mercoledì 31 gennaio 2018

Il simbolismo dei numeri nella cultura antica e nel mondo biblico

A differenza della nostra civiltà, profondamente segnata da una cultura logico-matematica di grado avanzato ( basti pensare alla velocità enorme, usata nei computers, per il calcolo di operazioni matematiche estremamente complesse ), le culture antiche avevano coi numeri un rapporto diverso.
Prima di tutto, la stessa grafia dei numeri era « concreta »: essi erano cioè indicati da una stessa lettera dell'alfabeto ( così in ebraico o in greco, così pure per i numeri romani ), e già tale sistema in se stesso non permetteva un campo di scrittura troppo vasto.
Le odierne cifre usate per la scrittura dei numeri sono invece di carattere più « astratto », essendo segni introdotti nell'uso in modo convenzionale.
Le culture antiche erano poi di tipo manuale, ossia la loro base di partenza nel calcolo erano le mani dell'uomo o i ritmi ricorrenti della natura e del cielo ( come ad es. il ciclo lunare ).
Senza computer né algebra, il numero « mille » appariva per esse quasi il massimo possibile, un valore prossimo all'infinito: esso è ad es. il simbolo numerico più grande possibile nella scrittura dei numeri in cifre romane ( è espresso con la cifra M ).
È merito della cultura araba l'aver introdotto definitivamente nel calcolo matematico due novità.
Per prima cosa, le cifre usate oggi per scrivere i numeri sono dette appunto « cifre arabe » ( anche se recenti studi hanno mostrato come queste cifre sembrano piuttosto provenire dall'India settentrionale circa 15 secoli fa ).
In secondo luogo, la cultura araba introdusse anche l'uso dello zero, conosciuto pure nel mondo babilonese ma non ancora applicato al calcolo matematico diretto.
Si è così allargata enormemente la possibilità di sommare e di calcolare, proiettando i numeri verso l'infinito.
Quest'ultimo valore è stato invece introdotto nel calcolo matematico a partire dall'era moderna.
Zero e Infinito insieme sono all'origine dell'esplosione della concezione culturale antica dei numeri.
Nelle civiltà antiche però i numeri non avevano solamente un senso matematico, ma anche un senso simbolico, spesso più importante del primo.
Tale senso non è del tutto scomparso nemmeno nella cultura attuale, dato che ancora oggi si usa l'espressione « due o tre » per dire « alcuni, non molti », oppure si usa l'altra espressione « te l'ho detto cento ( o mille ) volte » per dire « moltissime »; e ci sono poi ancora certe espressioni che vogliono esprimere un'approssimazione indicante « una grande quantità, un numero indefinito »: così si dice « un milione », oppure « milioni e milioni ».
In questo contesto si può ricordare infine l'uso persistente di attribuire a certi numeri, come ad es. al Tredici o al Diciassette, dei significati magico-simbolici negativi.
Quest'uso dei numeri in senso approssimativo, che a tutt'oggi è persistente, ci apre la via ad una possibile miglior comprensione di ciò che il mondo antico, ed in particolare la cultura semita, intendevano dire quando usavano i numeri come simboli concreti e ben compresi da tutti.
La base di partenza è spesso un'esperienza o una realtà naturale; e poiché il mondo visibile veniva visto e interpretato in antico, sotto tutte le latitudini, come una realtà che esprimeva un ordine naturale perfetto che l'uomo doveva leggere, contemplare e rispettare, i numeri erano allora usati come simboli espressivi del rapporto fra l'uomo e il Trascendente, Creatore di tale ordine e delle sue leggi interne.
È questo uno dei motivi principali per cui i libri sacri di molte religioni, e nella Bibbia in modo particolare la letteratura apocalittica dell'AT e del NT ma anche altre parti, sono pervasi da questo simbolismo religioso dei numeri.
Vi sono però anche altri motivi, come quello di voler usare, tramite i numeri come simboli, una specie di codice cifrato segreto, accessibile solamente agli « iniziati » di una setta o di un gruppo, e non agli altri.
Questo uso era molto diffuso nelle cosiddette « religioni misteriche » dell'Ellenismo, o nella corrente filosofica greca dei pitagorici, o anche nell'Apocalisse di Giovanni, dove è modellato sull'uso profetico-apocalittico dell'AT, in cui i numeri e le visioni misteriose si susseguono come un linguaggio speciale.
Bisogna infine anche ricordare che, per il sistema pitagorico, certi numeri avevano un simbolismo particolare: l'Uno e il Due erano ritenuti maschili, il Tre e il Quattro femminili, il Sette era il numero della verginità.
In altre culture invece, l'Uno e il Due sono numeri fondamentali della vita, mentre i numeri dispari sono ritenuti maschili e quelli pari invece femminili.

Numeri e significato simbolico

Il numero 1

è il numero dell'individualità, della persona singola.
Nel corpo, esso è il suo numero come individuo, ed è il numero della testa ( « tante teste, tante persone » ).
In geometria, l'Uno è il numero del centro o del vertice.
L'Uno esprime così l'idea di unità in se, di unificazione; e dice anche perfezione in sé, senza divisioni.
L'uso latino di « unus » esprime anche senso di isolamento: è « uno solo »; ed infine, il fatto di contare « ad uno ad uno » vuole indicare una grande accuratezza per evitare errori.

Il numero 2

è il numero che più ricorre nel corpo umano: che ha due occhi, due orecchi, due mani, due gambe, due piedi; e ancora: due polmoni, due reni, due seni, e parecchi altri « organi doppi ».
Il Due esprime così l'idea di compagnia, ma anche di simmetria; ed è il numero della coppia, dove maschio e femmina si corrispondono e si completano nella diversità.
Dire « due » è già dire « alcuni », e dire « il doppio » è dire « molti », quindi « sovrabbondanza ».

Il numero 3

è paragonabile, nella cultura antica, alla lettera greca π un numero che non è totalmente descrivibile, che sfugge sempre alla presa degli strumenti umani, e che esprime anche enfasi e insistenza.
In geometria, il Tre è il numero del triangolo; in senso religioso in genere e pure nel mondo semita, esso rappresenta il numero della perfezione divina.
Un certo uso simbolico indicante perfezione sta anche alla base della realtà della Trinità cristiana, ma anche di altre « triadi » gnostiche o induiste.
Il Tre può poi essere rafforzato nel suo significato di perfezione con altri accorgimenti: elevato al quadrato ( 9 = 3 per 3 ), o unito ad altri numeri di perfezione, come il 7 ( 21 = 7 per 3, oppure: 3 per 14 = 3 per 7 per 2, Mt 1 e Lc 3, le genealogie di Gesù ).
Nel mondo cristiano medievale, il 3 è spesso rafforzato nel suo composto 33 ( tale è ad es. il numero dei Canti delle singole parti della Divina Commedia ).

Il numero 4

è collegato con l'esperienza dell'orientamento della persona nel mondo: davanti, dietro, a destra e a sinistra formano quattro punti fissi di riconoscimento di sé sulla superficie terrestre.
Ecco allora i quattro punti cardinali ( N-S-E-0; e il loro sviluppo concreto nella « Rosa dei venti » ), e l'uso del numero Quattro per indicare la totalità dell'orizzonte geografico-terreno.
Nel mondo antico e nella simbologia biblica, il numero Quattro indica così universalità spaziale: i « quattro angoli della terra », formanti quasi un quadrilatero ( Ap 7,1 ) significano « tutta la superficie della terra »; e il senso di universalità ricorre anche nei « quattro fiumi » del paradiso ( Gen 2,10; cf molte immagini dell'arte paleocristiana ), nei « quattro venti » ( Ez 37,9; Is 11,12 ), nei « quattro esseri viventi » ( Ez 1,5-21; Ez 10,14; Ap 4,6-9 ), nei « quattro corni » dell'altare del Tempio.
Nel tempo cristiano, il simbolismo è prolungato nell'idea dei quattro Vangeli, dei quattro profeti maggiori, dei quattro « grandi Concili » antichi.
Quattro sono pure le beatitudini di Luca ( Lc 6,20-23 ), quattro anche le sue maledizioni ( Lc 6,24-26 ); in Matteo, le beatitudini sono invece otto, quattro per due ( Mt 5,3-12 ).

Il numero 5

corrisponde alle dita di una mano, ha quindi un immediato valore di calcolo aritmetico.
Talvolta, il cinque ha anche un certo valore simbolico-approssimativo, ed è usato nel senso di « alcuni pochi » ( 1 Cor 14,19: « in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue » ).

Il numero 6

non sembra avere all'origine una particolare esperienza spazio-temporale.
Forse, è il numero dei giorni lavorativi della settimana, che non è compiuta e completa, senza la festa ( il « settimo giorno » ).
Nel mondo semita e nei libri biblici, il Sei è capito in relazione con il Sette: è un 7 meno 1.
E mentre il Sette è la perfezione in atto, il Sei è la non-perfezione, la negatività radicale, il tentativo fallito di arrivare fino al Sette, fino alla perfezione.
Così in Ap 13,18 il numero 666 ( Sei per tre volte ) è il numero della Bestia che si oppone a Dio.
Collegati con l'idea di un vano e fallimentare tentativo di giungere alla perfezione sono pure altri numeri composti: ad es. « un tempo, più tempi e la metà di un tempo » ( Dn 7,25 ), oppure « un tempo, due tempi e la metà di un tempo » ( Ap 12,14 ).

Il numero 7

suggerisce già in se stesso l'idea di un nucleo considerevole e compiuto.
Esso è il numero dei giorni della settimana, che formano in gruppo la totalità ( 7 per 4 ) del mese lunare di 28 giorni.
Il « settimo giorno » è il nome del Sabato ebraico, che compie e completa la settimana.
Nel mondo semita, il Sette indica una serie completa, una totalità che non esclude nulla.
È formato dal Quattro ( universalità terrena, e insieme pienezza dell'essere vivente ) e dal Tre ( perfezione divina, e immagine del Trascendente ); per questo, indica anche l'unione di terrestre e celeste, e nella Bibbia è spesso collegato ad oggetti o persone sacre ( ad es. At 6: i Sette; Ap 2-3: le sette Chiese... ).
Il Sette può essere compreso anche in senso simmetrico: 3 più 1 più 3, ossia perfezione in cui l'unità è al centro.
Il suo composto, 21, è formato dalla perfezione divina e dalla totalità completa ( 7 per 3 ).
Qualche volta si usa il suo superlativo ( Mt 18,22: 77 volte o settanta volte sette volte, detto con un'enfasi assoluta ).
Nella Bibbia è talvolta ricordata anche la metà di sette, tre e mezzo ( Dn 7,25; Dn 8,14; Dn 9,27; Ap 11,2-9; Ap 12,6.14 ), espressa pure nella forma « milleduecentosessanta giorni » ( Ap 11,3: sono tre anni e mezzo ) o « quarantadue mesi » ( Ap 13,5: sono pure tre anni e mezzo ).
Il simbolismo del Sette ricorre anche nel numero dei Sacramenti propriamente detti, forse anche ( ma non è storicamente provabile ) per indicare che la totalità dell'esistenza umana nella sua pienezza è toccata dalla presenza operante della salvezza.

Il numero 8

non acquista nel mondo semita particolare valore simbolico.
Forse va inteso come 4 per 2 ( le beatitudini di Matteo, Mt 5,3-12 ).

Il numero 9

è invece il quadrato di 3, e porta al massimo la perfezione.
Nel Medioevo, era il numero dei cori angelici, dei cieli del Paradiso, o dei gironi dell'Inferno ( la Divina Commedia di Dante ).

