rapporto con lei che desideri sia “perfetto”.
Tutti stanno cercando di essere perfetti, e quando qualcuno cerca di essere perfetto, comincia ad aspettarsi che tutti gli altri lo siano. L’uomo non può essere perfetto. Se un uomo non sperimenta qualcosa del divino, non può conoscere la perfezione.
Quando dici a qualcuno: “TI AMO”, hai mai pensato che cosa vuol dire??? E’ solo un’infatuazione biologica tra due sessi? Se è così, una volta che avrai soddisfatto il tuo appetito animale, una volta che sarà terminata la fase iniziale di attrazione, tutto il tuo cosiddetto amore, scomparirà.
Non era altro che fame, fame del tuo ego: ora l’hai saziata ed è tutto finito. 

La stessa donna che sembrava la più bella del mondo, lo stesso uomo che sembrava Alessandro Magno…adesso cominci a pensare come liberartene.
Sarà illuminante comprendere questa lettera di Patrizio alla sua amata Marzia:

Mia cara Marzia,
per il tuo amore scalerei la montagna più alta e nuoterei nell’oceano più tempestoso. Affronterei ogni difficoltà per stare un momento con te al tuo fianco.
Tuo devotissimo Patrizio.

P. S. verrò a trovarti venerdì sera, se non piove.
Quando dici a qualcuno “TI AMO”, non sai cosa stai dicendo. Non sai che è solo una parte del tuo ego che vuole gratificazione, cibo e riconoscimento dall’altro. Il più delle volte, per molti esseri umani è qualcosa di poco profondo e così…scomparirà!
L’amore non è delle persone inconsapevoli di cui è pieno il mondo. Solo pochissime persone conoscono il significato profondo dell’amore, ma si tratta delle vette più elevate, più risvegliate, di coloro che sono vicini al Dio dentro di sé, a coloro che hanno avuto l’esperienza del divino.

Se davvero dunque vuoi conoscere l’amore, prima ricorda la meditazione.
Se vuoi portare rose nel tuo giardino, prenditi cura del roseto che è nel tuo cuore.
Nutrilo, annaffialo, controlla che riceva la giusta quantità di sole e di acqua. Se hai pensato a tutto, al momento giusto le rose spunteranno. Non puoi costringerle a spuntare in anticipo, né puoi chiedere a un cespuglio di rose di essere più perfetto.
Hai mai visto una rosa che non sia perfetta?
Casa vuoi di più?
Ogni rosa nella sua unicità è perfetta.
Non riesci a vedere la sua infinita bellezza?
L’amore è una rosa nel tuo essere, ma devi preparare il terreno, scaccia la tua oscurità, il tuo ego, l’inconsapevolezza. Diventa sempre più attento e consapevole, curando il tuo giardino e l’amore arriverà, ed ogni volta che arriva, è sempre perfetto.
L’amore è un’esperienza spirituale, non ha nulla a che vedere con i sessi e con i corpi o con la personalità, perché riguarda l’essere più profondo. Ma tu non sei mai entrato nel tuo tempio. Non conosci te stesso. Conosci te stesso e l’amore arriverà come una ricompensa. E’ una ricompensa dell’aldilà. E’ come una pioggia di fiori, ed è una pioggia senza fine, che porta con sé un fortissimo desiderio di condividere.
Innanzitutto sii ricolmo d’amore, poi la condivisione accadrà. Ma se il tuo cuore è vuoto, non ci sarà mai spazio per la condivisione con l’altro.
Ci sono fiori dell’amore che sbocciano solo dopo una lunga intimità: più lungo è il tempo impiegato, più l’amore va in profondità.
Ma deve essere un impegno di un cuore verso un altro cuore.

Per una mente ordinaria, ciò che io chiamo amore è impossibile.
Accade solo quando hai un essere molto integro.

L’amore non è una favola, non ha niente a che vedere con simili stupidaggini. Va direttamente alla persona e guarda dentro la sua anima.
In quel caso, l’amore è una sorta di affinità con l’essere più intimo dell’altro, al di là della sua personalità…il che è totalmente diverso.

Tutte le storie d’amore , dovrebbero, svilupparsi in questo modo, ma su 100 storie d’amore, 99 non arrivano MAI a quel punto.
I problemi e le difficoltà, sono così grandi da distruggere ogni cosa. Se l’amore è autentico, sopravviverà a tutte le difficoltà.
Ma il punto non è l’amore, il punto è la tua consapevolezza: 
quella difficoltà di coppia, potrebbe essere una situazione grazie alla quale la tua consapevolezza aumenterà e diventerai più attento a te stesso: con una consapevolezza migliore, anche l’amore cambia qualità. Quindi, qualsiasi cosa accada, si dovrebbe essere aperti ed usare la consapevolezza, così facendo migliori te stesso e migliora la relazione: si cresce.

Quando entri in una relazione, cominci a darla per scontata. La donna pensa di conoscere l’uomo e l’uomo pensa di conoscere la donna: in realtà, nessuno dei due conosce veramente l’altro. E’ impossibile, è dare per scontato l’altro, dirgli che lo conosci perfettamente, significa insultarlo, mancargli di rispetto.
Come puoi conoscere la tua donna? Come puoi conoscere il tuo uomo? Sono esseri in continua evoluzione, non sono cose! La donna che hai conosciuto ieri, oggi non cè più. Nel Gange è fluita moltissima acqua: 
quella donna è un’altra, è una persona totalmete diversa, ricomincia daccapo! Non dare niente per scontato, cè ancora tanto da scoprire. 

E tu al mattino, guarda il viso dell’uomo con il quale hai dormito la notte scorsa. Non è più la stesa persona, in lui sono avvenuti tantissimi cambiamenti, al punto da essere incalcolabili.
Questa è la differenza tra una persona ed una cosa.
L’arredamento nella tua camera è rimasto immutato, ma l’uomo e la donna non sono più gli stessi.

Continua ad esplorare, comincia daccapo!

Questo è ciò che intendo quando dico relazionarsi all’altro, di essere in contatto con lui.

Relazionarsi all’altro significa che ricominci sempre daccapo, tenti continuamente di familiarizzare con lui. Ancora e di nuovo vi presentate, tentate di vedere tutte le sfaccettature della personalità dell’altro. Cerchi continuamente di penetrare sempre più in profondità nei regni interiori dell’altro, nei recessi più intimi del suo essere, senza lasciarsi spaventare dalle sue parti ombra, che pure saranno soggette a cambiamenti se le si vivono con consapevolezza.

Questa è la gioia dell’amore: l’ESPLORAZIONE DELLA CONSAPEVOLEZZA.

Se entri davvero in contatto con l’altro, e non riduci questo relazionarsi ad una relazione superficiale, per te 
l’altro diventa uno specchio. Mentre esplori lui, inconsciamente esplori anche te stesso.
Mentre vai in profondità nell’altro e conosci i suoi sentimenti, le sue parti ombra, le sue emozioni e paure più profonde, conosci anche le tue.

Ciascun amante diventa lo specchio per l’amato: in questo caso, l’amore diventa meditazione.

Per questo ti dico. Entra davvero in contatto con l’altro. Continua a cercare e a investigare l’uno nell’essere dell’altro per trovare nuovi modi di stare insieme, nuovi modi per amarvi.
Ma le comuni persone di solito, si fermano davanti alle difficoltà di coppia. Avere paura dell’amore , avere timore delle pene che ti fanno crescere, significa rimanere imprigionati nella tua cella oscura.

Una relazione è uno specchio: solo l’altro di dà la possibilità di specchiart.: Senza conoscere e relazionarti profondamente con l’altro, non conoscerai mai te stesso. L’amore è fondamentale per la conoscenza di sé, colui che non ha conosciuto l’altro all’interno di un amore profondo, di una passione intensa, non sarà neppure in grado di conoscere se stesso, perché non avrà uno specchio in cui vedere il proprio riflesso: e a volte, 
il proprio riflesso, fa paura. L’altro riflette il tuo Ego, e lasciar cadere l’ego è molto doloroso, ed è per questo che molti scappano dalla relazione: in realtà proteggono il loro ego che non vuole cambiare! 
L’amore crea problemi e tu puoi evitarli cercando di sfuggirlo. Ma questi problemi sono fondamentali! Devono essere guardati in faccia, affrontati, devi penetrali a fondo poiché l’altro è il tuo specchio e scappando dall’altro, stai solo scappando da te stesso!
L’amore è il fine, ogni altra cosa è solo uno strumento, un mezzo; quindi entra nell’amore, anche se il dolore che lo accompagna è intenso.

