Fra i maestri di origine sikh che sono stati attivi e sono conosciuti in Italia, uno dei più noti è Baba Pyare Lal Bedi (1909-1993), più noto come Baba Bedi XVI, considerato il sedicesimo discendente del fondatore del sikhismo, Nanak (1469-1539). Padre del noto attore Kabir Bedi (e di altri due figli, Ranga e Gulhima Bedi), Baba Bedi – in modo non dissimile, ma con un’impostazione diversa rispetto a Yogi Bhajan – ha diffuso una spiritualità in cui sono rintracciabili tratti della sua origine sikh (per quanto l’autore affermasse che “le religioni hanno governato attraverso la paura”), inserendosi consapevolmente nella corrente “acquariana” e del New Age, proponendo insegnamenti non solo sulla meditazione e sulla consapevolezza di Dio, ma soprattutto sull’evoluzione della personalità e il benessere psicofisico.
Nato il 5 aprile 1909 nel Punjab, in India, Baba Pyare Lal Bedi intraprende un curriculum universitario che lo porta a studiare a Oxford, Heidelberg e Ginevra, e a svolgere un periodo in qualità di ricercatore presso l’Università di Berlino. Personaggio poliedrico, come atleta vince alcune importanti competizioni di lancio del martello, e nel 1934 – in India – è coinvolto in attività politiche di stampo rivoluzionario di sinistra, che lo porteranno fra l’altro nelle prigioni inglesi; fa parte del direttivo della delegazione dell’India settentrionale al primo Congresso del Partito Comunista dell’India, e diventa membro dell’esecutivo nazionale dell’Unione dei Contadini dell’India. Durante questo periodo fonda e dirige una pubblicazione trimestrale socio-politica (Contemporary India) e un settimanale di sinistra, il Monday Morning. Dopo l’indipendenza dell’India – nel 1947 – e in seguito alla spartizione fra India e Pakistan, presta per cinque anni aiuto ai profughi. Nel 1953, dopo vent’anni di attività politica – anche se, in precedenza, aveva conosciuto Annie Besant (1847-1933), della Società Teosofica, in occasione di una conferenza –, “segue la voce del cuore” e si dedica completamente alla vita spirituale.
Alcuni eventi particolari lo portano a distaccarsi da ogni religione e a scoprire che la conoscenza arriva direttamente dalla “sorgente esoterica”, portando ispirazione e guida. Nel frattempo, la prima moglie, Freda Marie Houlston (1909-1977) – che aveva collaborato alla lotta di liberazione dell’India – diventa monaca buddhista. Nel 1961 Bedi fonda a Nuova Delhi l’Istituto di Ricerca sul Non-Conosciuto. Nel 1972 si trasferisce in Italia, dove sviluppa la sua peculiare filosofia per l’Era Acquariana, tenendo corsi per l’apprendimento della Terapia Vibrazionale e dedicandosi allo sviluppo della personalità umana mediante l’“espressione psichica”. Nel 1981 organizza e presiede a Milano il 2° Congresso Internazionale sulla Reincarnazione e dà inizio al Movimento Mondiale per “vivere secondo la Coscienza Etica” come mezzo per raggiungere la pace sociale. Durante il suo periodo italiano, Baba Bedi ha svolto annualmente – oltre all’organizzazione di un corpus composto da oltre cento corsi di studio per trasmettere il contenuto della sua ricerca – un Simposio Acquariano, principale spazio di incontro e comunicazione fra quanti si sono interessati alla Filosofia Acquariana.
Il lascito di Baba Bedi XVI in Italia è di una certa consistenza, e alla sua divulgazione devono la nascita vari centri sorti per sua espressa volontà e ancora oggi attivi. Baba Pyare Lal Bedi muore il 31 marzo 1993, e le sue ceneri sono immerse nel fiume Gange il 4 gennaio 1998.
La presenza di gora sikh (“sikh bianchi”) in Occidente si deve largamente a Yogi Bhajan (1929-2004), un maestro sikh che emigra in Canada nel 1969, da cui passa poi negli Stati Uniti. Nel 1968 a Toronto fonda l’organizzazione 3HO (Healthy, Happy, Holy Organization: Organizzazione Sana, Felice e Santa), conosciuta in alcuni paesi come Sikh Dharma. 3HO si è inserita in un momento di grande interesse nell’America del Nord per lo yoga e la meditazione, e ha cominciato a proporre corsi su questi argomenti, introducendo gradualmente i partecipanti alla fede sikh. In pochi anni oltre trecento centri sono sorti nell’America del Nord e in Europa, con oltre trentamila membri in trentacinque paesi. Ripetutamente, le autorità sikh di Amritsar hanno lodato il lavoro di Yogi Bhajan e ne hanno riconosciuto la legittimità.