Il numero 10

è il numero delle dita delle due mani, con cui si conta; ha quindi valore immediato di richiamo aritmetico-mnemonico.
Forse in questo senso è usato per i « dieci comandamenti » ( Es 34,28; Dt 4,13 ) o le « dieci piaghe d'Egitto » ( Es 7,14-12,29 ).
Simbolicamente il numero Dieci indica anche una quantità notevole, molto grande.

Il numero 12

è prima di tutto collegato col ciclo delle lune in un anno, e suggerisce quindi immediatamente l'idea di un ciclo annuale completo.
In astronomia, il Dodici è il numero delle costellazioni dello Zodiaco dove il sole « passa » nel corso di un intero anno; mesi e segni zodiacali acquistano così subito anche un significato simbolico.
Per il pensiero antico, il Dodici è un numero molto importante, oltre che per lo Zodiaco e i mesi dell'anno, anche come base fondamentale dell'antico sistema sessagesimale per il calcolo dello spazio e della scansione del tempo.
Il sistema fu inventato dagli antichi Sumeri, ma i motivi della sua invenzione non sono del tutto chiari.
Tale sistema perdura anche per noi oggi: 60 ( 12 per 5 ) sono i secondi di un primo o i secondi di un grado del quadrante, 60 ( 12 per 5 ) sono i secondi di un minuto e i minuti di un'ora, le ore sono 12, un giorno ne ha 24 ( 12 per 2 ).
Anche i gradi degli angoli sono misurati con un sistema a base Dodici ( 180 gradi sono 12 per 15, così pure 360 gradi, 12 per 30 ).
Il Dodici può essere anche scomposto in 4 per 3, ed allora è insieme universalità terrestre e perfezione divina, e indica un numero rotondo di totalità.
È così che nella cultura semita e nel mondo biblico il Dodici indica la totalità perfetta del popolo eletto: i figli di Giacobbe-Israele sono 12, essi corrispondono ai patriarchi, capostipiti delle 12 tribù del popolo ebreo.
Anche gli Apostoli sono 12 ( i Dodici in Mc 3,14; Mt 19,38; At 1,17.23-26: dopo la Pasqua, il gruppo dei Dodici è ricostituito ), e sono i nuovi capostipiti del Nuovo Popolo di Dio, che nasce sul modello dell'Antico.
In At 1,15 il primo nucleo della Chiesa è composto di circa 120 persone, 12 per 10; in Ap 21,12-22,2 la Nuova Gerusalemme è costruita tutta sulla base del numero-simbolo 12.
Usato nei suoi multipli ( 12 per 12 = 144 ) o associato con altri numeri ( 12.000 o 144.000 = 12 per 12 per 1.000: Ap 7,4-8 ) rafforza l'idea di totalità del popolo di Dio.

I numeri 13 e 17

sono spesso collegati, nella mentalità della gente contemporanea, con idee superstiziose o con paure di tipo magico.
Tali numeri non hanno alcun significato speciale dal punto di vista biblico, mentre invece sembra che le idee superstiziose o magiche su questi due numeri provengano da fonti antiche pagane o da rituali cabalistici medievali.

Il numero 40

indica convenzionalmente, nel mondo biblico, gli anni di una generazione; simbolicamente, esso significa un'esperienza completa di vita, in cui sono gustati e vissuti fino in fondo i suoi contenuti e significati.
Così i 40 anni di Israele nel deserto ( Nm 14,34 ), i quaranta giorni del diluvio ( Gen 7,4 ), i quaranta giorni di viaggio di Elia ( 1 Re 19,8 ), i quaranta giorni di digiuno per Cristo nel deserto ( Mc 1,13 ), che simbolicamente ripetono i 40 anni del popolo nel deserto.
Nel tempo della Chiesa, a partire dal IV secolo, si fa strada l'idea della Quaresima, quaranta giorni di più intensa preparazione alla Pasqua.

Il numero 100

indica una grande quantità.
Così « il centuplo » di Mt 19,29 significa una quantità indefinita ma grande; e le « cento pecore » di Lc 15,4 indicano un grande gregge, e forse l'intera grandezza del popolo di Dio.

Il numero 1000

indica anch'esso, nel mondo antico, una grande quantità, quasi il massimo umanamente concepibile, visibile e numerabile.
Nel mondo biblico, il mille esprime un numero indefinito indicante un periodo di tempo avvicinabile all'eternità, anche se inferiore ad essa.
Dio così fa grazia per « mille generazioni » ( Es 20,6; Ger 32,18 ); per lui, « mille anni » sono come un giorno ( Sal 90,4 ), e un giorno presso di lui vale più di mille vissuti altrove ( Sal 84,11 ).
Così il regno di « mille anni » di Cristo in Ap 20,1-6 ha il senso di un numero indefinito e incalcolabile per gli uomini, finito ma quasi vicino ad una eternità di tempo.

Il numero 10.000

intende una quantità incredibile, favolosa, con valore iperbolico (così Gen 24,60; Lv 26,8; 1 Sam 18,7; e probabilmente anche Lc 14,31 ); è il senso delle « miriadi di miriadi e migliaia di migliaia » come numero degli angeli, in Ap 5,11; paragonabile forse con l'espressione « più di dodici legioni di angeli » di Mt 26,53.
Di più, c'è solamente la « moltitudine immensa, che nessuno poteva contare » di Ap 7,9.

La strana matematica di Dio

Quanto valgono, quanto sono grandi gli uomini?
Essi possono anche lasciare impronte notevoli di se, ma di fronte alla morte valgono tutti zero.
E tutti gli uomini, sommati insieme, sembrano essere in questa prospettiva una lunga serie di zeri all'infinito negativo: zero più zero uguale zero.
Con Gesù Cristo, è entrato nel mondo qualcosa di completamente nuovo.
Egli, sulla croce, proprio nella sua morte, ha cambiato la vecchia logica di morte in servizio d'amore, e, unico fra tutti i mortali, è risorto: è diventato così davvero un « uno ».
E messo davanti all'umanità intera, davanti alla sfilza di tutti gli zeri che sono gli uomini, colui che è diventato il « primogenito dei morti » rende questa umanità un capitale infinito, le da un valore sterminato.
Quattro miliardi di zeri, presi da soli, sono uno zero ripetuto e basta; con un piccolo uno davanti, con quell'Uno rivelatesi nella carne umana e nel sacrificio di Cristo, quei quattro miliardi di zeri diventano un capitale di valore inestimabile, davanti a Dio.

domenica 28 gennaio 2018

il quinto vangelo di Tommaso


1.) Egli disse: - Chiunque trova la spiegazione di queste parole non gusterà la morte¹.1) Jo. VIII 51 e anche Jo. III 15-16; V 24; VI 40, 47; Mc. IX 1; Mt. XVI 28; Lc. IX 27.

2.) Gesù disse: - Colui che cerca non cessi dal cercare, finché non trova¹ e quando troverà sarà commosso, e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul Tutto².1) Cfr. Mt. VII 8 e Lc. XI 9 e 10. A differenza di Matteo e Luca quello di Tommaso è un chiaro invito alla gnosi. Anche nella Pistis Sophia 100 è detto:«Non cessate di cercare e non fermatevi finché non abbiate trovato i misteri purificatori che vi sublimeranno».2) L'itinerario gnostico avviene secondo le seguenti tappe: conoscenza del bene, sua accettazione, contemplazione, elevazione mistica, immedesimazione con Dio e di conseguenza dominio dell'universo cosmico.

3.) Gesù disse: - Se coloro che vi guidano vi dicono: «Ecco! Il Regno è nel cielo», allora gli uccelli del cielo vi saranno prima di voi. Se essi vi dicono: «Il Regno è nel mare», allora i pesci vi saranno prima di voi¹. Ma il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete che siete figli del Padre Vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione e sarete voi stessi privazione².1) Cfr. Lc. XVII 20-24; e anche Mc. XIII 5, 21-23; Mt. XXIV 26-28. L'aggiunta di Tommaso:«ed è fuori di voi» allude al fatto che, una volta effettuata la scoperta nella propria interiorità, occorrerà estraniarsi dalla materia, uscire dal proprio «io» terrestre per congiungersi e unificarsi con Dio.
Questo loghion sottolinea fortemente l'interiorità, l'attualità e spiritualità del Regno. Notare l'insistenza sulla conoscenza di sé che è uno dei temi centrali del Vangelo. Scintille del Padre, soltanto prendendo coscienza del proprio «io», vivono con il Padre che vive; in caso contrario sono povertà. In un contesto identico del Papiro di Ossirinco, 654, «chiunque conosce se stesso troverà il Regno... Conoscerete voi stessi e vedrete che siete figli del Padre». Un maestro gnostico non aveva dubbi a riguardo e avvertiva i discepoli: «Lascia la ricerca di Dio, la creazione e altre questioni consimili. Cercalo partendo da te stesso... Conosci le fonti del dolore, della gioia, dell'amore, dell'odio... Se esamini attentamente tali questioni troverai Dio in te stesso» (Ippolito, Refut., VIII, 15, 1-2).
2) Lo Pseudo Ippolito, Philosophumena V 6 ci spiega che, secondo la dottrina dei naasseni (una delle più antiche sette gnostiche), «la conoscenza dell'uomo è l'inizio della perfezione», l'ignoranza di se stessi è quindi imperfezione e tenebre. Per l'espressione «Figli del Padre Vivente» cfr. Rom. IX 26b e per la parte finale del paragrafo cfr. 1.Cor. VIII 2-3; XIII 12.

4.) Gesù disse: - L'uomo vecchio, nei suoi giorni, non esiti a interrogare il fanciullo di sette giorni¹ sul Luogo della Vita² ed egli vivrà. Poiché molti che sono i primi saranno gli ultimi e diventeranno uno solo³.1) Ricorda solo in apparenza Mc. IX 37; Mt. XVIII 3-4; Lc. IX 48, e Mt. XI 25 e Lc. X 21, che sono lodi dell'innocenza e semplicità dei fanciulli. Qui l'affermazione poggia su di una precisa teoria antropologica che i Philosophumena V 7 citano con una frase attribuita ad Ippocrate: «Il fanciullo di sette anni è la metà di suo padre», ossia: a sette anni il fanciullo ha raggiunto la pienezza dell'uso della ragione come un adulto-, dai sette ai quattordici acquisterà l'altra metà delle doti necessarie a completare il ciclo evolutivo, ma saranno solo più caratteristiche fisiche, legate alla carne, alla materia. A sette anni è quindi nelle condizioni migliori per una vita spirituale, non contaminata.2) Il «Luogo della Vita» o semplicemente il «Luogo» (in ebraico maqom), come la «Luce» sono termini correnti nello gnosticismo («Luce» anche in Giovanni) per indicare la divinità e la sua sede. La terminologia è già nel Timeo di Platone.3) La prima parte della sentenza è sostanzialmente uguale in Mc. X 31; Mt. 19 30; XX 16; Lc. XIII 39 e simile in Mc. IX 35 e Lc. IX 48. Per la seconda, cfr. Jo. XVIII II, 21, 23-24.
Gesù è l'insieme delle scintille di luce che sono appunto gli gnostici. Il vecchio che non esita a interrogare il fanciullo è l'uomo di fronte alla vita, che egli rischia di non raggiungere se non diverrà uno solo con essa ritrovando così l'unità primordiale.