Se non percorri questo sentiero, cosa che molta gente ha deciso di fare, rimarrai fissato in te stesso; in questo caso a tua vita non sarà un fiume che scorre verso l’oceano, sarà una pozza stagnate. Se vuoi rimanere limpido e puro, devi continuare a fluire. Coloro che non amano diventano ottusi e stagnanti, la loro vita si è inaridita.

Per questo ti dico entra in contatto con l’altro. Continuate a cercare e a investigare l’uno nell’essere dell’altro per trovare nuovi modi di amarvi, per trovare nuovi modi di stare insieme.
Ogni persona è un mistero incredibile, infinito, inesauribile e inestinguibile, al punto che è impossibile poter dire un giorno:” Ormai la conosco”.
Di fatto più conosci l’altro, più l’altro diventa un mistero. In questo caso, l’amore è una continua avventura.

Quando dici a una donna o ad un uomo: “TI AMO”, stai semplicemente dicendo: “Non posso farmi ingannare dal tuo corpo e dalla tua personalità, ti ho visto. Il corpo potrebbe diventare vecchio, la personalità cambia mano a mano che cresce la consapevolezza, ma io ti ho visto, ho visto la parte incorporea di te.
“Ho visto la parte più profonda di te, quella divina.” 

L’attrazione è superficiale, l’innamoramento può finire se c’è solo attrazione.

L’amore, penetra al centro stesso della persona, riesce a guardare la sua anima. Tocca la sua anima.

Questa è la differenza tra l’attrazione e l’amore: l’attrazione è materiale, 
il vero l’amore è spirituale. 

(Osho)

lunedì 25 maggio 2015

i numeri e le sacre scritture

 Le Sacre Scritture, oltre ai Vangeli, gli Atti degli Apostoli e le Lettere, che compongono il canone del Nuovo Testamento in 27 libri, ne comprendono altri 46 del Vecchio Testamento, e possiamo chiamare Bibbia tutto l’assieme, nome col quale si volle designare il Libro dei Libri  per eccellenza, visto che si definisce come deposito della Parola divina Rivelata.
Nella Bibbia vi sono molteplici aspetti da scoprire e per la sua interpretazione bisogna cogliere l’aspetto letterario, simbolico, allegorico, storico, teologico. Non approfondirò tutti gli aspetti che naturalmente altri fanno meglio di me e ai quali rimando, ma mi è sembrato prioritario dare un significato ai Numeri che siincontrano, perché essi rappresentano una delle chiavi di lettura della Bibbia. Resterebbero altrimenti incomprensibili certe età simboliche, in cui avvengono fenomeni naturali altrimenti inspiegabili se non con l’intervento divino, oppure potremmo cadere nella trappola di pensare che l’età media fosse di 300 o 900 anni, sia perché non si moriva in quanto dono preternaturale di Dio, che non era ancora offeso dal peccato di Adamo, sia perché il computo degli anni era basato su un calendario (sic) diverso dal nostro.
Uno 1: è il numero che sta ad indicare Dio. Nelle tavole della legge il comandamento che formula “Io sono il Signore Dio tuo” è il  1, il primo in assoluto, quello che impone l’assolutezza di Dio al popolo eletto, al quale viene così comandato di non essere idolatro con il 2° comandamento “non avrai altro Dio fuori di me”.Nel Nuovo Testamento, Gesù, parlando ai suoi dice “che lui e il Padre sono Uno, così come una sola cosa saranno i suoi discepoli con lui e quindi col Padre. (Gio 17, 2).
Due 2: è il numero del dualismo, della contrapposizione, della coppia degli opposti. Il secondo giorno Dio separò le acque della terra dalle acque del firmamento; due fratelli si oppongono fra loro, unoCaino, diventa omicida; due sono i testimoni necessari  per mettere a morte una persona, la vita contro la morte; due è il simbolo del binomio degli opposti che sempre usiamo parlando della nostra religione, il peccato e la grazia, il sacro e il profano, il puro e l’impuro.
Tre 3: è il simbolo della perfezione, della completezza, che condivide con il 7 e il 10. Tre sono le persone della Trinità, espressione perfetta della relazione amorosa e ordinata che si esplica dal Padre al Figlio per mezzo dello Spirito. Ma Dio è uno, e solo con tale relazione si esercita la sua Trinità, e poiché la forma più alta di relazione è l’amore, ecco come possiamo definire esattamente Dio, come amore sussistente. In Genesi Abramo riceve la visita di tre viandanti, sono i messaggeri di Dio che vengono ad annunciare definitivamente la nascita di Isacco. Si è voluto vedere a posteriori questa triplice presenza presso la tenda di Abramo, come una manifestazione della Trinità di Dio, ma mi sembra una oggettiva forzatura vista la refrattarietà, almeno teorica, di Israele al politeismo, così come poteva intendersi all’epoca della stesura dei libri sacri. La Resurrezione che avviene il terzo giorno, non contiene indicazioni per il triduo pasquale, anche perché non sono effettivamente tre giorni dalla morte alla resurrezione, ma il numero tre indica la vita completa e nuova, di cui Gesù si riveste, la sua pienezza di vita trasformata ed eterna per qualità oltre che per durata.
Quattro 4: è il numero che indica l’universo, il mondo, poiché quattro sono gli angoli della terra, quattro i venti principali, quattro i punti cardinali. Nel vangelo (Gio 19, 28) dopo che Gesù è messo in croce, i soldati si dividono le vesti in quattro parti, che è il simbolo del messaggio di Gesù che viene propagato al mondo pagano, poiché le vesti rappresentano la personalità del proprietario e le sue idee, e giocano a dadi per tirare a sorte la tunica, che era cucita dall’alto, e non si poteva tagliare. La tunica è la vita che viene da Dio, cucita dall’alto, e quella non può essere in nessun modo scalfita.
Cinque 5: è il numero che assieme ai suoi similari con gli zeri, 50, 500, 5000, sottende l’azione dello Spirito divino. È entrato nella simbologia dell’eucaristia, perché cinque furono i pani con i due pesci che Gesù condivise alla folla affamata, cinquemila il numero delle persone presenti all’evento, sedute e sistemate a gruppi di 50. Cinque sono infine i lati dei tabernacoli che custodiscono le ostie consacrate. Cinquanta sono i giorni dopo l’ascensione in cui lo Spirito Paraclito scende sugli Apostoli e su Maria (Pentecoste).