Esiste tuttavia negli Stati Uniti una parte della comunità di immigrati sikh che sopporta con difficoltà la presenza di un’organizzazione sikh composta prevalentemente da non indiani, e accusa Yogi Bhajan di avere introdotto in un movimento sikh idee che provengono dall’induismo e dall’ambiente del New Age (una casa editrice legata a 3HO ha del resto pubblicato alcune delle guide più influenti nella comunità New Age americana). Altri osservatori notano, peraltro, che i gora sikh di 3HO sono, semmai, più rigorosi di molti sikh indiani nella loro fedeltà ai principi e anche alle pratiche del sikhismo (cinque “k” comprese). È vero che Yogi Bhajan ha insistito nel suo insegnamento su certi aspetti del tantrismo e sul kundalini yoga: ma non si tratta del primo maestro sikh ad avere subito influenze tantriche. Non mancano, del resto, indiani che hanno aderito con entusiasmo al movimento di Yogi Bhajan, dove peraltro costituiscono tuttora una minoranza. Una volta consolidato il suo movimento, Yogi Bhajan si è impegnato in una serie di iniziative di dialogo inter-religioso e per la pace nel mondo, che sono culminate nella Giornata internazionale di preghiera per la pace, istituita nel 1985, mentre nel 1994 3HO è stata riconosciuta come organizzazione non governativa dalle Nazioni Unite (nel cui ambito è particolarmente attiva la moglie di Yogi Bhajan, Bibi Inderjit Kaur).
In Italia la presenza di discepoli di Yoghi Bhajan risale al 1970 e all’opera dei fratelli Menghi, Paolo (“Arpal”, 1945-1997) e Gianfranco (“Gurumersingh”), che conoscono il maestro sikh negli Stati Uniti e, tornati in Italia, promuovono l’apertura di centri a Bologna e a Roma (Centro Mandala). Nel 1990 il Centro Mandala esce dalla sfera di influenza di Yogi Bhajan, e diventa una scuola di yoga indipendente con una forte polarità psicoterapeutica, guidata dopo la morte di Paolo Menghi dalla moglie; parimenti, all’inizio degli anni 1990 “Gurumersingh” lascia la comunità, la religione sikh e l’insegnamento del kundalini yoga. Gradualmente – come del resto in altri Paesi – l’attività ispirata a Yoghi Bhajan si sviluppa in Italia secondo due direttive principali: la prima riprende il modello di 3HO (tramite una Associazione Italiana Sikh Dharma), e comprende coloro che attraverso gli insegnamenti del maestro si convertono alla religione sikh; la seconda è la Associazione Nazionale Insegnanti di Kundalini Yoga IKYTA (International Kundalini Yoga Teachers Association) Italia, formalmente costituita il 17 gennaio 2004, che riunisce coloro che sono autorizzati a insegnare il kundalini yoga e che si impegnano a rispettarne i principi così come definiti dallo stesso Yogi Bhajan, ma non sono necessariamente di religione sikh (anzi, si contano fra loro cattolici e seguaci di altre religioni, oltre a persone che hanno un accostamento personale al magistero di Yogi Bhajan).
Molto importante è quindi distinguere, e non confondere, da una parte 3HO – Sikh Dharma, una realtà che fa parte integrante della religione sikh, dall’altra l’Associazione Nazionale Insegnanti di Kundalini Yoga, che è un’organizzazione “laica” e non religiosa, e questo vale ancor più per la Federazione Italiana Gatka, che organizza l’insegnamento dell’omonima tradizionale arte marziale sikh in collaborazione con diversi enti di promozione sportiva. Una terza branca – almeno percepita come tale da alcuni – che si rifà a Yogi Bhajan è il Sat Nam Rasayan. I sikh italiani di ispirazione 3HO, che si ritrovano mensilmente per un incontro religioso, sono meno di un centinaio, presenti soprattutto a Roma e a Bologna, mentre diverse migliaia di persone partecipano alle attività di kundalini yoga.