5.) Gesù disse: - Conosci ciò che ti sta davanti, e ciò che ti è nascosto ti verrà rivelato; poiché non vi è nulla di nascosto che non venga un giorno rivelato¹.1) Cfr. Mc IV 22; Mt. X 26; Lc. VIII 17; XII 2.
Clemente Alessandrino insegnava che il primo grado della conoscenza è ammirare le cose che abbiamo davanti Stromata 2, 45 e nelle Kephalaia manichee leggiamo: «Il Salvatore ha detto ai suoi discepoli: "Conoscete quanto si trova davanta alla vostra faccia e vi sarà rivelato ciò che vi è nascosto"» Anche Pap. Oss., 654, riprende il testo nei seguenti termini: «Gesù dice: "Tutto ciò che non è davanti ai tuoi occhi e quanto ti è occulto ti sarà rivelato. Non c'è, infatti, cosa celata che non divenga manifesta, né cosa sepolta che non venga risuscitata"».


6.) I suoi discepoli lo interrogarono e gli dissero: - Vuoi tu che noi digiuniamo? E come dobbiamo pregare e fare l'elemosina? E quale dieta dobbiamo seguire?¹ - Gesù rispose: - Non dite menzogne²; non fate ciò che voi stessi odiate³. Perché tutte queste cose sono manifeste davanti al Cielo4. Infatti non vi è nulla di nascosto che non venga un giorno rivelato e nulla di coperto che rimanga senza diventare scoperto5.1) Anche in Mt. VI 1-18 (Lc. XI 1) i discepoli chiedono a Gesù istruzioni sulla preghiera, l'elemosina e il digiuno.2) Cfr. Eph. IV 25; Col. III 9.3) Cfr. Mt. VII 12; Lc VI 31.4) (Cielo, Verità) «Il Padre, che vede nel segreto» (Mt. VI 4, 6, 18).5) Cfr. Rom. II 16; 1Cor. IV 5.

7.) Gesù disse: - Beato il leone che l'uomo mangia, cosicché il leone diventi uomo, e sventurato l'uomo che il leone mangia, cosicché l'uomo diventi leone¹.1) Beato l'uomo ilico (fisico, leone) se l'uomo spirituale lo domina e lo annulla; sventurato l'uomo spirituale se si fa dominare dalla sua animalità.

8.) Ed egli disse: - L'uomo è simile ad un saggio pescatore che ha gettato la rete in mare: egli l'ha tirata su dal mare piena di piccoli pesci, in mezzo ai quali ha trovato un pesce grosso e buonissimo, questo saggio pescatore: egli allora ha buttato tutti i pesci piccoli dentro al mare, ha scelto il pesce grosso senza esitazione¹.
Chi ha orecchi per intendere intenda
²!1) Mt. XIII 47-50.2) Mc. IV 9, 23; VII 16; Mt. XI 15; XIII 9, 43; Lc. VIII 8; XIV 35; Ap. II 11, 17, 29; III 6, 13, 22; XIII 9.

9.) Gesù disse: - Ecco, il seminatore è uscito: ha riempito la mano ed ha sparso i semi. Alcuni sono caduti sulla strada, gli uccelli sono venuti e li hanno beccati. Altri sono caduti sulla roccia, non hanno potuto mettere radici nella terra e non hanno prodotto spighe. Altri ancora sono caduti tra le spine, che hanno soffocato il frumento, e i vermi li hanno divorati. Altri ancora sono caduti sulla terra buona e questa parte ha prodotto ottimo frutto: essa ha reso sessanta per uno e centoventi per uno¹.1) Mc. IV 3-8; Mt. XIII 4-8; Lc. VIII 5-8.

10.) Gesù disse: - Ho gettato il fuoco sul mondo ed ecco, veglio su di questo, finché esso arda¹.1) Cfr. Lc XII 49.

11.) Gesù disse: - Questo cielo passerà e passerà quello che vi sta sopra¹, e i morti non vivranno e i vivi non moriranno².1) Cfr. Mc. XIII 31; Mt. XXIV 35 (V 18); Lc. XXI 33 (XVI 17); (1Cor. VII 31). Ma qui è aggiunto anche «quello che vi sta sopra», cioé il secondo cielo, stando all'antica astronomia che ne comprendeva sette, così disposti, con la terra al centro: 1) Cielo delle acque superiori (piogge) e delle stelle; 2) Cielo degli angeli ribelli (cacciati dal quinto); 3) Paradiso e Sheol, sede delle anime in attesa di giudizio; 4) Cielo del Sole e della Luna; 5) Cielo degli angeli vigilanti; 6) Cielo degli arcangeli, cherubini, serafini, ecc.; 7) Dio, o meglio «Luogo di Dio».2) Cfr. Rom. VI 2-3; VIII 2-7; 11, 13; Col. II 13.

12.) In questi giorni in cui voi vi nutrite di cose morte, le rendete cose di vita: che farete quando sarete nella Luce, nel giorno in cui, essendo uno, diverrete due? Quando diverrete due, cosa farete¹?1) I Philosophumena IV 8, 31, dicendo che i naasseni consideravano «cose di vita» la ragione e l'intelligenza, ci aprono uno spiraglio per intendere questo passo: se la conoscenza di verità inferiori (cose morte) nutre la mente umana, che non avverrà all'uomo perfetto che potrà nutrirsi di verità superiori? Per una certa analogia, cfr. Jo. III 12: «Se non mi credete quando vi parlo di cose terrene, come crederete se vi parlerò di cose celesti?» Per la seconda parte, occorre tener presente ciò che sarà spiegato più avanti, al § 35, e quindi: quando il solitario in cerca di Dio si unirà ad un altro solitario verrà realizzato il primo grado dell'unita o Chiesa perfetta.

13.) I discepoli dissero a Gesù: - Sappiamo che tu ci lascerai: chi è che sarà grande sopra di noi? - Gesù rispose loro: - Dovunque andrete seguirete Giacomo il Giusto¹, colui a motivo del quale sono stati creati il cielo e la terra.1) Il passo ricorda le discussioni tra gli apostoli, su chi di loro fosse da considerare il più grande, di cui Mc. IX 34; Mt. XVIII 1; Lc. IX 46 e XXII 24, nonché il passo di Mt. XVI 17-19 relativo all'investitura di Pietro. La tradizione di un primato di Giacomo, fratello del Signore Gesù, o almeno di una sua autorità pari a quella di Pietro, è confermata dagli Atti, dalle Lettere Paoline, dal Vangelo degli Ebrei, da Gerolamo (Comm. in Mich. VII 7), da Eusebio (Hist. Eccl. II 3), dai Philosophumena V 7, e, naturalmente, dai testi gnostici.

14.) Gesù disse ai suoi discepoli: - Fate un confronto con me e ditemi a chi sono simile-. Gli disse Simone Pietro: - Tu sei simile ad un angelo giusto. Gli disse Matteo: - Tu sei simile a un filosofo di grande saggezza. Gli disse Tommaso: - Maestro, la mia bocca non è assolutamente in grado di dire a chi tu sei simile¹.
Gesù disse: - Io non sono più tuo maestro, perché tu sei ebbro: ti sei inebriato alla copiosa sorgente che è emanata da me
². Poi lo prese in disparte e gli disse tre parole³. Allora, quando Tommaso tornò dai suoi compagni, essi gli domandarono: - Che cosa ti ha detto Gesù? - Rispose loro Tommaso: - Se vi dico una sola delle parole che egli mi ha detto, voi prenderete delle pietre e me le scaglierete, e un fuoco uscirà dalle pietre e vi brucierà.1) Cfr. Mc VIII 27-30; Mt. XVI 13-16; Lc. IX 18-21, in cui però il riconoscimento della messianità di Gesù è attribuito a Pietro.2) Per il paragone con la sorgente di vita, cfr. Jo. IV 10; VII 37-38; Ap. XXI 6.3) Inutile domandarsi quali fossero le tre parole: il carattere esoterico della dottrina gelosamente custodita da Tommaso, non permette di penetrare il mistero. Parecchie sette religiose si servivano, nelle loro iniziazioni, di parole magiche. D'altronde al potere occulto di certe parole si credeva anche nell'ebraismo (cfr. alcune guarigioni di Gesù riferite dai Vangeli) e la credenza è largamente passata nella magia medievale.

15.) Gesù disse loro: - Se voi digiunerete, commetterete colpa verso voi stessi; se pregherete, sarete posti sotto giudizio; se farete l'elemosina, farete danno al vostro spirito¹. Se andrete in qualche terra e vi aggirerete per la contrada, se vi riceveranno, mangiate ciò che vi metteranno davanti, e coloro che sono malati fra di loro, guariteli². Poiché, non ciò che entra nella vostra bocca vi contaminerà, ma ciò che esce dalla vostra bocca: questo vi contaminerà³.1) Come al § 6 è qui dichiarata l'inutilità del digiuno (che è un danno per il corpo), della preghiera (richiesta di aiuto dall'esterno), dell'elemosina (accomodante compromesso alla legge dell'uguaglianza). Cfr. Col. II 20-23.2) In contrapposto alle precedenti, qui sono presentate due pratiche di vera caritas: la fratellanza nell'agàpe e la guarigione dei malati. Cfr. Lc X 8-9 (Mc. VI 13; Mt. X 8) e, parzialmente, 1Cor. X 27.3) Mc. VII 15; Mt. XV 11.

16.) Gesù disse: - Quando vedete Colui che non è nato da donna, prostratevi col viso a terra ed adoratelo: Egli è il vostro Padre¹.1) Non c'è solo in questa definizione l'antitesi con l'espressione biblica «nato da donna», come sinonimo di uomo soggetto al peccato originale, ma c'è il rifiuto degli gnostici del tempo ad accettare l'incarnazione del Logos per opera di donna. Cfr. Jo. I 13, se si intende con Ireneo e Tertulliano xyzxyzxyz e cioè: «a quelli che credono nel nome di lui, che non è nato da sangue, né da volontà di carne, ecc.»come pare logico intendere dato il senso di tutto il contesto.

17.) Gesù disse: - Gli uomini certamente credono che io sia venuto a portare la pace nel mondo, ed essi non sanno che io sono venuto a portare sulla terra le discordie, il fuoco, la spada, la guerra. Infatti saranno cinque in una casa e si schiereranno tre contro due e due contro tre, padre contro figlio e figlio contro padre¹, e si leveranno come solitari².1) Mt. X 34-36; Lc. XII 49, 51-53.2) L'espressione non va intesa «si troveranno isolati gli uni dagli altri», in lotta e in odio tra di loro, ma: il fermento che le parole di Gesù produrranno tra gli uomini li stimolerà a discutere e meditare tra di loro e li porterà a cercare la solitudine (a farsi solitari), condizione necessaria per intraprendere la via della gnosi.

18.) Gesù disse: - Io vi dirò ciò che occhio non ha mai veduto e ciò che orecchio non ha mai inteso, ciò che mano non ha mai raggiunto e ciò che non è mai affiorato nel cuore dell'uomo¹.1) Cfr. Lc. X 24; 1Cor. II 9.

19.) I discepoli domandarono a Gesù: - Dicci quale sarà la nostra fine¹-. Gesù rispose: - Avete forse scoperto il principio, che mi interrogate intorno alla fine? Infatti, dove è il principio, lì sarà la fine². Beato colui che raggiungerà il principio: egli conoscerà la fine e non gusterà la morte³.1) Mc. XIII 4; Mt. XXIV 3; Lc. XXI 7.2) Cfr. Jo. I 1 e specialmente Ap. I 8; XXI 6; XXII 13.3) Quando sarà ricongiunto a Dio il «perfetto» avrà vita eterna.