Sei 6: il numero della creazione dell’uomo in Genesi “il sesto giorno Dio creò l’uomo”. Rappresenta l’incompletezza, l’imperfezione, poiché incompleto e imperfetto è l’essere creato rispetto al suo creatore. In quanto essere finito e creato, l’uomo è soggetto alle leggi del tempo, alla necessità della natura, e alla sua forza che si esplicano condizionandolo e legandolo alle tre catene della riproduzione, del cibo e della socialità. Ma poiché in lui trova espressione e forza di emergere anche la natura spirituale, non in forza di una sua provenienza divina, ma per l’evolversi dell’energia in surplus di cui siamo costituiti, questa si manifesta nello spirito e nella libertà che ci contraddistingue dagli altri esseri animati e non. Lo spirito, dunque, con la libertà fa dell’uomo la punta più elevata dell’evoluzione della vita nell’universo conosciuto. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù muore il 6° giorno, perché con la sua morte si completa la creazione dell’uomo vecchio e viene ricreato l’uomo Nuovo, che nell’amore di Cristo trova la sua massima espressione e somiglianza con Dio. La nuova creazione continua così attraverso la vita di Gesù, l’uomo nuovo adesso ha la strada tracciata per raggiungere la sua pienezza di vita, accogliendo l’amore di Dio e trasmettendolo ai suoi simili.  Nel giuoco dei simbolismi col numero Sei, ripetuto tre volte, viene indicata anche la Bestia, simbolo della massima imperfezione al suo stadio di completezza, 666 serve ad indicare Satana, ed è un numero che credenze e superstizioni hanno reso molto familiare.
Sette 7: è il numero divino perché riferito al riposo di Dio dopo la creazione “il 7° giorno si riposò”. Il giorno del Sabato era il 7° giorno nel calendario ebraico,  ed era il giorno che la legge rendeva sacro e inviolabile, dove non era consentita nessuna attività, pena l’inosservanza di tutta la Legge. Il numero 7 si trova con grande frequenza nelle Sacre Scritture, 600 volte, e ogni volta indica un’azione che si compie per volontà divina: Gerico cade dopo che si sono suonate 7 trombe per 7 giorni , e si è girato 7 volte attorno alle sue mura. Completa col  3 e il  1 la triade dei numeri divini: assolutezza, perfezione, completezza, tre affermazioni per la natura divina.
Otto 8: l’ottavo giorno, il primo dopo il settimo, e non è una banalità, perché così spesso viene chiamato, è il giorno della Resurrezione, perché è il giorno successivo al sabato che il sepolcro si scopre vuoto, e possiamo dire che lo era sempre stato. Otto diventa simbolo della nuova vita, la vita trasformata, eterna a cui Cristo ci destina, avendoci mostrato Lui uomo come noi che la morte non ha l’ultima parola, è il giorno della nuova Creazione, dove Cristo è il primogenito. Quindi non più Adamo, ma Cristo è l’uomo nuovo ricreato dall’amore. Ecco perché i battisteri hanno la forma ottagonale, perché col battesimo l’uomo rinasce a nuova vita e si prepara ad entrare a fare parte della comunità di Cristo che lo accoglie nella chiesa.
La Resurrezione cancella quello che prima era importante nel calendario ebraico, cioè il giorno del ricordo dell’alleanza con Yahwe che veniva sancito dal cruento atto della Circoncisione. Ogni nato maschio venivaportato al tempio e lì veniva circonciso in ricordo dell’Antico Patto. Adesso è la Resurrezione di Cristo che ci fa prima di tutto credenti e facenti parte del suo Regno accogliendone il messaggio. Ma l’esperienza della Resurrezione non è un evento da considerare concluso e avvenuto solo una volta  in quel tempo, ma è una esperienza che ognuno di noi deve fare e può fare incontrando Gesù sul monte di Galilea (Mt 28, 3). Proprio dove Gesù proclamò le Otto Beatitudini, Matteo dice che gli apostoli si diressero su indicazione del Risorto per incontrarlo, ed è lì che la comunità dei credenti è chiamata spiritualmente a fare il suo incontro con Gesù, mettendo in pratica le Beatitudini che altro non sono che la nuova Legge dell’amore: “amatevi come io vi ho amato”.
Nove 9: il numero che indica mancanza, incompletezza, e ad esso è associato il desiderio, che la Legge mosaica condanna: non desiderare la roba degli altri, ove il mancato possesso è vissuto come peccato. Abramo aveva ricevuto la promessa di Dio di essere patriarca di un popolo, e a 99 era senza figli. Il massimodella incompletezza, l’assenza di un figlio rende l’uomo manchevole di quella che era considerata una benedizione divina. Come può un uomo, che non è padre, diventare patriarca di un popolo? Dio mantiene la promessa e Abramo ottiene da Sara il figlio Isacco. Adesso non sono più 99 gli anni di Abramo ma 100, espressione della benedizione e della grazia di Dio. Nel vangelo, l’ora nona è l’ora della morte di Gesù, il momento in cui Egli avverte il senso dell’abbandono e della mancanza di benedizione da parte del Padre, ma è anche l’ora in cui rimette lo Spirito e sta ad indicare quindi che tutto finisce. Il 9 è il numero che chiude un ciclo, il termine di una fase in cui tutto si completa.
Dodici 12: rappresenta il totale delle tribù che costituivano il numero del popolo di Israele, così come originariamente sono discesi dai 12 figli di Giacobbe, che ebbe cambiato il nome proprio in Israele, i quali figli ebbero il possesso di ognuna delle 12 tribù fondanti del popolo ebraico. Dodici è anche il numero degli apostoli, i collaboratori più intimi di Gesù nella sua missione terrena. Dodici  è il numero delle ceste di scorte di cibo che sopravanzò dopo che si sfamarono 5000 persone, in rappresentanza delle 12 tribù di Israele. (Mc6, 43).
Quaranta 40: è il numero che indica una generazione, ma anche una vita. Sono 40 gli anni passati a girovagare nel deserto in Esodo. Sono 40 i giorni nel deserto trascorsi da Gesù dopo il battesimo, a ricordo di questo importante episodio nella storia del popolo ebraico. Sono 40 i giorni in cui Cristo Risorto si mostra ai suoi a simboleggiare come per tutta la vita presente e futura egli sarà in mezzo a noi, presente in Spirito. 
Settanta 70: è il numero che indica le nazioni pagane, in opposizione alle 12 tribù di Israele. Indica anche il numero dei discepoli che in parallelo ai primi 12 furono inviati da Gesù stesso a predicare nel mondo pagano, fuori dalla Terra Promessa (Lc 10,1).
Cento 100: è il numero della benedizione di Dio, che indica la ricompensa che ognuno riceverà in più rispetto a quello che ha donato. La spiga che porta 100 chicchi di grano è grazia di Dio: Abramo che diventa padre di Isacco a 100 anni è il segno della massima benedizione di Yahwe. Qualunque numero moltiplicato cento sta a significare una particolare condizione di favore divino.
Mille 1000:  è il numero del tempo divino, quello in cui Dio realizza i suoi progetti. Sta ad indicare perciò un periodo storico lungo fuori dalla contabilità umana.
Centoquarantaquattromila 144000: in Apocalisse è il numero dei salvati, che sembrano pochi e secondo le sette catastrofiste, che prendono alla lettera le scritture, effettivamente lo è. Ma se si considera che la cifra è ottenuta moltiplicando 12 (numero delle tribù di Israele) per 12 (il numero degli apostoli che portano a compimento il disegno di Dio in tutto il mondo) per 1000 ( che è il tempo in cui Dio realizza il suo progetto di salvezza) ecco che tale cifra a prima vista irrisoria, racchiude invece il progetto della salvezza di tutta l’umanità. 