Della vita di Ravidas o Ravidass, un venerato santo indiano vissuto fra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna, si sa molto poco. Fonti diverse forniscono come date di nascita il 1376 o 1377 (il 1377 è la data generalmente accettata dai fedeli), il 1399 o i 1450. La data di morte si situerebbe per alcuni in un anno imprecisato del XV secolo, per altri nel 1520. Uguali incertezze circondano il luogo di nascita, probabilmente situato nella zona di Benares, dove quello che i fedeli considerano il luogo natale di Ravidas ospita oggi un grande santuario. Le sue attività s’inseriscono nella fioritura religiosa Sant Mat, da cui originano i Sikh e più tardi la religione radhasoami. Alcuni inni di Ravidas sono inclusi nel Guru Granth Sahib, il libro sacro dei Sikh che dunque considerano questi testi come canonici. Ravidas faceva però parte di una casta – i conciatori di pellame, detti chamar, mestiere considerato impuro – appartenente ai dalit, gli “intoccabili”, così che sia i bramini indù sia alcune autorità Sikh ritenevano di non potere avere contatti con lui. Dal canto suo Ravidas insegnava che la casta e l’origine non hanno importanza, ma solo il comportamento personale: un insegnamento profondamente sovversivo nell’India del tempo.
Ravidas è rimasto a lungo una bandiera della spiritualità dei dalit ma fino al XIX secolo non era chiaro se i suoi seguaci costituissero un gruppo religioso indipendente o una branca dei Sikh. Nel XIX secolo la comunità Ravidasi – che preferisce definirsi una tradizione piuttosto che una religione – comincia a dotarsi di strutture organizzative indipendenti e afferma la sua identità intorno a una struttura sacra, il Guru Sikhya Sahib, la cui base è il Guru Granth Sahib dei Sikh cui sono aggiunti ulteriori testi di Ravidas e di suoi discepoli. Gli insegnamenti sono simili a quelli Sikh, ma c’è una forte enfasi sul superamento delle caste e una minore insistenza sugli aspetti formali. Il tempio Ravidasi è chiamato bhawan e al suo esterno si trova sempre una bandiera nocciola con il simbolo Har, che è considerevolmente diversa dalla bandiera Nishan Sahib dei Sikh e simboleggia la visione dell’universo di Ravidas. Al centro del bhawan – che per altri versi assomiglia a un luogo di culto Sikh – c’è il libro Guru Sikhya Sahib. Le cerimonie sono in parte di derivazione Sikh, in parte sono influenzate dall’induismo e hanno come elemento distintivo i celebri inni scritti da Ravidas, i quali costituiscono un importante patrimonio della letteratura religiosa indiana.
Quanti siano i Ravidasi – le stime vanno da alcune centinaia di migliaia a alcuni milioni – è oggetto di ulteriori controversie, dal momento che ci sono Ravidasi che praticano – senza considerare contraddittorio il proprio comportamento – anche il culto Sikh, ancorché negli anni 1920 un buon numero di Sikh di casta chamar, considerandosi discriminati, abbiano abbandonato i templi Sikh dichiarandosi esclusivamente Ravidasi. Ne sono nati conflitti che durano ancora oggi, come è confermato dall’assassinio del secondo massimo dirigente dei Ravidasi, Sant Ramanand Ji (1952-2009), ucciso da estremisti Sikh nel bhawan di Vienna il 25 maggio 2009, in un attentato cui è invece scampato l’attuale leader della tradizione, Sant Niranjan Dass Ji.
L’attentato di Vienna ha dato luogo a spettacolari proteste in India, nonché in Gran Bretagna e negli altri Paesi di emigrazione dove si trovano numerosi Ravidasi. In Italia la comunità Ravidasi – pressoché interamente di etnia punjabi – risale alla prima metà degli anni 1990; essa conta alcune migliaia di fedeli, che si riuniscono in forma organizzata a Verona, Vicenza, Roma e nel bergamasco, dove – nella frazione Cividino di Castelli Calepio – dal 1995 si ritrovano circa 2.500 fedeli, provenienti anche dalla provincia di Brescia (sempre nel bergamasco, da febbraio 2010, oltre al luogo di culto di Cividino, ne è stato aperto un altro a Gorlago).