20.) Gesù disse: - Beato colui che era, prima di venire al mondo¹!1) Come apparirà chiaro da paragrafi successivi (27 e 90) questo logion richiama la dottrina platonica che è alla base dello gnosticismo: la creazione è copia di «idee» o «immagini» (Tommaso nei § 27, 55 e 90 userà appunto il vocabolo greco xyzxyz) che hanno la loro vera esistenza nella Mente di Dio. Il concetto platonico di mimesi e metessi, con cui queste «idee» del mondo iperuranio si materializzano, è tradotto dagli gnostici nel concetto di emanazione: da Dio discende per emanazione di «entità» (eoni) il cosmo astrale, da questi discendono gli eoni del mondo sensibile.

21.) Se diventate miei discepoli e ascoltate le mie parole, anche queste pietre saranno al vostro servizio¹.1) Anche in Jo. XIII 35 e XV 9 vi è la sollecitazione di Gesù ai discepoli di dare ascolto ai suoi insegnamenti. Quanto all'accenno alle pietre quali strumento di fatti eccezionali, cfr. Mt. III 9; IV 3; e paralleli Lc. III 8 e IV 3.

22.) Poiché avete in Paradiso cinque alberi che non mutano né estate né inverno, e le loro foglie non cadono mai¹. Chi li conoscerà non gusterà la morte.1) Divagazioni sul Paradiso come luogo di delizie naturali, con alberi sempre carichi di frutti, sono frequenti non soltanto nella letteratura apocrifa, e rappresentano una ingenua aspirazione al benessere delle masse sofferenti la miseria in questa vita. Gli «alberi» hanno valore simbolico, derivato da Gen. II 9 e specialmente da Ap. II 7 e XXII 2. Nella speculazione gnostica i «cinque alberi della Vita» rappresentano le cinque entità superiori primigenie, che in Paradiso hanno le loro radici e di lì ramificano e fruttificano: Spirito, Pensiero, Riflessione, Intelletto e Ragione. Si veda anche il Vangelo dell'infanzia dello Pseudo-Matteo, capp. XX e XXI, in cui si racconta come e perché Gesù abbia assegnato al Paradiso l'albero della palma, quale simbolo di vittoria.

23.) I discepoli domandarono a Gesù: - Dicci a che cosa è simile il Regno dei Cieli. Egli rispose: - Esso è simile a un granello di senapa. Questo è il più piccolo di tutti, ma quando cade sulla terra arata produce un alto tronco e diviene riparo per gli uccelli del cielo¹.1) Cfr. Mc. IV 30-32; Mt. XIII 31-32; Lc. XIII 18-19.

24.) Maria domandò a Gesù: - A chi sono simili i tuoi discepoli? - Egli rispose: - Sono simili a fanciulli i quali si sono introdotti in un campo che non è il loro. Quando verranno i proprietari del campo, diranno loro: «Lasciateci il nostro campo!» Ed essi alla loro presenza si spogliano dei loro vestiti, per lasciar loro e restituire il campo¹.1) Il campo che non appartiene ai discepoli di Gesù, ormai sulla via della «perfezione», è questo mondo, il mondo della materia, che essi dovranno lasciare, spogli di ogni impurità. Anche in 2Cor. V 3 Paolo usa l'immagine dei corpi che si spogliano per lasciare «la tenda in cui abitiamo su questa terra».

25.) In verità vi dico: se il padrone di casa sa che un ladro viene, starà in guardia prima che venga e non gli permetterà di introdursi nella casa di suo possesso e di portar via le masserizie. Voi dunque siate vigilanti di fronte al mondo e cingetevi i fianchi di grande potenza, affinché i briganti non trovino il modo di giungere a voi, perché essi troverebbero il punto debole che voi proteggete!¹
1) Con significato escatologico (che qui manca, perché si allude alla vittoria dello «spirituale» sulle tentazioni della materia), la parabola si trova anche in Mc. III 27 e, sdoppiata, in Mt. XXIV 43-44; XII 29; Lc. XII 39-40; XI 21-22. Si veda inoltre l'identica esortazione; «Cingetevi i fianchi!», in Lc. XII 35 (Eph. VI 14) e l'invito ad essere vigilanti ripetuto in Mt. XXV 13. L'immagine dell'evento finale che giunge improvviso «come un ladro» è pure in Tess. V 2; Ap. III 3; XVI 15a.

26.) Ci sia in mezzo a voi un uomo avveduto: appena il frutto è maturato, egli è uscito in fretta, con la falce alla mano, per raccoglierlo¹. Chi ha orecchi per intendere intenda!²
1) È il versetto finale della parabola di Mc. IV 26-29, che ha lo stesso significato di questo paragrafo; quasi un corollario alla parabola del seminatore, perché indica il momento in cui si raccolgono i frutti. Non si nota relazione (sia Craveri che Doresse) con gli angeli mietitori, in funzione punitiva, di Mt. XIII 37-43 e Mt. III 12; Lc. XIII 16-17; Jo. IV 36-38; Ap. XIV 15.2) Cfr. sopra la nota 2 al § 8.

27.) Gesù vide dei bambini che stavano poppando. Egli disse ai suoi discepoli: - Questi bambini che stanno poppando sono simili a coloro che entrano nel Regno. Essi allora gli domandarono: - Se saremo piccoli, entreremo nel Regno?¹ Gesù rispose loro: - Quando farete in modo che due siano uno, e farete si che l'interno sia come l'esterno e l'esterno come l'interno, e l'alto come il basso, e quando farete del maschio e della femmina una cosa sola, cosicché il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina², e quando metterete un occhio al posto di un occhio e una mano al posto di una mano e un piede al posto di un piede, un immagine al posto di un immagine, allora entrerete³.1) Mc. X 13-15; Mt. XIX 13-15; Lc. XVIII 13-17 e Mc. IX 35-37; Mt. XVIII 1-4; Lc. IX 46-48. Per il diverso concetto dei «bambini» confronta sopra la nota 1 al § 4.2) Per capire questa prima parte del logion, che sviluppa il concetto di «perfezione» come unità degli opposti, occorre tener presente la dottrina gnostica emanazionistica. Dio, punto di origine e vertice di tutte le cose, si esprime attraverso «manifestazioni» (ipostasi) che sono formate a coppie (sizigie), ciascuna di un elemento maschile e di un elemento femminile, padre e madre della sizigia seguente. Dalle prime quattro coppie, spirituali, discendono, sempre a coppie, gli Eoni inferiori (decade e dodecade) fino a Psyche-Hule (Anima e Materia) che compongono l'Uomo terrestre. Ogni essere è quindi composto di elementi contrari, a coppie (alto e basso, esterno e interno, maschile e femminile) e la sua perfezione sarà solo nell'annullamento, o meglio nella fusione, di essi. Nell'affermazione «che il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina» è da riconoscere il concetto sublime del superamento dei problemi sessuali, lo stesso concetto che è espresso nel «neque nubent neque nubentur» di Mc. XII 25; Mt. XXII 30; Lc. XX 35. Nessun riferimento, invece, a Mc. X 6-8; Mt. XIX 5-6; ed Eph. V 31: «l'uomo... si unirà a sua moglie e i due diverranno una stessa carne» e nemmeno a Gal. III 28: «non c'è... né schiavo libero, né maschio né femmina, ecc.», che allude alla parità di tutti i fedeli di fronte a Dio.3) È l'esemplificazione del riassorbimento della realtà fenomenica in Dio, secondo la dottrina platonica (cfr. sopra nota 2 del § 2 e nota 1 del § 3): quando al posto di ogni occhio, mano, piede corporeo vi sarà un occhio, una mano e un piede, pure «immagine» ideale, si sarà tornati nell'iperuranio, congiunti con la divinità, nella cui mente tutte queste apparenze hanno la loro vera realtà. Più grossolanamente 1Cor. XV 38, 40, 44 parla di corpo «spirituale» e «corpo terrestre», accettando la creazione in senso biblico.

28.) Gesù disse: - Io vi sceglierò uno fra mille e due fra diecimila, e si leveranno come una cosa sola¹.1) Cfr. Mt. XXII 14; Jo. XV 16.

29.) I suoi discepoli dissero: - Mostraci il Luogo dove tu sei, poiché ci è necessario trovarlo¹. Egli rispose loro: - Chi ha orecchi, intenda²: se la luce esiste in un essere luminoso, allora esso illumina l'universo intero; ma esso non brilla, vi sono le tenebre³.1) Cfr. Jo. XIV 4-6, dove è proprio Tommaso l'incredulo a dialogare con Gesù intorno al «Luogo» e alla «Via» per giungervi.2) Cfr. sopra la nota 2 al § 8.3) Perfettamente intonata alla domanda che gli è stata posta («Mostraci il Luogo dove tu sei») questa risposta di Gesù, se si tien conto dell'identità di significato tra «Luogo» e «Luce» per indicare la divinità nella sua collocazione e nella sua entità luminosa (cfr. sotto § 55). Gesù, emanazione di Dio-Luce, è egli stesso «l'Essere luminoso» (cfr Jo. VIII 12 e XII 46), è un'epifania (Hebr. I 3): ma se la luce da lui irradiante non illumina i discepoli, rimangono le tenebre (cfr. Ap. XXII 5; Eph. V 13; 2Cor. IV 6 e Jo. III 19). Un'analogia tra le espressioni del paragrafo di Tommaso e Lc. XI 33-36 (Mt. VI 22-23) ci permette di interpretare opportunamente la parabola della «lucerna e dell'occhio» (e non come di solito viene intesa, quale invito alla purezza), tanto più se la confrontiamo con Jo. V 35 dove si paragona Giovanni Battista alla «lampada che arde e illumina».

30.) Gesù disse: - Ama tuo fratello come la tua anima e vigila su di lui come sulla pupilla del tuo occhio¹.1) Cfr. Mc. XII 31; Mt. XIX 19b; XXII 39; Lc. X 27b. Per la seconda parte del logion vedi Deut. XXXII 10 e Prov. VII 2.

31.) Gesù disse: - Tu vedi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, ma non vedi la trave che è nel tuo. Quando avrai levato la trave dal tuo occhio, allora potrai levare la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello¹.1) Mc. VII 3-5 e Lc. VI 41-42.

32.) - Se non farete astinenza del mondo non troverete il Regno. Se non farete Sabato il Sabato, non vedrete il Padre¹.1) Nella prima parte vi è la sollecitazione a rinunciare al mondo e ad aspirare al Regno come in Mt. VI 25, 33 e Lc. XII 22, 31; nella seconda parte l'invito a rispettare il giorno del Signore.

33.) Gesù disse: - Ho preso posto al centro dell'universo e nella carne mi sono manifestato a costoro¹. Ma li ho trovati tutti ubriachi: non ho trovato in mezzo a loro nemmeno uno che avesse sete. E l'anima mia si è addolorata per i figli dell'uomo, perché essi sono ciechi nel cuore, e poiché sono venuti al mondo nudi, essi cercano di uscire di nuovo nudi dal mondo. Ma ora essi sono ubriachi. Quando avranno smaltito il vino, allora si pentiranno².1) 1Tim III 16. L'espressione «al centro dell'universo» indica la posizione astrale dell'eone Gesù che, nel simbolo grafico T, è il punto d'incontro tra la linea orizzontale (il «Luogo di Dio») e la verticale (le emanazioni), o nella croce X è al centro tra il mondo superiore e il nostro.2) Cfr. soprattutto Lc. XXI 34.