Ecco questi sono i significati principali dei numeri che con maggiore frequenza si incontrano nelle Sacre Scritture. Possiamo così cominciare a districarci tra cifre a prima vista illogiche che invece hanno ricchi significati simbolici e teologici, perché nella Bibbia anche le virgole hanno grande significato. A maggior ragione i Numeri, che, dice la scienza ebraica, sono di diretta derivazione divina e quindi hanno anche un misterioso significato sacro.

giovedì 21 maggio 2015

potere temporale e spirituale

L'espressione potere temporale si usa di solito in riferimento al periodo storico in cui il Papa, oltre ad essere sommo pontefice della Chiesa cattolica, è stato anche sovrano dello Stato Pontificio (752-1870). Il termine "temporale" indica il governo degli uomini (oggi definito "potere politico"). Il termine viene Nell'alto medioevo la potestas spirituale era riconosciuta, oltre che al papa, a tutti i vescovi; inoltre gli esponenti dell'episcopato furono spesso i detentori di fatto del potere secolare nei territori da loro amministrati. Lo dimostra l'importanza che poi assunse, tra XI e XII secolo, la cosiddetta "lotta per le investiture", ovvero il conflitto tra sede romana impero per la scelta dei vescovi e quindi, di riflesso, il controllo delle sedi ecclesiastiche, ritenute essenziali per il controllo dei territori e l'esercizio della giurisdizione. Nello stesso Stato Pontificio, l'effettivo potere dei papi, anche dopo le donazioni carolinge, rimase comunque circoscritto al solo territorio dell'antico ducato romanoNel corso dei secoli XII e XIII, invece, si realizzò un processo di accentramento che si concluse con l'attribuzione al solo pontefice della plenitudo potestatis (pienezza del potere). L'azione di riforma fu avviata da Gregorio VII (Dictatus papae, 1075) ed ebbe come protagonista Innocenzo III (1198-1216). Gregorio VII concepì ed implementò la nuova struttura, accentrata, della Chiesa, che comportava la dipendenza da Roma di tutti i vescovi. Il modello era l'ordine celeste: come Cristo è origine di ogni potestas (in quanto Dio) e, al tempo stesso, titolare di essa in quanto uomo, così il suo vicario in Terra esercita una piena potestà, sia spirituale che secolare. I due poteri rimangono concettualmente distinti, ma sono riuniti entrambi nella persona del pontefice. Egli può delegare l'esercizio del potere secolare all'imperatore (potestas indirecta) e ai re, attraverso la loro legittimazione con la cerimonia dell'incoronazione, salvo revocare la delega e rientrare in possesso dei pieni poteri in seguito a comportamenti in contrasto con il Magistero della Chiesa.  Nell'epoca moderna il potere temporale permise alla Chiesa cattolica di conservare l'unità e l'indipendenza, soprattutto nei confronti di Paesi vicini che avrebbero potuto strumentalizzare la protezione militare che offrivano alla Chiesa, e quindi esercitare su di essa un controllo o un vero dominio. In effetti, le Chiese ortodosse e le Chiese protestanti (compresa la Chiesa anglicana), che non hanno mai esercitato un dominio diretto su un territorio, si sono spesso frammentate nel corso dei secoli in chiese nazionali, subordinate all'autorità civile. Anche la Chiesa cattolica, comunque, nel corso della sua storia millenaria, subì l'influenza di svariate potenze politiche e statali. Lo Stato della Chiesa era nato dopo la fine del dominio bizantino in Italia, per effetto delle donazioni carolinge (VIII secolo). Fin dalla sua origine il papato strinse un'alleanza con il Regno di Francia; il rapporto durò oltre un millennio, protraendosi fino al 1870. Il re di Francia esercitò una lunga influenza sulle scelte del papato, alternando momenti di ingerenza a fasi di minore influenza. Tra le stagioni di ingerenza va citata la cosiddetta "cattività avignonese" (XIV secolo), quando papa Clemente V, francese, ed i successori, decisero di stabilire la propria sede ad Avignone, nel Contado Venassino. Il territorio era formalmente autonomo dal Regno di Francia, ma di fatto il re francese poté esercitare la propria influenza sulle scelte del papato. Lo Stato Pontificio ebbe termine il 20 settembre 1870: quel giorno l'esercito italiano entrò in Roma (Presa di Roma) conquistandola e annettendo lo Stato della Chiesa (ridotto al solo Lazio) al Regno d'Italia. Papa Pio IX si ritirò nel palazzo del Vaticano e si dichiarò prigioniero. Quasi annullato con la legge delle guarentigie (1871), il potere temporale del papato trovò nuova configurazione nei Patti lateranensi (1929), che istituirono lo Stato della Città del Vaticano. giustapposto a "potere spirituale", ovvero governo delle anime.  S. Gregorio VII (1073-1085) combatté contro la simonia e il nicolaismo (cioè il concubinato dei sacerdoti) per riformare la Chiesa. La lotta per le investiture, nella quale ebbe come acerrimo nemico limperatore Enrico IV, offrì al Papa loccasione per continuare a dedurre dai princìpi cristiani la dottrina dei rapporti tra Chiesa e Stato. Limperatore fu scomunicato nel 1076.La sentenza coglie direttamente lordine temporale e politico; gli anatemi spirituali vengono in ultimo luogo: il principe indegno è
dichiarato decaduto e i suoi sudditi sono sciolti dall’obbedienza; il verdetto
è pronunciato nel nome dell’autorità spirituale del Pontefice romano e in virtù del potere dilegare e sciogliere che ha ricevuto da Cristo.
“Gregorio ebbe la convinzione di essere responsabile, dal punto di vista spirituale, della salvezza del mondo, perché successore di Pietro e cioè del Principe degli Apostoli.
Gesù aveva detto a Pietro Pasci i miei agnelli; secondo Gregorio (e il buon senso) anche i re fanno parte del gregge di Cristo, affidato a Pietro e ai suoi successori. Come pure il potere di legare e sciogliere riguarda tutti, anche i re: il potere del Papa, al pari di quello di Pietro, è di origine divina.
Nel Dictatus Papae (1075) sul potere dei pontefici, S. Gregorio VII, aveva raccolto in 27 proposizioni la sua dottrina sul potere papale; di queste proposizioni 22 sono di natura teologica e affermano il primato della Chiesa romana e del Vescovo di Roma; le altre cinque (8ª;9ª;12ª;19ª;27ª) si riferiscono alle relazioni tra Papa e imperatore e
sono lespressione concreta della teologia ierocratica gregoriana: 8ª) solo il Papa può usare le insegne imperiali;
9ª) tutti i principi devono baciare i piedi solo al Papa;
12ª) il Papa può deporre l’ imperatore;
19ª) nessun uomo può giudicare il Papa;
27ª) il Papa può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso i principi iniqui.
Nella prima lettera a Ermanno, Vescovo di Metz (25 agosto 1076),S. Gregorio VII pone chiaramente le basi sulle quali si fonda la supremazia del papato sullimpero. La sua fonte principale è S. Ambrogio,secondo il quale il sacerdozio è tanto più nobile del potere temporale quanto l’oro lo è del piombo; l imperatore è nella Chiesa e non sopradi
Essa; quindi anche le sue cattive azioni debbono e possono essere censurate dalla Chiesa. S. Gregorio parla anche di deposizione del re da parte del Papa e passa così dalla
supremazia teorica a quella pratica.
Nella prima scomunica e deposizione di Enrico IV (22 febbraio 1076), S. Gregorio si rivolge a S. Pietro e dice:per tua grazia mi è stata data da Dio la potestà di legare e sciogliere in cielo e in terra. Basandomi su questa certezza [...], in nome di Dio onnipotente, [...] io tolgo a Enrico [...] il potere su tutta Italia e Germania, e sciolgo tutti i cristiani dal vincolo del giuramento [...], e proibisco che alcuno lo serva come re. [...] Agendo in tua vece io lo scomunico [...], perché le genti sappiano e vedano che Tu sei Pietro e su questa pietra il Figlio di Dio edificò la sua Chiesa [...]. Nel 1080 la sentenza pontificia diventa definitiva. Il testo afferma chiaramente che l autorità spirituale del Papa implica un vero potere nellordine temporale. Sempre rivolgendosi a San Pietro, Gregorio VII dice: «Gli tolgo ogni potere e dignità regale... Che tutti capiscano che, se “potete sciogliere e le- gare in cielo”, a maggior ragione potete togliere o concedere, sulla terra, i poteri, i regni, gli imperiin base ai meriti».
Daltronde questa dottrina era già stata formulata da Gregorio VII cinque anni prima nelDictatus Papae, nelle proposizioni 12 e 27: Il Papa può deporre l’imperatore e può sciogliere i sudditi dall’ obbedienza ai principi iniqui. Tale tesi “lungi dallesser nuova [...] è la conclusione normale dei princìpi cristiani tradizionali, Gregorio si richiama aidetti e fatti dei santi Padri.
Le sue referenze sono soprattutto S. Ambrogio, S. Agostino, Gelasio I, Nicola I. [...] Si rifà innanzi tutto al Tu es Petrus e alle conseguenze logiche che ne derivano per la giurisdizione spirituale del Papa: nessuno fa eccezione e niente è sottratto alla sua giurisdizione. Anzi argomenta a fortiorise la Sede apostolica...giudica le cose spirituali, perché non potrebbe giudicare anche le temporali? Chi può dubitare che isacerdoti di Cristo siano da reputarsi come padri e maestri dei re, dei principi e di tutti i fedeli? Se l’esorcista comanda i diavoli, a più forte ragione il Papa è giudice dei peccati dei re! (Prima lettera a Ermanno
vescovo di Metz).
Il Papa ricorda gli stessi princìpi a Sancho dAragona, asserendo che Pietro è stato costituito da Cristo principe su tutti i regni della terra .
Nella seconda lettera al vescovo di Metz (15 marzo 1081) S. Gregorio espone tutta una teologia sui rapporti tra Stato e Chiesa. Il potere delle chiavi, date da Cristo a Pietro, sta alla base di tutta la teoria e la pratica gregoriana; il potere temporale
e quello spirituale stanno tra loro come la luna al sole: «Il beatissimo Apostolo Paolo disse: “Non sapete che noi giudicheremo gli Angeli? Quanto più le cose del secolo?” [...]. A chi si possono meglio paragonare coloro che vogliono piegare alle loro forme i sacerdoti di Dio, se non a colui che è il primo di tutti i figli della superbia? Colui che, tentando lo stesso Cristo sommo Pontefice [...] e promettendogli tutti i regni del mondo,disse: “Tutto questo sarà tuo, se scenderai e mi adorerai”? [...]. L’oro è tanto più prezioso del piombo, quanto la dignità sacerdotale è più nobile della dignità regia [...]. Nulla si trova nel mondo di più degno dei sacerdoti, di più sublime dei vescovi [...]».
I fratelli Robert e Alexander Carlyle mettono in rilievo che Gregorio VII spera chesacerdozio e impero possano essere uniti nella concordia,e che, come il corpo umano èguidato dai suoi due occhi, così il corpo della Chiesa possa essere guidato e illuminato quando i due poteri concordano nella vera religione...e ammonisce Enrico IV a ricordare che egli detiene legittimamente il potere regio se obbedisce al Re dei re, Cristo, e difende e rafforza la Chiesa [...]. Lautorità secolare - secondo Gregorio - trova il suo vero fondamento nella difesa e nel mantenimento della giustizia, e egli spera che vi possa essere una vera concordia e intesa tra sacerdozio e impero, cioè tra le due autoritàstabilite da Dio per governare il mondo.

APPROFONDIMENTI TEOLOGICI

UGO DI S. VITTORE (1096-1141) la creazione è una, Dio creatore è uno e,se esistono due poteri, due funzioni,il dualismo è solo apparente”. I due poteri si compongono e si unificano nellunità di Dio e della sua Chiesa, per cui la società umanaè la cristianità e la cristianità è la Chiesa. Ogni potere dipende da un unico potere, quello divino. Quindi il potere secolare ha una sola fonte, la Chiesa: È il clero,ossia il potere spirituale che pone in essere il potere temporale, dietro ordine di Dio; è il potere spirituale che istituisce quello temporale e [...] lo consacra e lo benedice, insomma gli conferisce legittimità [...]. Proposizione di significato inequivocabile che, pur lasciando intatta la distinzione tra gli uffici [...], afferma la dipendenza
originaria [del potere temporale] e la superiorità di giurisdizione [del potere spirituale].

GIOVANNI DI SALISBURY (+1180) nel Policraticus, scritto tra il 1155 e il 1159, tratta dei rapporti tra potere spirituale e temporale.
Giovanni è un sostenitore di posizioni ecclesiastiche molto avanzate:egli non solo condanna qualsiasi invadenza del potere temporale nella sfera della Chiesa [...] ma sostiene apertamente la superiorità del potere spirituale [...] nei confronti di quello temporale [...] tutte le leggi dei principi sono vane e nulle, se non sono in armonia con la legge divina e con gli insegnamenti della Chiesa”.
Giovanni si serve dell’immagine delle due spade, molto probabilmente ispirandosi a S. Bernardo, e scrive che il principe ha avuto la spada materiale dalla Chiesa, alla quale appartengono entrambe le spade, sebbene essa si serva di quella materiale tramite il principe; questi è pertanto il ministro del sacerdozio e compie quella parte meno
alta delle sacre funzioni che non è degna di essere svolta dal sacerdote(Policraticus, IV, 3).

S. BERNARDO DI CHIARAVALLE(+1173) è la figura che domina il secolo, la sua teoria è quella delledue spade, presa dal passo del Vangelo dove agli Apostoli, che gliavevano detto: Abbiamo due spade,Gesù risponde: bastano . Per S. Bernardo vi sono, perciò, due spade, simbolo dei due poteri, quello spirituale e quello temporale. Ledue spade le posseggono gli Apostoli e Pietro, che è il loro capo e il capo della Chiesa. La spada temporale, però, non deve essere utilizzata direttamente da Pietro e dalla Chiesa.Essa è di Pietro e della Chiesa, ma deve essere sguainata per Pietro e per la Chiesa, non da Pietro e dalla Chiesa.
Rimetti la tua spada nel foderoaveva detto Gesù a Pietro che usò direttamente la spada, tagliando un orecchio ad un servo che era venuto ad arrestare il suo Maestro.
A papa Eugenio III, suo figlio spirituale,S. Bernardo scrive: La spada temporale deve essere sguainata per la Chiesa, mentre quella spirituale dalla Chiesa. Una è in mano delsacerdote, l’altra in mano del soldato, ma deve essere usata al cenno (ad nutum) del sacerdote.
S. Bernardo non cancella la distinzione tra i compiti del potere temporale e quelli del potere spirituale,ma subordina chiarissimamente il temporale allo spirituale e afferma che il potere temporale è posseduto dalla Chiesa, ma non utilizzato direttamente da essa, che lo
lascia ai principi, i quali dovranno utilizzarlo ad nutum sacerdotis.

INNOCENZO III (1198-1216) Ritiene che, come Vicario di Cristo, è il rappresentante supremo di Dio in terra, superiore al re ed agli imperatori; è il plenipotenziario di Dio, per volere del Quale regnano i re e i principi governano (per Me reges regnant). «La concezione del vi- cariato di Cristo divenne per lui un’idea centrale [...] essa gli dava
lautorità universale di una posizionetra Dio e luomo, tra Dio e sopra luomo; piùpiccolo di Dio e più grande delluomo, giudice sopra tutti e non giudicabile da nessuno, a eccezione di Dio».
Innocenzo III rivendica per sé la plenitudo potestatis che Cesare non ha e che comprende nel suo ambito non solo la Chiesa universale, ma tutta la realtàtemporale. Inoltre,il potere regale deriva dallautorità pontificia tutto il suo splendore e la
sua dignità: Così come la luna riceve dal sole la sua luce.
Innocenzo III riconosceva l autonomia(che non è lindipendenza)del temporale dallo spirituale, ma riservava pur sempre al Papato un diritto preminente, che era inerente
e connaturato a quel vicariato di Cristo [...]. Orbene Cristo [...], in quanto è Dio, èsovrano dei corpi e delle anime, egli è il sacerdote e il re supremo ed ha una regalitàspirituale e temporale; dunque ce lha anche il Papa. Questo diritto il
Papa, pur possedendolo, non vuole esercitarlo abitualmente, ma solo in certi casi eccezionali, quando lo impone una causa urgente e grave, ad esempio ratione peccati.
Secondo il Dictionnaire de Théologie catholique il pontificato di InnocenzoIII rappresenta il perfezionamento definitivo della dottrina del potere diretto in temporalibus posseduto
dal Papa, ma non esercitato abitualmente. Egli asserisce che il re riceve da Dio luso della spada temporale; ed il 16 febbraio 1209 dichiara allimperatore Ottone IV:Noi possediamo l’autorità papale e il potere regale, entrambi nella loro
pienezza.
Secondo Ehler e Morrall il pontificato di Innocenzo III è considerato[...] per molte ragioni il periodo della maggior grandezza medioevale del Papato. Egli [...] era un eminente teologo e giurista: sotto il suo pontificato furono promulgati un gran numero di decreti papali, con i quali la plenitudo potestatis Papae  termine che Innocenzo III contribuì fortemente a divulgare  fu definita nei suoi vari aspetti. Di queste decretales, quattro sono particolarmente importanti: 1) Per venerabilem, in cui il Papa
afferma lautorità della S. Sede nelle materie che si riferiscono tanto al Diritto Canonico quanto a quello Civile;
2) Novit Ille, dove è asserita la facoltà del Papa di intervenire negli affari di polìtica internazionale ratione peccati;
3) Venerabilem fratrem, in cui vengono definiti i diritti del Papa nei riguardi della corona di Germania[...];
4) Sicut universitatis, dove il Pontefice esprime il suo giudizio sulle relazioni tra potere spirituale e quello imperiale.
Giuseppe Corradi scrive che Innocenzo III sistematizzò la dottrina del dominio universale del Papato in materia spirituale e temporale attuandone lesecuzione pratica. In quanto Vicario di Cristo, Rex regum et Dominus dominantium, il Papa
rappresenta la massima autorità terrena; la Chiesa, cui spetta ogni potere nella direzione delle anime, deve essere superiore all’impero; ed al Pontefice romano spetta il diritto di intervento in qualsiasi questione temporale e politica. [...]. Questi scopi, essenzialmente religiosi, costituirono i moventi di tutta la sua politica volta ad attuare il principio che sta alla base della concezione cristiana del Medioevo: la subordinazionedegli interessi della città del secolo a quelli della città di Dio.
Un eminente studioso, il professor Oscar Nuccio dellUniversità La Sapienza di Roma,in unopera poderosa di oltre cinquemila pagine (Il pensiero economico italiano, Sassari,
Gallizzi, 1984-2002, 7 tomi dal medioevo al settecento), ha trattato,con maestria e competenza, anche il tema che ci riguarda. LAutore insegna che dalletà di S. Gregorio VII il sacerdozio sviluppò una dottrina del potere pontificio che si rifaceva a S.Leone Magno e fu completata da Innocenzo III; il Papa è non solo il vicario di Pietro, ma anche di Cristo e di Dio; egli è inferiore a Dio, ma ne partecipa il potere, ed è superiore alluomo. Siccome è il vicario di Cristo, e le veci di Cristo sono di natura giuridica, il governo su queste veci fondato si estende a tutto il mondo, che è, perciò, affidato al go- verno spirituale e temporale del Papa.
La plenitudo potestatis assume con Innocenzo III una dimensione non solo ecclesiastica, ma anche politica. La motivazione ratione peccati consente a Innocenzo di aprire un varco attraverso il quale il potere sacerdotale si estende a tutte le materie nelle quali èpossibile peccare; e di fatto siccome non esistono atti umani neutri, in quanto le circostanze li rendono buoni o cattivi moralmente (per es. cammino per
rubare o per dire il rosario) , il potere sacerdotale si estende alla totalità delle questioni temporali. Nel Papa si ritrovano concentrate le due potestà supreme, la spirituale e la temporale, e la potestas gladii concessa allimperatore deriva dal Papa
nellatto dellincoronazione. Tale principio, secondo Oscar Nuccio, fu riformulato da S. Tommaso nella Summa contra Gentiles (IV, q.76) e ribadito da Giacomo da Viterbo nel
De regimine christiano (1301). Coloro che negano al Papa la doppia diretta potestà inspiritualibus et in temporalibus, sono coloro i quali affermano che I Papi sono gli Dèi dei monti, ossia delle cose spirituali; ma non gli Dei delle valli, poiché non hanno nessun potere sui beni temporali. Per Innocenzo, invece, il Papa ha potere sui monti e sulle valli ossia in spiritualibus et in temporalibus,per cui la giurisdizione del Papa, conclude il Nuccio, è la più perfetta di tutte, e perciò non ha senso distinguere tra potere indiretto in temporalibus e diretto in spirituali bus.
Si veda anche lepistola di Innocenzo III al Patriarca di Costantinopoli(1159):Dominus Petro non solum universam Ecclesiam, sed totum reliquit saeculum gubernandum(Il Signore lasciò a Pietro da governare non solo la Chiesa universale,
ma tutto il mondo”).
Il XIII secolo vedrà affermarsi sempre più la teoria del potere diretto in temporalibus.