34.) Gesù disse: - Se la carne è venuta nell'esistenza per opera dello spirito, è un miracolo; ma se lo spirito per opera della carne, questo è un miracolo di un miracolo¹. E io mi meraviglio di come una così grande ricchezza abbia preso dimora in tale povertà².1) Cfr. Jo. III 5-8, in cui però il significato gnostico è meno accentuato. Tommaso vuol dire che è miracolosa la manifestazione sotto aspetto di uomo terrestre di un eone spirituale (Gesù), addirittura superiore al miracoloso, e quindi incredibile, che la materia generi lo spirito.2) Sia Craveri che Doresse sono abbastanza concordi nel ritenere questa frase un commento del compilatore: «È meraviglioso che una così grande ricchezza (lo spirito) abbia preso dimora in tanta povertà (la materia)!»

35.) Gesù disse: - Dove ci sono tre dei, essi sono dei; dove sono due o uno, io sono con lui¹.1) La seconda parte ricorda Mt. XVIII 20, ma la prima parte conferisce a tutta la sentenza un significato assai più complesso. Ci aiutano a capirla vari passi di Salmi Manichei e un commento di Efrem Siro in Concord. evang. XIV 24. «Uno solo» è un solitario, che si estranea dal mondo per cercare il Regno e Cristo è con lui; «due», se stanno insieme in concordia, rappresentano l'ultimo passo verso la perfezione dell'«unità» (cfr. § 12) e ciò dà loro la forza di spostare montagne (cfr. §§. 53 e 113); «tre», uniti insieme, realizzano la Chiesa perfetta: essi hanno ormai raggiunto la divinità degli eoni superiori, sono dèi essi stessi. Cfr. Ps. LXXXII 6.

36.) Gesù disse: - Nessun profeta è ben accolto nel suo paese, e un medico non opera guarigioni tra coloro che lo conoscono¹.1) Mc. VI 4; Mt. XIII 57; Jo. IV 44, e soprattutto Lc. IV 23-24.

37.) Gesù disse: - Una città costruita su di un'alta montagna e fortificata non può cadere né essere nascosta¹.1) Cfr. Mt. V 14b.

38.) Gesù disse: - Ciò che tu udirai col tuo orecchio e con l'altro orecchio, proclamalo dai tetti!¹ Infatti nessuno accende una lampada per metterla sotto un moggio o in un luogo nascosto, ma la mette in un candelabro, in modo che tutti quelli che entrano ed escono possano vedere la luce².1) Cfr. Mt. X 27 e Lc. XII 3.2) Mc. IV 21; Mt. V 15; Lc VIII 16 e XI 33.

39.) Gesù disse: - Se un cieco conduce un altro cieco cadono ambedue in un fosso¹.1) Cfr. Mt. XV 14 e Lc. VI 39.

40.) Gesù disse: - Non è possibile che qualcuno entri nella casa del forte e che gli faccia violenza, a meno che gli leghi le mani. Allora svaligerà la casa¹.1) Cfr. Mc. III 27; Mt. XII 29 (Lc. XI 21-22).

41.) Gesù disse: - Non datevi pensiero dal mattino alla sera e dalla sera al mattino di che cosa indosserete¹.1) Cfr. Mt. VI 25; Lc. XII 22. Ma qui il senso è diverso: non preoccuparsi delle apparenze esteriori, non prendersi troppa cura del mondo; il corpo è soltanto l'involucro imperfetto ed imperituro dell'anima.

42.) I discepoli dissero: - Quando ti manifesterai a noi, e quando ti vedremo?¹ Gesù rispose: - Quando vi spoglierete senza provare vergogna, e vi toglierete gli abiti e li deporrete ai vostri piedi come i bambini e li calpesterete. Allora vedrete il Figlio dell'Essere Vivente e non avrete paura².1) Jo. XIV 22.2) I «perfetti» godranno della visione del Logos nella sua vera «immagine» di eone spirituale («Figlio dell'Essere Vivente») quando si saranno spogliati della loro materialità, senza nessuna preoccupazione per il corpo. Per il confronto con l'innocenza dei bambini, cfr. Gen. II 25 e III 7 in cui si accenna al mito di Adamo ed Eva, nudi senza vergogna finché erano innocenti e puri, costretti a coprirsi con la foglia di fico dopo la conoscenza del peccato.

43.) Gesù disse: - Molte volte voi avete desiderato di ascoltare queste parole che io vi dico, e non avete nessun altro da cui udirle. Verranno i giorni in cui mi cercherete e non mi troverete¹.1) Cfr. Lc. XVII 22; Jo. VII 34 (VIII 21; XIII 33).

44.) Gesù disse: - I farisei e gli scribi hanno ricevuto le chiavi della conoscenza, ma essi le hanno nascoste: non hanno saputo entrare essi stessi, né hanno lasciato entrare quelli che lo desideravano¹. Ma voi siate astuti come i serpenti e puri come le colombe².1) Cfr. Mt. XXIII 13 e specialmente Lc. XI 52 in cui ricorre la stessa espressione: «le chiavi della conoscenza».2) Cfr. Mt. X 16 in cui però la sentenza, che in Tommaso è una regola di condotta per chi è nella via della gnosi (acutezza di mente e purezza di costumi), ha (in Matteo) il carattere di una massima (poco confacente agli insegnamenti di Gesù) consigliante prudenza e astuzia onde evitare condanne.

45.) Gesù disse: - Un ceppo di vite è stato piantato fuori del Padre, e poiché esso non ha attecchito sarà strappato dalle radici e perirà¹.1) Cfr. Mt. VII 19; XV 13 e soprattutto Jo. XV 1-6.

46.) Gesù disse: - A chi ha verrà dato, ma a chi non ha verrà tolto anche il poco che possiede¹.1) Cfr. Mt. XIII 12: Lc. VIII 18. Con diverso significato la sentenza è stata poi messa a conclusione della parabola delle «mine» (Mt. XXV 29; Lc. XIX 26) e con altro significato ancora è in Mc. IV 25.

47.) Gesù disse: - Siate viandanti!¹
1) L. Moraldi traduce «Siate transeunti!».
Esortazione ad avviarsi per la via della gnosi. Per Tommaso l'uomo perfetto è il «solitario», qui sembra sia presente la condizione sociale del predicatore itinerante. La solitudine consiste soprattutto nella separazione dalla famiglia e nell'assenza di vincoli terreni, poiché l'uomo appartiene originariamente al cielo. Sperimentando ora la prigionia del corpo, la sua anima deve cercare il dialogo col cielo. È anche implicito il concetto dell'homo viator come in Hebr. XI 13b-16.


48) I suoi discepoli gli domandarono: - Chi sei tu che ci dici queste cose? - Da ciò che vi dico non riconoscete chi sono?¹ In verità siete diventati simili ai Giudei: essi infatti o amano l'albero e ne detestano il frutto, o amano il frutto e detestano l'albero².1) Anche in Jo. VIII 25 la medesima perplessità dei discepoli: «Chi sei tu?» Lo stesso versetto di Giovanni dà, in forma affermativa, la risposta che Tommaso esprime come interrogazione retorica: «Sono per l'appunto quello che vi sto dicendo».2) Legata com'è alle parole precedenti, la massima non può che riferirsi all'incoerenza dei Giudei i quali, pur amando Dio (l'albero), non riconoscono che Gesù ne sia il Figlio (frutto), oppure, pur apprezzando le opere di Gesù non lo ritengono Figlio di Dio.

49) Gesù disse: - Chiunque bestemmia contro il Padre, gli sarà perdonato, e chiunque bestemmia contro il Figlio, gli sarà perdonato; ma chi bestemmia contro lo Spirito non sarà mai perdonato, né sulla terra né in cielo¹.1) Mc. III 28-29; Mt. XII 31-32; Lc. XII 10. Ma solo l'ultimo è vicino al concetto di Tommaso, a quanto pare dal versetto che precede immediatamente queste parole nel suo Vangelo: «Chi mi avrà rinnegato davanti agli uomini, ecc.» (Lc. XII 9).

50.) Gesù disse: - Non si raccoglie uva dai rovi e non si raccolgono fichi dagli spini: essi non danno frutto. L'uomo buono dal suo forziere trae fuori cose buone; l'uomo malvagio dal cattivo forziere che è nel suo cuore ne trae fuori di cattive e ne dice di cattive: poiché cose cattive egli ricava dall'abbondanza che c'è nel suo cuore¹.1) Lc. VI 44-45 conserva in forma quasi identica questo logion di Gesù, e nello stesso ordine. Matteo lo ha spezzettato, utilizzando ciascun moncone a scopi diversi (VII 16-17; XII 35; XII 34b).

51.) Gesù disse: - Da Adamo fino a Giovanni Battista non c'è stato nessuno, tra coloro che sono nati da donna, più grande di Giovanni Battista. Ma, affinché gli occhi non si ingannino, io ho però detto che chiunque tra di voi si fa piccolo conoscerà il Regno e diventerà più grande di Giovanni Battista¹.1) Mt. XI 11; Lc. VII 28. Secondo alcuni (Craveri in primis) l'aggiunta di Tommaso: «affinché gli occhi non si ingannino» dovrebbe significare: «affinché non vi fermiate alle apparenze e riteniate che egli fosse il Logos atteso» (cfr. Jo. I 19-23).

52.) Gesù disse: - È impossibile per un uomo cavalcare due cavalli e tendere due archi, ed è impossibile per un servo servire due padroni: altrimenti egli rispetterà l'uno e sarà insolente con l'altro. Nessun uomo beve vino vecchio e contemporaneamente desidera bere vino nuovo; e non si versa vino nuovo in otri vecchi, per timore che essi scoppino, né si mette vino vecchio in otri nuovi, perché essi non lo guastino. E non si cuce una toppa vecchia su di un vestito nuovo, perché si produrrebbe uno strappo¹.1) Il paragrafo ha ancora attinenza con quanto precede: un'eco della polemica tra i mandei, seguaci di Giovanni Battista, e i seguaci di Gesù. Anche nei sinottici Mc. II 21-22; Mt. IX 16-17 e Lc. V 36-38 (39), quella che costituisce la seconda parte di questo paragrafo («vino negli otri, toppa nel vestito») riguarda tale polemica. La prima parte («servire due padroni») è stata invece spostata in Mt. VI 24 e Lc. XVI 13 a commentare l'impossibilità di seguire Dio e Mammona.

53.) Gesù disse: - Se due sono in pace tra di loro in una stessa casa, essi potranno dire a una montagna: «Spostati!», ed essa si sposterà¹.1) Anche Mt. XVIII 19 dichiara la presenza della Chiesa dove «due sono d'accordo». L'espressione è invece utilizzata ad altri fini da Mc. III 25; Mt. XII 25 e Lc. XI 17. Quanto alla seconda parte del paragrafo («la fede che dà la forza di spostare montagne») cfr. Mt. XVII 20 e XXI 21; Mc. XI 23; Lc. XVII 6.

54.) Gesù disse: - Beati voi, solitari ed eletti, perché troverete il Regno! Infatti da esso voi siete usciti e in esso tornerete di nuovo¹.1) Il paragrafo ripete i concetti esposti anche in altri punti di questo Vangelo: della perfezione («gli eletti») della solitudine e del ritorno all'anima, caduta nella materia, al mondo iperuranio. (Cfr. Jo. XIV 23).