INNOCENZO IV (1243-1254)
Di Innocenzo IV ci interessa il decreto Aeger cui levia lenia (1245), nel quale con unampiezza ed un vigore che non saranno mai sorpassati, [...] rivendica sulla terra una delega generale di Dio, il Re dei re, con la pienezza del potere di legare e sciogliere [...] anche l imperatore.
Alcuni autori, tra i quali Giovanni Battista Lo Grasso S.J, dicono che è disputato se detto decreto sia di Innocenzo IV o di un suo discépolo.
Penso, però, che l appartenenza alla Compagnia di Gesù con la sua adesione alla tesi del potere indiretto in temporalibus abbiano spinto il Lo Grasso a mettere in dubbio lautenticità di un documento del Magistero che afferma esplicitamente che il Papa ha potere diretto in temporalibus, ma non vuole esercitarlo e lo lascia ai laici. Agostino Paravicini Bagliani e la maggior parte degli storici contemporanei, affermano, invece, che il decreto è di Innocenzo IV, anche se alcuni si chiedono se lestensore materiale non debba essere ricercato in seno al collegio dei cappellani del card. Raniero Capocci da Viterbo.
Questultima opinione, però, non è oggi, la più comune e il documento è oramai ritenuto pacificamente di Innocenzo IV. Augustin Fliche e Victor Martin,ad esempio, nella loro famosa Storia della Chiesa, sostengono che Innocenzo IV, dottissimo e giàstudente e maestro nellUniversità di Bologna [...], era ritenuto un canonista eminente e un diplomatico abilissimo [...]. Egli non solo condivide col suo predecessore [Innocenzo III] le idee sull«onnipotenza» romana, ma va oltre e con lui..., il principio teocratico si afferma con la massima chiarezza...Innocenzo IV si ritiene investito, a somiglianza di Cristo, della spada temporale, il cui uso affida all’ imperatore e ai re, riservando a sé solo l’uso della spada spirituale. Basta leggere la bolla Aeger cui levia, con cui risponde agli attacchi di Federico II che seguirono [...] il Concilio di Lione del 1245, per rendersi conto...che le rivendicazioni della S. Sede mai erano state affermate in modo
così categorico. [...]. La morte di Federico II corona la vittoria del Papato[...] e sottolinea il crollo degli Hohenstaufen[...], il cesaropapismo imperiale non conoscerà più che resurrezioni effimere. Il Concilio di Lione fu una prova luminosa dellunità della Chiesa, raccolta attorno alla S. Sede, e una chiara affermazione della potestà pontificia, cioè della plenitudo potestatis [...] Secondo Innocenzo III, il Papa non
poteva incoronare imperatore se non quello designato dai principi elettori,e perciò la sua scelta aveva dei limiti; ma, dopo la vittoria della Sede Apostolica [con Innocenzo IV]su Federico II, ogni restrizione scompare, almeno dal punto di vista giuridico: mai per l’innanzi l’autorità di Roma aveva raggiunto un tale vertice. È chiaro che anche per Fliche e Martin la bolla Aeger cui levia appartiene formalmente ad Innocenzo IV.Federico II  aggiunge Silvio Solero– “aveva pubblicato il famoso manifesto ai principi cristiani in cui denunciava i vizi, la cupidigia e la corruzione dei prelati.
Innocenzo IV rispondeva con la bolla Aeger cui levia contenente la formula della teocrazia papale, affermando il primato pontificio come voluto da Cristo che aveva conferito a Pietro e ai suoi successori limpero universale del cielo e della terra.
Vediamo il contenuto del documento pontificio:[...] sulla terra rappresentiamo il
Re dei re, dal cui potere si sa non è escluso alcun uomo [...] Dio [...] attribuì al Principe degli Apostoli, e a noi, attraverso di lui, pieno potere di legare e di sciogliere qualunque cosa sulla terra [...]. [Cristo conferì a Pietro] potere non solo sulle genti, ma anche sopra i regni [...]. Ne segue dunque che il Romano Pontefice, può, almeno casualiter [non abitualmente,ma eccezionalmente] esercitare il suo potere pontificale nei riguardi di qualsiasi cristiano [...],specialmente ratione peccati così che stabilisca che qualunque peccatore [...] sia considerato pubblicano e eretico [...] e che, di conseguenza,sia privato del potere temporale se ne aveva uno [...]. Dunque esaminano con poco acume [...], coloro i quali affermano che la Sede apostolica ha avuto la prima volta il potere dallimperatore Costantino, mentre si sa che questo potere era in lei prima, naturalmente e in potenza.
Gesù Cristo [...] vero re e sacerdote [...] stabilì nella Sede apostolica non solo un monarcato pontificale, ma anche uno regale, avendo affidato al beato Pietro e ai suoi successori, le redini sia del potere cele- ste che di quello terrestre. Questo fatto è reso evidente nella pluralità delle chiavi, perché si capisca che per mezzo delluna abbiamo ricevuto il potere per le cose temporali sulla terra e per mezzo dellaltra il potere delle cose spirituali in cielo. [...]. Nel grembo della Chiesa sono poste ambo le spade di ambedue i poteri...Entrambi le appartengono di diritto,dal momento in cui il Signore non disse a Pietro getta la spada, ma:rimetti la tua spada nel fodero,perché non fosse usata da lui stesso[ma per lui, ad nutum sacerdotis]...Quindi Pietro, per ordine divino,non aveva il permesso di usare direttamente la spada, tuttavia aveva lautorità di ordinarne luso [da parte del principe in difesa della Chiesa]. Da ciò deriva che il poteredi questa spada è nella Chiesa, ma è esercitato dall’imperatore che lo riceve da lei.Questo potere, che si trova nel grembo della Chiesa, è soltanto potenziale e passa allattoquando viene trasferito dal sacerdote al principe (Aeger cui levia, in LO GRASSO S.J.,Ecclesia et Status. Fontes selecti. Historiae Juris Publici Ecclesiastici,2ª ed., Roma, Gregoriana,1952, n° 446-455, pagg. 194-198).

Innocenzo III  scrivono i fratelli Carlyle – “usò sempre la massima cautela e si astenne dal trarre conclusioni estreme. A trarle fu invece Innocenzo IV [...], e a lui si devono far risalire i princìpi, che i grandi canonisti del XIII secolo, come lOstiense e Guglielmo Durando, [...]dovevano esporre [...]. Innocenzo IV afferma [...] che il Papa ha ricevuto da Cristo in persona il potere di redigere i canoni, mentre limperatore la propria autorità di legislatore la riceve dal popolo romano [...]; inoltre,come Cristo, quando era su questa terra, era da tutta leternità Signore naturale del mondo, e per legge naturale in grado di deporre re e imperatori, così i suoi vicari  e cioè Pietro e i suoi successori avevano il medesimo potere [...]. Innocenzo IV vuol giungere alla conclusione che,anche nelle questioni temporali [...] la sua autorità è superiore a quella di tutti gli altri poteri secolari [...]. Tra Papa e imperatore
esiste un rapporto speciale; il secondo è advocatus del primo, presta a lui il giuramento, riceve limpero dalle sue mani[...]. Innocenzo IV [...] sembra voler suggerire implicitamente che l’imperatore è vassallo del Papa [...] e sostenne che questi
aveva il diritto di respingere un candidato non adatto al trono imperiale [...]; infine proclama senza esi tare che l’ imperatore gli era debitore del trono imperiale [...]Pertanto non
ci pare azzardato concludere che, per Innocenzo IV, ambedue i poteri, spirituale e temporale, in via di principio gli appartenevano.

SAN TOMMASO D’AQUINO (+1274)

Il Dottore Angelico riprende e approfondisce la dottrina tramandata.
Egli scrive: La S. Chiesa [...] ha soltanto la spada spirituale, quanto all’esecuzione da esercitarsi direttamente dalla sua mano. Ma ha anche la spada temporale, quanto al
comando di impiegarla: poiché al suo cenno deve essere estratta, come dice Bernardo. E continua: Nelle cose che riguardano il bene civile, bisogna obbedire piuttosto al potere secolare che allo spirituale... A meno che il potere spirituale sia unito al potere secolare come nella Chiesa o nel Papa, in virtù di una disposizione di Dio, che è sacerdote e re [...].
Alcuni autori hanno cercato di interpretare questo passo come riferito unicamente allo Stato pontificio, soltanto nel quale il Papa è sacerdote e re in atto; tuttavia mi sembra che questa interpretazione sia forzata, poiché se S. Tommaso avesse parlato di un caso specifico, quello appunto dello Stato pontificio, lo avrebbe detto; invece parla in generale di cose che riguardano il bene civile, e dice che qualora si tratti della Chiesa o del Papa, allora bisogna obbedire al potere spirituale, che per volontà divina racchiude in sé anche quello temporale; altrimenti occorre obbedire al potere civile. Ed infatti la maggior parte degli interpreti, vede nel passaggio dell’Aquinate laffermazione delpotere diretto del Papa in spiritualibus et in temporalibus. Inoltre nelle Quaestiones quodlibetales, lAngelico sostiene che ora i re sono vassalli della Chiesa perché, con lavvento del Cristianesimo, la situazione è cambiata e Cristo ha diritto di regnare sulla coscienza dei principi; perciò il Papa detiene lautorità suprema sia nelle questioni spirituali che in quelle temporali(Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, II, dist. 44, q. 2, a.3).
Nella Somma Teologica, infine,S. Tommaso si pone la questione se il potere temporale sia sottomesso allo spirituale come il corpo all’anima,e risponde di sì .
Secondo la filosofia politica dell’Angelico luomo ha un solo fine ultimo,che èsoprannaturale (la Visione Beatifica); il benessere temporale è soltanto un fine prossimo; pertanto lautorità temporale dev’essere sottomessa alla spirituale,come il fine prossimo è ordinato e sottomesso al fine ultimo. Etienne Gilson scrive: La morale di S.Tommaso ha scopi più alti che adattare luomo al bene comune della città: essi gli sono imposti dalla metafisica stessa, da cui la morale riceve i suoi princìpi: luomo di Aristotele non era una creatura, lo è invece luomo di S. Tommaso. Bisogna osservare che lAquinate è ben lungi dal relegare a quello che spetta al Papa ratione peccati il legittimo intervento pontificio nella sfera temporale.
Attribuendo al Capo della Chiesa la cura del fine ultimo [...] gli riconosce, per via di eminenza e in ragione della sua autorità spirituale suprema, unautorità temporale sui principi della terra che, di fatto, si estende a tutta lazione degli stessi principi, purché[...] venga ad avere rapporto con il fine ultimo [...].
Spetta perciò al Papa e solo a lui giudicare quello che deve dire o non dire [...] in funzione della sua carica sovrannaturale e quando, come, fino a che punto ci sia bisogno di un intervento nella sfera temporale. LAngelico, in breve, distingue ordine naturale e soprannaturale, Stato e Chiesa. Non li separané li confonde, ma subordina il naturale al soprannaturale, lo Stato alla Chiesa: Il potere temporale è soggetto a quello spirituale come il corpo allanima (De regimine principum,l.1, c.10; Cfr. R. SPIAZZIO.P.,Enciclopedia del pensiero sociale cristiano,ESD, Bologna, 1992, pp. 188-194, 212-215).

BONIFACIO VIII (1294-1303)

Con Bonifacio VIII la teoria della plenitudo potestatis tocca il suo apogeo; egli«incarnava, in un temperamento focoso, le dottrine più intransigenti sulla supremazia pontificale. Gran canonista [...] non sorpassò nessuna delle formule di Innocenzo IV [...]. Bonifacio rivendica una giurisdizione suprema nel dominio spirituale e temporale, distingue tra possesso e esercizio [...]. Egli distingue i due poteri, ma ne rivendica il possesso e lo separa dall’esercizio abituale.
La Bolla Unam sanctam riguarda la pienezza del potere papale (1302).
In essa il Pontefice «espresse le tesi estreme della dottrina teocratica sullimpero [...]. Nella primavera del 1303 ripeteva ad Alberto dAustria:Omnes potestates sunt a Christo et a nobis, tamquam a vicario Jesu Christi» (Ogni potere viene da Cristo e da noi, come vicario di Gesù Cristo).
NellUnam Sanctam Bonifacio aveva detto che ogni potere, sia quello spirituale sia quello temporale, ha la sua origine da Dio e che è stato conferito da Dio alla Chiesa...; essa lascia lesercizio del potere secolare ai principi, ma conserva il diritto di effettuare il proprio controllo su di loro... la Bolla è un sommario poderoso del pensiero della Chiesa al culmine del periodo medievale.
Massimo Montanari scrive che nellUnam Sanctam Bonifacio propugnava solennemente una teoria integrista della società cristiana, intesa come unico corpo, di cui Cristo è Capo e il Pontefice il Vicario. Al Pontefice spettano dunque entrambe le spade, la temporale e la spirituale; egli ha il primato sui regnanti della terra ed ha la potestà di intervenire su tutto e su tutti. Lidea teocratica, che si era formata nei secoli precedenti, mediante le posizioni via via assunte da [...] Gregorio VII e Innocenzo III, era portata da Bonifacio VIII alle estreme conseguenze e giungeva alla pienezza della sua formulazione dottrinale. Ma vediamo il contenuto della Bolla stessa:
«Noi siamo obbligati a credere e a professare che cè una sola Santa Chiesa cattolica e apostolica [...] che rappresenta un corpo mistico, il cui capo è Cristo [...]. Noi sappiamo dal Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale e una temporale [...]. E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: “Rimetti la tua spada nel fodero”.Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale. Una deve essere impugnata per la Chiesa, laltra dalla Chiesa; la prima dal clero, la se- conda dalla mano dei re, ma secondo il comando e il cenno del sacerdote, perché è necessario che una spada dipenda dallaltra e che lautorità temporale sia soggetta a quella spirituale. [...]. Perciò se il potere terreno erra, sarà giudicato da quello spirituale; se il potere spirituale inferiore sbaglia, sarà giudicato dal superiore; ma se erra il supremopotere spirituale questo potrà essere giudicato solamente da Dio e non dagli uomini (prima Sedes a nemine judicetur) [...]. Perciò chi si oppone a questo potere istituito daDio, si oppone ai comandi di Dio a meno che non pretenda, come i Manichei, che ci sonodue princìpi [...].Quindi dichiariamo che è assolutamente necessario per la salvezza diogni creatura umana che essa sia sottomessa al romano Pontefice.
Secondo i fratelli Carlyle Bonifacio...proclama [Ausculta fili] che Dio lo ha collocato al di sopra di tutti i re e di tutti i regni, dotandolo del potere di distruggere e di costruire [...] [mentre Filippo il Bello] pretendeva che [...] i re francesi, nelle questioni temporali, erano sempre stati soggetti soltanto a Dio .