55.) Gesù disse: - Se vi domandano: «Di dove siete venuti?», rispondete: «Siamo venuti dalla Luce, dove la luce si è originata da se stessa. Essa è sorta e si è manifestata nella nostra immagine»¹. Se vi domandano: «Che cosa siete voi?», rispondete: «Noi siamo i figli e gli eletti del Padre Vivente»². Se vi domandano: «Quale segno del vostro Padre è in voi?», rispondete loro: «È un movimento e una quiete»³.1) Tutte le religioni uraniche, come il cristianesimo, identificano nel cielo luminoso il loro Dio. Secondo gli gnostici, nell'atto di manifestarsi, per emanazione, Dio (dimora della luce) diventa Luce (=illuminazione): Luce nata dalla Luce, Lumen de Lumine (cfr. 1Jo. I 5). Che poi le anime abbiano origine da questa Luce e in essa debbano tornare rientra nella dottrina neoplatonica delle emanazioni. Allo stato iniziale (prima di entrare nella materia) e allo stato finale (al loro ritorno nell'iperuranio) le anime sono pure «immagini» o «idee».2) Cfr. Rom. IX 26 (=Os. I 10). Invece in Lc. XVI 8; Jo. XII 36; Eph. V 8; 1Tess V 5 si parla di «figli della Luce». Inoltre in Jo. XVII 14, 16 è detto degli apostoli («i perfetti»): «essi non sono di questo mondo».3) Al concetto dell'Empireo come quiete e immobilità assoluta, segno di perfezione aliena da ogni perturbamento, si associa l'idea di Dio (che in esso ha sede e con esso si identifica) come Primo Motore. Le anime portano in sé, in quanto esistono, il segno di questo moto che le ha create e della quiete perfetta a cui aspirano di tornare. Sul concetto di «riposo in Dio» si veda Hebr. IV 1-11, che però deriva da Ps. XV 8-11.

56.) I discepoli gli dissero: - Quando verrà il riposo per coloro che sono morti, e quando verrà il nuovo mondo? - Ed egli disse loro: - Ciò che voi attendete è già venuto, ma voi non lo riconoscete¹.1) La prima parte del paragrafo si ricollega a quanto precede. Per la seconda cfr. Jo. V 25-29, 43a e, per la somiglianza dei vocaboli, anche Mt. XVII 11-12.

57.) I discepoli gli dissero: - Ventiquattro profeti hanno parlato in Israele, ed essi tutti hanno parlato di te. Ed egli disse: - Voi avete dimenticato Colui che è vivo davanti a voi e avete parlato di morti!¹.1) Cfr Jo. I 45; V 39-40.

58.) I discepoli gli dissero: - Può essere utile o no la circoncisione? - Ed egli disse loro: - Se fosse utile, il loro Padre li avrebbe generati circoncisi già dalla madre. Ma la sola circoncisione in ispirito è veramente utile¹.1) Cfr. Rom II 25-29; 1Cor. VII 10; Gal. V 6; Col. II 11.

59.) Gesù disse: - Beati i poveri, perché vostro è il Regno dei Cieli!¹.1) L'identità di questa beatitudine con quella di Lc. VI 20 conferma che tale doveva essere la formula originaria, e quella di Mt. V 3 «Beati i poveri di spirito» è un'alterazione posteriore, per cancellare ogni traccia di ebionismo.

60.) Gesù disse: - Colui che non odierà il padre e la madre non potrà divenire mio discepolo, e i suoi fratelli e le sue sorelle, e (non) prenderà la sua croce come me, non sarà degno di me¹.1) Cfr. Mt. X 37-38; Lc. XIV 26-27 e anche Mc. VIII 34; Mt. XVI 24; Lc. IX 23.

61.) Gesù disse: - Colui che ha conosciuto il mondo ha trovato un cadavere, e chi ha trovato un cadavere, il mondo non è degno di lui¹.1) L'anima umana è imprigionata nel corpo come in una tomba, da quando è scesa nella materia («ha conosciuto il mondo»), ma essendo spirituale non è degna di continuare a rimanere in essa. Cfr. Rom. VI 3-6 e VIII 5-11.

62.) Gesù disse: - Il Regno del Padre è simile a un uomo che getta il buon seme. Di notte è venuto il suo nemico e ha seminato zizzania in mezzo al buon seme. Ma l'uomo non ha loro permesso di strappare la zizzania. Ha detto loro: «Per timore che voi strappiate la zizzania e strappiate insieme anche il frumento». Poiché nel giorno della mietitura la zizzania sarà riconoscibile e si strappa e si brucia sul fuoco¹.1) Cfr. Mt. XIII 24-30

63.) Gesù disse: - Beato l'uomo che ha sofferto: egli ha trovato la vita!¹
1) Questa beatitudine non si trova tra quelle dei sinottici; ma l'idea che la sofferenza sia una forma di purificazione è frequente nel cristianesimo.

64.) Gesù disse: - Volgete lo sguardo al Vivente, finché siete vivi, affinché non moriate e cerchiate di vederlo e non possiate vederlo!¹
1) Il «Vivente» è Gesù (cfr. l'Incipit) in quanto, come eone spirituale, non è «cadavere» nella materia. Anche il «vivi» riferito ai discepoli va preso in senso simbolico: essi sono già sulla via della perfezione e del distacco dalla materia, ma potrebbero ricadervi, se obliassero gli insegnamenti di Gesù.

65.) Un samaritano portava un agnello, andando in Giudea. Egli disse ai suoi discepoli: - Perché costui fa cosi riguardo all'agnello? - Essi gli dissero: - Perché egli lo ucciderà e lo mangerà. Ma egli disse loro: - Non lo mangerà finché è vivo, ma se lo avrà ucciso ed esso sarà divenuto cadavere. Essi dissero: - In nessun altro modo potrà farlo! - Ed egli disse loro: - Anche voi cercate dunque un posto per voi stessi nella Quiete, affinché non diventiate cadaveri e non siate mangiati¹.1) La conclusione del paragrafo ci indica che esso va collegato al precedente: un'esortazione del Vivente perché i discepoli aspirino a Dio (la «Quiete») e non si lascino di nuovo seppellire nella materia. Di conseguenza la parabola del Samaritano e dell'agnello va intesa in questo senso: il Samaritano rappresenta la potenza del male, l'eone decaduto, il Principe di questo mondo (cfr. Jo. VIII 48) che non può far male a chi è «vivo» (l'agnello), lo divora invece se si impadronisce di lui, rendendolo cadavere. Sul simbolismo dell'agnello come discepolo di Gesù le testimonianze sono numerose: cfr. Mt. X 16 e Lc. X 3 («come agnelli tra i lupi»); Mt. XVIII 12-14 e Lc. XV 4-7 («la pecorella smarrita»), ecc.

66.) Gesù disse: - Due riposeranno sopra un letto: uno morirà, l'altro vivrà¹.1) Lc. XVII 34 e per analogia di concetto Mt. XXIV 40-41.

67.) Disse Salomè: - Chi se tu, uomo, e di chi sei (figlio)?, tu che hai preso posto nel mio giaciglio e mangi alla mia tavola?¹ Gesù le disse: - Io sono Colui che viene da Colui che mi è uguale: quello che mi è dato (è) delle cose di mio Padre². - Io sono tua discepola!³ - Per questo io dico: chi si troverà Uno sarà inondato di luce, chi sarà diviso verrà avvolto nelle tenebre4.1) Che sia una donna a interrogare Gesù non è una novità nel Vangelo di Tommaso (cfr. § 24). Una Salomè al seguito di Gesù è ricordata in Mc. XV 40 e XVI 1: forse la stessa che Mt. XX 20 sgg. e XXVII 56 indicano come madre dei fratelli Zebedei. Molto più di frequente Salomè, discepola di Gesù, è nominata negli apocrifi (Vangelo degli Egiziani, Pistis Sophia, Vangelo di Mani). Epifanio, Haer. 78, 8 e Ancor. 60, chiama con questo nome una delle sorelle di Gesù. Qui l'argomento del paragrafo è, come ai §§. 27, 28, 35 e 113, l'invito all'unità, e specialmente, come al § 53, la dichiarazione della forza che dà la fede, «se due sono in pace tra di loro», condizione qui simboleggiata dal «dormire nello stesso giaciglio e mangiare alla stessa tavola».2) Cfr. Mt. XI 27; Lc. X 22; Jo. III 34-35; V 19-20; VI 38-39; VIII 28-29; XII 49; XV 24; XVII 7 e in particolare, per il loro concetto di identità fra Dio e Gesù, Jo. X 30 e XIV 10.3) Ricorda la professione di fede di Maria di Bethania in Jo. XI 27.4) Cfr. §§. 27 e 29.

68.) Gesù disse: - Io rivelo i miei misteri a coloro che sono degni dei miei misteri1. Quello che fa la tua destra, lo ignori la tua sinistra².1) Cfr. 1Cor. II 6-8; 2Cor. XII 4b; Col. I 26.2) Cfr. Mt. VI 3. Ma qui non è un'esortazione a fare l'elemosina «in segreto», bensí a mantenere il segreto dei misteri rivelati.

69.) Gesù disse: - C'era un uomo ricco che aveva molti averi. Egli disse: «Userò dei miei averi per seminare e mietere e piantare alberi e riempire i granai di raccolto, affinché io non manchi di nulla». Queste cose egli pensava in cuor suo. Ma quella notte egli morí¹. Chi ha orecchi per intendere intenda!²
1) Lc. XII 16-212) Cfr. sopra, la nota 2 del § 8

70.) Gesù disse: - Un uomo aveva degli ospiti, e quando ebbe preparato il banchetto mandò il suo servo a chiamare gli ospiti. Questi andò dal primo e gli disse: «Il mio padrone ti invita». Gli fu risposto: «Ho delle riscossioni da fare da alcuni mercanti; essi verranno da me questa sera ed io dovrò dar loro delle ordinazioni. Prego di essere scusato per il banchetto». Andò da un altro e gli disse: «Il mio padrone ti ha invitato». Gli rispose: «Ho comperato una casa e ho bisogno di una giornata. Non avrò tempo». Andò da un altro e gli disse: «Il mio padrone ti invita». Gli rispose: «Un mio amico si sposa e io devo preparare il convito. Non mi sarà possibile venire. Prego di essere scusato per il banchetto». Andò da un altro e gli disse: «Il mio padrone ti invita». Gli rispose: «Ho comprato un terreno e devo andare a riscuotere la rendita. Non potrò venire. Prego di essere scusato». Il servo tornò e disse al padrone: « Coloro che hai invitato al banchetto si sono scusati». Il padrone disse al servo: «Va' fuori per le strade e conduci qui quelli che troverai, affinché pranzino». I compratori e i mercanti non entreranno nel Luogo di mio Padre!¹
1) Variante della parabola «del banchetto», di Lc. XIV 16-24 e Mt. XXII 2-10.