DUE TEOLOGI-CANONISTI BONIFACIANI

a) EGIDIO ROMANO (+1316) fu discepolo di S. Tommaso a Parigi,benchéappartenesse allordine agostiniano,e divenne nel 1295 arcivescovo di Bourges. Ha scritto De ecclesiastica potestate, che tratta del potere supremo(plenitudo potestatis) della Chiesa e del Papa. Egli riafferma la subordinazione gerarchica del potere temporale al potere spirituale, distinguendo le rispettive competenze, per cui al potere temporale è riconosciuto il diritto di governare [] in condizioni di relativa autonomia, al fine di ottenere un buon funzionamento della società civile. Il potere temporale, tuttavia, può essere sempre sottoposto al controllo ed al giudizio finale della Chiesa che fissa, da sola, i limiti dei suoi interventi, nella piena consapevolezza della superiorità del proprio ufficio (EGIDIO ROMANO, Il potere della Chiesa, Roma, 2000,introduzione p. 11).
Lopera di Egidio si divide in tre parti: nella prima analizza il rapporto tra potere temporale e spirituale; nella seconda il diritto di proprietà da parte della Chiesa; nella terza confuta le obiezioni alla plenitudo potestatis Papae.
Il filo conduttore dellopera egidiana è leminenza del potere spirituale
esercitato dal Papa [] che rappresenta il grado di potere più elevato, dal quale deriva il potere temporale (op. cit., p. 14). Il Papa detiene i due poteri (temporale e spirituale), ma riserva per sé lautorità spirituale ad usum, mentre può concedere ad nutumlautorità temporale ai sovrani perché la esercitino sotto il controllo e
la superiore visione della Chiesa” (op. cit., p. 15).
Gli autori maggiormente citati da Egidio sono S. Agostino (una cinquantina di volte), Aristotele ed il suo maestro S. Tommaso (circa trenta volte ciascuno).
Egli riprende dunque gli argomenti classici del primato dell’anima sul corpo, largomento delle due spade di S. Bernardo e aggiunge nuove considerazioni: la Chiesa consacra i re, perché il sacerdozio precede ontologicamente ogni regalità umana, dato che latto precede ontologicamente la potenza e il perfetto precede limperfetto; ogni potere viene da Dio, sia quello pontificio sia quello regio, ma non egualmente
e immediatamente, anzi il potere regio lo si riceve tramite quello pontificio.
Si può ritenere che il trattato di Egidio romano sia la più formale espressione della dottrina teocratica del potere diretto in temporalibus.
Tuttavia egli nega di voler turbare il funzionamento del potere civile. Questo ha, infatti, la sua ragion dessere, ma è sempre un potere secondario,anzi ausiliario di quello della Chiesa. È vero: la Chiesa non gestisce direttamente il dominio temporale [...]. Essa ha di meglio da fare che lasciarsi irretire dalle cure di questo tipo, dato che, innanzi tutto e in via ordinaria e normale, si deve preoccupare della sfera spirituale. Tuttavia sono infiniti i casi in cui si trova giustificato lintervento della Chiesa nel dominio temporale e cioèogni qualvolta che vi si trovi implicata anche la sfera spirituale.

GIACOMO DA VITERBO (+1308) nel suo De regimine cristiano (1301-1302), afferma che la Chiesa ha una reale supremazia sullo Stato.
Tale teoria è stata chiamata teocrazia o meglio ancora ierocrazia: il Papa ha la sovranitàassoluta diretta civile ed ecclesiastica in temporali bus in spiritualibus, ma conservaper sé la seconda e trasmette la prima al principe; tale delega si esprime tramite la cerimonia dell’ incoronazione del sovrano. Giacomo da Viterbo riprende la teoria delle due spade, dellanima e del corpo, e le elabora ed esplicita approfondendo la teologia della Unam sanctam di Bonifacio VIII; naturalmente si basa anche e soprattutto sugli scritti di Egidio Romano, suo confratello agostiniano, e cerca di conciliare il tomismo politico con lagostinismo.
Nella II pars del suo trattato Giacomo da Viterbo parla del Pontefice romano, vicario di Cristo, che partecipa alle prerogative di Colui di cui fa le veci. Cristo, vero Dio e vero uomo, ha un duplice potere: divino e umano. Il potere divino è onnipotente; Egli manifesta la sua onnipotenza creando dal nulla e mediante la Provvidenza che conduce al loro fine le cose create, istante dopo istante. Cristo, in quanto Dio Creatore e Provvido, è re (da regere ossia condurre le anime al loro fine) e la sua Umanità in virtùdellUnione Ipostatica, partecipa ai privilegi della sua Divinità. Il suo Vicario, perciò, ha la plenitudo potestatis sia nellordine temporale che in quello spirituale; ma vuole come Cristo – esercitare solo la seconda. Tuttavia la pienezza del potere in Cristo non èidentica a quella del Papa, nel quale essa è partecipata, e, mentre in Cristo vi è la pienezza di potere in grado eminente, nel Papa vi è solo in grado sufficiente. È come per le perfezioni pure da ogni imperfezione(lessere, il vero,il bene...), che si trovano in Dioformaliter, eminenter e nelle creature formalmente, ma solo allo stato limitato, finito e creato. Il potere sacerdotale e regale sono distinti, ma non incompatibili, cosicché la stessa persona può avere entrambi o decidere di trasferire ai laici il potere regio e di mantenere per sé quello spirituale, comè nel caso del Papa. Le due forme di potere derivano entrambe da Dio, come dalla loro causa efficiente; ma si differenziano poichéil potere spirituale deriva direttamente da Dio al Pontefice, mentre quello temporale deriva al re indirettamente ossia tramite il Papa. Inoltre il fine del potere temporale è la beatitudine terrena, che è il fine prossimo dell’uomo ed è un mezzo affinché egli possa cogliere il suo fine ultimo soprannaturale: la Visione Beatifica. Quindi,ontologicamente,
il potere spirituale ha il primato su quello temporale, ed essendo indirizzato al fine ultimo delluomo ha il diritto di giudicare il potere temporale, che è ordinato soltanto al fine prossimo delluomo. Il potere temporale sta a quello spirituale come linferiore al superiore.
Per cui è logico asserire che Cristo ha dato a Pietro e ai suoi successori le due forme di potere, che Egli stesso aveva, anche se, come Cristo,Pietro non vuole esercitare il potere temporale direttamente, ma lo conferisce al principe, per non essere oberato e distratto dal suo compito principale e specifico che è quello di condurre gli uomini al loro fine ultimo soprannaturale: il Cielo. Tuttavia il Papa ha anche un compito secondario che èquello di vigilare se il principe usa bene del potere temporale, e in caso contrario il Pontefice interviene e corregge il re e usa direttamente, anche se in maniera non regolare, abituale, costante e universale; ma eccezionalmente e ratione peccati il potere temporale, che egli possiede direttamente ma che non vuol utilizzare abitualmente enormalmente.

GLI OPPOSITORI

La dottrina ierocratica fu aspramente contestata, tra il XIII e il XIV secolo, da Filippo il Bello, Dante Alighieri, Marsilio da Padova (46), Giovanni da Parigi O.P. e infine da Guglielmo di Occam (+1350).
Non è il caso di dilungarmi ad esporre e confutare i loro errori; chi volesse conoscerli può leggere con profitto J. J. CHEVALIER, Storia del pensiero politico (Il Mulino, Bologna, 1989,vol. I, pagg. 322-354). Mi limito,qui, a riassumere brevemente gli errori di Marsilio e di Occam. Marsilio da Padova vuole assorbire la Chiesa gerarchica e il Papato nella Società civile, teorizzando così la laico-crazia ossia il monismo del
potere temporale: il sacerdozio è in- globato nel regno in cui vi è una sola autorità cheè quella del principe.
Per Marsilio la vera Chiesa di Cristo non è quella gerarchica romana, ma è linsieme dei fedeli che si ispirano a Cristo; quindi tutti i cristiani, laici e ecclesiastici, sono uomini di Chiesa. La Chiesa perciò non è una società perfetta distinta dallo Stato né ha una sua autorità: il Papa e il sacerdozio sacramentale; lautorità è una sola, quella del principe. Il sistema di Marsilio sfocia nella subordinazione della Chiesa allo Stato e nellassorbimento della Chiesa da parte dello Stato nella laico-crazia totalitaria Guglielmo d’Occam fu ancora più radicale di Marsilio. Egli non era soltanto un giurista e un polemista, ma anche un filosofo e un teologo francescano di Oxford; a differenza di Marsilio non tollerò nessun totalitarismo monista, né ecclesiastico,nétanto meno laico, perché aveva in orrore ogni autorità.
Inoltre, se per Marsilio il Concilio è superiore al Papa, per Occam neppure il Concilio èfonte di magistero infallibile; le uniche norme, per lui,sono la S. Scrittura e la ragione. Il potere dellimperatore deriva dal popolo, non dal Papa e neppure da Dio.