71.) Egli disse: - Un uomo valente possedeva una vigna. Costui l'affidò ad alcuni contadini perché la lavorassero ed egli ne ricevesse il frutto. Mandò il suo servo affinché i contadini gli consegnassero il raccolto della vigna. Ma esse afferrarono il servo, lo percossero, e per poco non lo uccisero. Il servo tornò e riferí la cosa al padrone. Egli disse: «Forse non lo hanno riconosciuto». Mandò un altro servo, ma i contadini percossero anche quello. Allora il padrone mandò suo figlio, dicendo: «Senza dubbio rispetteranno mio figlio!» Ma appena quei contadini conobbero che egli era l'erede della vigna, lo afferrarono e lo uccisero¹. Chi ha orecchi per intendere intenda!²
1) I simboli della parabola «dei vignaioli» sono come in Mc. XII 1-8; Mt. XXI 33-41; Lc. XX 9-16: Dio (il padrone), i profeti (i servi), Gesù (il figlio), i Giudei (i vignaioli). Ma qui manca la conclusione che è nei sinottici: la vendetta di Dio.2) Cfr. sopra, la nota 2 del § 8

72.) Gesù disse: - Mostrami la pietra che i costruttori hanno scartata: essa è la pietra angolare!¹
1) La citazione biblica (Ps. CXVIII 22) anche nei sinottici segue immediatamente la parabola dei vignaioli ribelli.

73.) Gesù disse: - Colui che conosce tutto, ma ignora se stesso, è privo di ogni cosa¹.1) È da confrontare con Mc. VIII 36; Mt. XVI 26, e Lc. IX 25: «Che giova all'uomo, se dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde l'anima sua?» Ma qui c'è la concezione gnostica della conoscenza di se stessi come primo grado della perfezione (cfr. § 3)

74.) Gesù disse: - Beati voi quando siete odiati e perseguitati, perché non si troverà il Luogo dove perseguitarvi!¹
1) Cfr. Mt. V 11-12; Lc. VI 22-23. Qui non si notano allusioni alle persecuzioni politiche del cristianesimo, e pare più convincente la ragione della beatitudine: non un compenso per le sofferenze (e la consolazione che anche altri sono stati perseguitati), ma l'assunzione presso Dio («il Luogo») tramite la sofferenza stessa, come mezzo di purificazione (cfr. § 63), dove i persecutori non potranno giungere.

75.) Gesù disse: - Beati coloro che sono stati perseguitati in cuor loro! Essi sono quelli che hanno veramente conosciuto il Padre¹.1) L'espressione: «in cuor loro» distingue questi perseguitati dai precedenti: coloro che si tormentano da se stessi «per amore di giustizia» come in Mt. V 10.

76.) - Beati coloro che sono affamati, perché il loro ventre sarà saziato a volontà!¹
1) Mt. V 6; Lc. VI 21. Anche qui, come al § 59, sembra originale questa formula, identica a quella lucana, e non quella di Matteo.

77.) Gesù disse: - Quando voi dovrete mostrare quello che possedete dentro di voi, ciò che avete vi salverà; ma se non lo possedete dentro di voi, ciò che non avete vi perderà¹.1) Se i discepoli potranno dimostrare di aver raggiunto la gnosi, essi saranno «perfetti», in caso contrario (il caso di una fede esteriore, fatta solo di parole), perderanno la salvezza.

78.) Gesù disse: - Io distruggerò questo Tempio e nessuno potrà ricostruirlo di nuovo!¹
1) Il versetto di Tommaso conferma che anche in Mc. XIV 58 (XII 2); Mt. XXVI 61 (XXIV 2); Atti VI 14 si allude al proposito di Gesù di abolire il culto ebraico (identificato nel Tempio) e che è un'illazione inaccettabile quella di Jo. II 21 (19) che Gesù alludesse «al proprio corpo».

79.) Un uomo gli disse: - Parla ai miei fratelli, affinché dividano con me i beni di mio padre! - Egli rispose: - O uomo, chi ha fatto di me uno che divide? - E rivoltosi ai suoi discepoli, disse loro: - Io non sono uno che divide, no certamente!¹
1) Cfr. Lc. XII 13-14. Può darsi che lo spunto sia stato realmente, come in Luca, l'ingenua speranza di un contadino che Gesù, il quale parla di giustizia per i poveri e inveisce contro i ricchi, possa riparare il torto che egli patisce. Ma mentre in Luca l'episodio serve di spunto per affermare la vanità dei beni terreni, qui in Tommaso se ne dà un'interpretazione gnostica: esigenza di superare ogni divisione e tendere all'unità.

80.) Gesù disse: - La messe è grande davvero, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Signore perché mandi operai nella messe¹.1) Mt. IX 37-38; Lc. X 2.

81.) Egli disse: - Signore, molti sono intorno al pozzo, ma nessuno è dentro il pozzo¹.1) Non è chiaro se questa sentenza abbia un significato analogo a quello del paragrafo precedente (molto il lavoro da fare dentro il pozzo, ma pochi che si prestano) o a quello che segue (molti i chiamati, pochi gli eletti). Origene, Contra Cels. VIII 16, lo cita, attribuendolo agli gnostici ofiti, ma senza darne commento.

82.) Gesù disse: - Molti si soffermano fuori della porta, ma soltanto i solitari entreranno nella camera nuziale¹.1) Richiama Mt. XXII 14, che è appunto in appendice alla parabola del «banchetto nuziale», e anche Mt. XXV 10. (Per un più complesso sviluppo del concetto di "camera nuziale", cfr. il Vangelo di Filippo, §§ 61, 66-68, 73, 80, 82 ecc.).

83.) Gesù disse: - Il Regno del Padre è simile ad un uomo, un negoziante, che possedeva della merce e ha trovato una perla. Questo negoziante era saggio: ha venduto la merce e ha comprato quell'unica perla¹. Anche voi cercate quel tesoro che non perisce, ma che resta, a cui la tigna non si accosta, per divorarlo, e che il verme non intacca².1) Cfr. Mt. XIII 45-46, in cui la parabola è inserita tra quella del «tesoro nascosto in un campo» (che Tommaso riporterà più avanti) e quella della «rete» (che Tommaso ha già riportato al § 8).2) Mt. VI 19-20; Lc. XII 33.

84.) Gesù disse: - Io sono la Luce: quella che sta sopra ogni cosa; io sono il Tutto: il Tutto è uscito da me e il Tutto è ritornato in me¹. Fendi il legno, e io sono là; solleva la pietra e là mi troverai².1) Cfr. Col. I 19; II 9. Mantenendo il confronto di Dio con la Luce, Dio è la sorgente di luminosità che irradia in ogni direzione, senza che si esaurisca la sua infinita pienezza.2) Affermazione dell'onnipresenza di Dio, non in senso panteistico, ma in armonia con quanto detto prima: ogni apparenza fenomenica è riflesso della sua luce.

85.) Gesù disse: - Perché siete usciti nel deserto? Pere vedere una canna agitata dal vento? Per vedere un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco, sono i vostri re e i vostri principi che si avvolgono in morbide vesti; ma essi non conosceranno la Verità¹.1) Cfr. Mt. XI 7-8 e Lc. VII 24-25, a cui segue l'elogio di Giovanni Battista, già riportato al p. 51.

86.) Una donna si rivolse a lui dalla folla: - Beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha nutrito! - Egli rispose: - Beati coloro che hanno ascoltato la parola del Padre e l'hanno osservata in verità!¹ Verranno infatti giorni in cui direte: "Beato il ventre che non ha generato ed il seno che non ha allattato!"²
1) Lc. XI 27-28.2) Lc. XXIII 29 (Mc. XIII 17; Mt. XXIV 19; Lc. XXI 23). Ma qui si allude alla perfezione del Regno, quando non vi saranno più problemi di sesso e di procreazione (cfr. nota 2 del § 27)

87.) Gesù disse: - Colui che ha conosciuto il mondo ha trovato un corpo, e chi ha trovato un corpo, il mondo non è degno di lui¹.1) Cfr. § 61

88.) Gesù disse: - Colui che è diventato ricco, regni, e colui che ha il potere, vi rinunci!¹
1) Si nota una contrapposizione tra la "ricchezza" come acquisizione della gnosi, che permette di giungere al dominio ("regno") sulla materia (confronta § 2) e il "potere" terreno, la "sapienza secondo la carne", come la chiama Paolo (1Cor. I 26), a cui occorre rinunciare.

89.) Gesù disse: - Colui che è vicino a me è vicino al Fuoco, e colui che è lontano da me è lontano dal Regno¹.1) Il vocabolo "Fuoco" è sinonimo di "Luce" (cfr. nota 3 §29). D'altra parte il paragone di Dio con il fuoco era già familiare all'ebraismo: cfr. Ex. III 2; XIX 18; Deut. IX 3; Ez. I 27-28, ecc.

90.) Gesù disse: - Le immagini si mostrano all'uomo, ma la luce che è dentro di esse è celata nell'immagine della Luce del Padre: egli si manifesterà e la sua immagine sarà circonfusa di luce¹.1) Non è altro che la dottrina platonica della realtà fenomenica come copia delle idee o "immagini" la cui vera essenza è in Dio (cfr. nota 3 §27). La luce che rivela tali immagini, permettendo che siano vedute dall'uomo, ha la sua sorgente in Dio, e quando si giungerà alla presenza di Dio non si scorgeranno più quelle singole apparenze, ma un'unica Luce abbagliante, che tutte le compendia. Cfr. Hebr. XI 3.

91.) Gesù disse: - Quando vedete le vostre immagini, voi gioite; ma quando vedrete le vostre immagini che sono entrate nell'esistenza prima di voi, e né muoiono né si manifestano, quale meraviglia dovrete sostenere!¹
1) È un corollario del paragrafo precedente. Cfr. 1Cor. XIII 12.

92.) Gesù disse: - Adamo è stato generato da una grande Potenza e da una grande Ricchezza, ma non è divenuto degno di voi. Infatti, se egli fosse stato degno, non sarebbe morto¹.1) La concezione gnostica dell'uomo concorda in gran parte con quella biblica: Adamo (in ebraico adam significa uomo), emanazione del Pensiero di Dio, è caduto nella materia (mito biblico della caccia dall'Eden) ed è divenuto soggetto alla morte fisica. Ma l'antropologia gnostica è anche più complessa: l'Adamo diretta ipostasi di Dio è l'Adamo celeste o astrale, che è perciò il "modello" o "l'immagine" - per usare il linguaggio di Tommaso - dell'Adamo terrestre, cioè dei singoli individui umani: esso si realizzerà quando gli esseri umani parziali, soggetti ora alla corruzione, saranno riuniti in un'unica "immagine" spirituale. La concezione gnostica dei due Adami è accolta anche da Paolo, Rom. V 12-21; 1Cor. XV 45-49, solo che egli, ponendosi dal punto di vista della manifestazione storica, chiama "primo Adamo" l'Adamo terrestre e "secondo Adamo" quello astrale, che egli identifica in Gesù Cristo.

93.) Gesù disse: - Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli hanno i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha posto dove reclinare il capo e riposare!¹
1) Mt. VIII 20; Lc. IX 58.

94.) Gesù disse: - Infelice il corpo che è soggetto ad un corpo, e infelice l'anima che è soggetta a tutti e due!¹
1) Doresse accosta questo loghion a Mt. VIII 21 e Lc. IX 59, che infatti seguono immediatamente, come qui, il versetto sopra riportato, e quindi intende: il vivo (primo corpo) che si preoccupa di seppellire un morto (secondo corpo) è anch'egli un morto.
Secondo Craveri, invece, è da vedere un concetto simile a quello del § 119: infelice è l'uomo fisico (primo corpo) schiavo della materia (secondo corpo) e infelice l'anima imprigionata nel corpo e nella materia e impedita di uscirne dalla debolezza e peccaminosità di essi.


95.) Gesù disse: - Gli angeli e i profeti vengono da voi e vi danno ciò che vi spetta. Anche voi offrite loro quello che avete nelle vostre mani, e chiedetevi: "Quando verranno a prendere quello che è loro?"¹
1) Cfr. Mt. XVI 27: "Il Figlio dell'uomo verrà coi suoi angeli e renderà a ciascuno secondo l'opera sua".

96.) Gesù disse: - Perché lavate l'esterno della tazza? Non pensate che Colui che ha fatto l'interno è anche Colui che ha fatto l'esterno?¹
1) Cfr. Mt. XXIII 25-26 e Lc. XI 39-40. Ma qui la sentenza è un ammonimento a trascurare le apparenze esteriori per preoccuparsi della salvezza spirituale.

97.) Gesù disse: - Venite a me, perché leggero è il mio giogo e dolce la mia autorità, e troverete la Quiete per voi stessi!¹
1) Concetto analogo in Mt. XI 28-30.

98.) Essi gli dissero: - Dicci chi sei tu, affinché noi possiamo credere in te¹. Egli rispose loro: - Voi scrutate il cielo e la terra, ma colui che vi sta davanti non lo conoscete e non siete capaci di scrutare questo segno².1) Jo. VI 30.2) La stessa risposta, più circostanziata, in Mt. XVI 3 e Lc. XII 56 a coloro che chiedono a Gesù un "segno" che provi la verità delle sue affermazioni.

99.) Gesù disse: - Cercate e troverete!¹ Ma le cose su cui mi avete interrogato in questi giorni, e che io non vi ho ancora dette, ve le voglio dire adesso, affinché non me le chiediate più².1) Cfr. nota 1 § 22) Per un concetto affine, cfr. § 43.

100.) - Non date ciò che è sacro ai cani, perché essi non lo trascinino sul letamaio, e non gettate le perle ai porci, perché essi non le facciano [...]¹.1) Una sentenza simile è in Mt. VII 6, ma isolata, senza comprensibile riferimento né a ciò che precede né a ciò che segue. Qui, invece, è legata al paragrafo che precede e vuol essere un'esortazione a non rivelare i misteri dell'iniziazione a coloro che ancora non ne sono degni. Cfr. §§ 68 e 46.

101.) Gesù disse: - Colui che cerca troverà, e a colui che bussa sarà aperto¹.1) Cfr. Mt. VII 7-8; Lc. XI 9-10.

102.) Se avete denaro non datelo ad usura, ma a colui dal quale non lo riavrete più¹.1) Un suggerimento alla carità e alla generosità disinteressata, come in Mt. V 42 e Lc. VI 30, 34.

103.) Gesù disse: - Il Regno del Padre è simile a una donna che ha messo un po' di lievito in tre misure di farina e ne ha fatti dei grossi pani¹. Chi ha orecchi, intenda!²
1) Mt. XIII 33; Lc. XIII 20-21.2) Cfr. nota 2 del § 8.

104.) Gesù disse: - Il Regno del Padre è simile a una donna che portava un vaso pieno di farina, camminando per una lunga strada, e il manico del vaso si è rotto, la farina si è versata dietro di lei, lungo la strada. Essa non se n'è accorta e non vi ha posto rimedio. Giunta a casa ha posato il vaso e l'ha trovato vuoto¹.1) La parabola, che manca nei sinottici, forse vuol alludere alla Potenza estensiva del Regno (si diffonde insensibilmente come la farina perduta lungo la via dalla donna), mentre quella precedente ne indicava la potenza intensiva (un pizzico di lievito che fa crescere la farina).

105.) Gesù disse: - Il Regno del Padre è simile ad un uomo che vuole uccidere un personaggio potente. Nella sua casa egli ha sguainato la spada e l'ha conficcata nel muro, per controllare quanto sapeva compiere la sua mano. Poi ha ucciso il potente¹.1) L'esempio scelto non è molto felice, ma la parabola vuol essere un ammonimento a tenersi pronti, anzi a prepararsi con la pratica della virtù, all'avvento del Regno.

106.) I discepoli gli dissero: - I tuoi fratelli e tua madre sono lì fuori. Egli disse loro: - Coloro che sono qui, e che fanno la volontà di mio Padre, essi sono miei fratelli e mia madre¹: sono essi che entreranno nel Regno di mio Padre.1) Mc. III 32-35; Mt. XII 47-50; Lc. VIII 20-21.

107.) Mostrarono a Gesù una moneta d'oro e gli dissero: - Gli uomini di Cesare ci chiedono le tasse. Egli disse loro: - Date a Cesare ciò che è di Cesare, date a Dio ciò che è di Dio, e date a me ciò che è mio¹.1) Cfr. Mc. XII 14-17; Mt. XXII 16-22; XX 21-25.

108.) - Chi non odia, come me, suo padre e sua madre, non potrà essere mio discepolo; e chi non ama, come me, suo Padre e sua Madre non potrà essere mio discepolo. Infatti mia madre [...] ma una vera Madre mi ha dato alla vita¹.1) Solo la prima proposizione ("Chi non odia, ecc.") ha riscontro in Mt. X 37; Lc. XIV 26 (Mc. X 29; Mt. XIX 29; Lc. XVIII 29) e, qui in Tommaso, già al § 60. Per il resto, sembra occorra fare una distinzione (che Craveri mette in evidenza mediante l'uso delle maiuscole e delle minuscole) fra "padre" e "madre" secondo la carne e "Padre" e "Madre" spirituali. Bisogna infatti tener presente che, secondo lo gnosticismo, le ipostasi di Dio (cfr. nota 2 § 27) sono a coppie (maschio e femmina, padre e madre): l'amore per questi "genitori" comporta naturalmente non-amore per i genitori terreni.

109.) Gesù disse: - Guai ai farisei! Perché essi sono simili a un cane sdraiato nella mangiatoia dei buoi, il quale né mangia lui né lascia mangiare i buoi¹.1) Cfr. § 44 e nota 1 § 44.

110.) Gesù disse: - Beato l'uomo che sa da quale parte i ladri hanno intenzione di entrare: perché così egli può levarsi e radunare la sua [...] e cingersi i fianchi prima che essi vengano¹.1) Cfr. § 25.

111.) Essi dissero: - Orsù! Oggi preghiamo e facciamo digiuno! - Gesù disse: - Qual'è dunque il peccato che io ho commesso e in che cosa ho mancato? Ma quando lo sposo esce dalla camera nuziale, allora si deve digiunare e pregare!¹
1) Cfr. §§ 6 e 15; Mt. IX 15; Lc. V 34-35.

112.) Gesù disse: - Chi riconosce il padre e la madre verrà chiamato figlio di meretrice¹.1) Ribadisce, brutalmente, il giudizio negativo, già pronunciato al § 108, su chi, troppo legato ad affetti terreni, è lontano dalla salvezza.

113.) Gesù disse: - Quando di due farete uno solo, diventerete figli dell'Uomo, e se direte: "Montagna spostati!", quella si sposterà¹.1) Cfr. § 53 e nota 1 § 35

114.) Gesù disse: - Il Regno è simile ad un pastore che aveva cento pecore. Una di esse, la più grande, si è smarrita. Egli ha lasciato le novantanove e ha cercato quella sola, finché l'ha trovata. Essendosi stancato, ha detto alla pecora: "Io ti amo più delle novantanove!"¹
1) Mt. XVIII 12-13 e Lc. XV 3-6. Ireneo, Contra haer. I 16, 2 e II 24, 6 dice che la pecora smarrita rappresenta "l'eone errante", trovato il quale si passa dalla sinistra imperfetta alla destra perfetta. Infatti era usanza antica contare i numeri fino a 99 con le dita della mano sinistra e quindi servirsi della destra, a partire dal 100, numero perfetto (cfr. Vangelo della Verità § 23).

115.) Gesù disse: - Colui che berrà dalla mia bocca diventerà come me, nello stesso modo che io diventerò come lui, e le cose nascoste gli saranno rivelate¹.1) Qui è prospettata la conclusione dell'ascesi gnostica: quando il discepolo avrà attinto la perfezione, egli e l'eone spirituale Gesù saranno una cosa sola, cioè avranno raggiunto l'Unità in Dio e non esisteranno più segreti da scoprire.

116.) Gesù disse: - Il Regno è simile a un uomo che aveva nel campo un tesoro e non lo sapeva. Quando è morto l'ha lasciato al figlio. E il figlio non sapeva, e avuto il campo, l'ha venduto. E colui che lo ha comprato è uscito ad ararlo e ha trovato il tesoro, e ha cominciato a dar denaro in prestito a chi lo voleva¹.1) Cfr. Mt. XIII 44.

117.) Gesù disse: - Chi ha conosciuto il mondo ed è diventato ricco, rinunci al mondo!¹
1) Riprende ed unifica ciò che aveva detto ai §§ 61, 87, 88.

118.) Gesù disse: - I cieli si accartocceranno¹ e la terra sarà spalancata davanti a voi, ma colui che vive nel Vivente non vedrà la morte². Infatti Gesù ha detto: "Chi trova se stesso, il mondo non è degno di lui"³.1) Cfr. Is. XXXIV 4; Ap. VI 14; Hebr. I 12; Mc. XIII 25; Mt. XXIV 29; Lc. XXI 26.2) Cfr. § 11 e note 1, 2 del § 11.3) Il loghion è curiosamente inserito nel discorso diretto di Gesù, pur introdotto dalla solita formula del compilatore "Gesù ha detto". Ma di una svista del genere non sono immuni nemmeno i sinottici: si veda il "chi legge faccia attenzione" di Mt. XXIV 15 introdotto proprio nel discorso escatologico di Gesù, in cui vi sono concetti affini a quelli di questo paragrafo e del § 120. La coincidenza non può essere casuale, ma denuncia una fonte comune per Matteo e per Tommaso. Quanto al contenuto del logion cfr. i §§ 1, 3 (ala fine), 61, 87-88.

119.) Gesù disse: - Guai alla carne che è soggetta all'anima e guai all'anima che è soggetta alla carne¹.1) Cfr. § 94.

120.) I suoi discepoli gli dissero: - Quando verrà il Regno? - Verrà quando non lo si aspetta. E non si dirà: "Eccolo, è qui!" o "Eccolo, è là!"¹. Ma il Regno del Padre è sparso sopra la terra e gli uomini non lo vedono².1) Mc. XIII 21; Mt. XXIV 23; Lc. XVII 23.2) Cfr. § 3

121.) Simone Pietro disse loro: - Maria si allontani di mezzo a noi, perché le donne non sono degne della Vita! - Gesù disse: - Ecco, io la trarrò a me in modo da fare anche di lei un maschio, affinché anch'essa possa diventare uno spirito vivo simile a voi maschi. Perché ogni donna che diventerà maschio entrerà nel Regno dei Cieli¹.1) Nel § 27, Tommaso ha già indicato la "perfezione" nell'annullamento dei contrari (alto e basso, esterno e interno, maschile e femminile), che costituiscono l'aspetto fenomenico della creazione, e nel loro assorbimento in un'"immagine" astratta. Qui dà un ulteriore sviluppo della dottrina, con riguardo all'opposizione dei sessi tra uomo e donna. L'Anthropos celeste, modello dell'umanità, è maschile, a somiglianza dell'Uno da cui emana, quindi il ritorno in esso comporta l'annullamento della femminilità. Questa concezione androgina, che risale al mito platonico dell'anima divenuta femminile per desiderio passionale, cadendo nella materia, non è nemmeno distante dal mito biblico della creazione di Eva dalla costola di Adamo e della sua responsabilità della caduta di Adamo nel peccato.