martedì 24 gennaio 2017

cos'è la sharia

La Shari`ah, è la legge divina: accettandola si diventa Musulmani. Soltanto colui che accetta le ingiunzioni della Shari`ah come vincolanti è Musulmano, anche se non fosse capace di realizzare nella sua vita tutto ciò che insegna o di seguire tutti i suoi ordini. La Shari`ah è il modello ideale per la vita dell’individuo e la Legge che unisce le genti musulmane in un’unica comunità. Essa è la materializzazione della volontà divina in termini di insegnamento specifico. Accettare questo insegnamento ed essergli fedele garantisce all’uomo una vita armoniosa in questo mondo e la felicità nell’altro.
La parola Shari`ah è essa stessa etimologicamente derivata da una radice che ha il significato di strada, la strada che conduce a Dio. Assume grande rilevanza simbolica il fatto che sia la divina legge sia la via spirituale, Tariqah (quest’ultima, dimensione esoterica dell’Islam), siano fondate sul simbolismo della strada oppure del viaggio. Tutta la vita è un passaggio, un viaggio attraverso questo mondo transitorio per giungere alla divina presenza.
La Shari`ah, è legge divina nel senso che impersona la volontà divina alla quale l’uomo deve attenersi, sia nella sua vita personale sia in quella sociale.
Nell’Islam, la manifestazione della volontà divina non consiste soltanto in un insieme di insegnamenti generici, bensì in un complesso di insegnamenti concreti. Non soltanto si ingiunge all’uomo di essere caritatevole, umile e giusto, ma gli si insegna anche come esserlo in tutte le diverse evenienze della vita. La Shari`ah, contiene i comandamenti della volontà divina applicati a ogni circostanza dell’esistenza. Essa è la legge secondo la quale Dio vuole che vivano i Musulmani. Quindi essa è una guida che abbraccia ogni aspetto particolare della vita e dell’agire umani. Accettando di vivere secondo la Shari`ah, l’uomo pone la propria esistenza nelle mani di Dio. Quindi la Shari`ah, che non trascura nessun aspetto dell’attività umana, santifica tutta la vita e attribuisce significato religioso anche a quella che potrebbe sembrare la più profana delle attività.
L’incomprensione del vero senso della Shari`ah da parte del mondo occidentale è da addebitarsi alla sua natura concreta e onnicomprensiva. Un ebreo che creda nella legge talmudica può capire che cosa voglia dire avere una legge divina, mentre viceversa la maggior parte dei cristiani, e quindi i laici di estrazione cristiana, assimilano con difficoltà tale concezione, proprio perché nel cristianesimo non vi è netta distinzione fra la legge e la via. Nel cristianesimo la volontà divina è espressa in termini di insegnamento universale, come per esempio quello che induce alla carità, ma non in regole concrete.
La diversità fra la concezione della legge divina nell’Islam e nel cristianesimo è già chiara nel modo in cui la parola canone (
qanun) è usata nelle due tradizioni; in ambedue le tradizioni la parola è stata mutuata dalla Grecia. Nell’Islam il termine è venuto a connotare la legge fatta dall’uomo, in contrasto con la Shari`ah, legge rivelata da Dio. In Occidente si dà un significato opposto a questo vocabolo, nel senso che la legge canonica indica l’insieme delle norme che governano l’organizzazione ecclesiastica, e gli si attribuisce una netta sfumatura religiosa.
Il punto di vista cristiano sulla legge che governa socialmente e politicamente l’uomo è espresso dal celebre detto [attribuito a] Cristo:
“Date a Cesare quel che è di Cesare”. Questa frase riveste in verità due significati, uno solo dei quali è generalmente preso in considerazione. Essa viene comunemente interpretata come un invito a lasciare alle autorità secolari, di cui Cesare è il modello più cospicuo, tutte le faccende mondane o attinenti alle norme politiche e sociali. Ma oltre a questo, quella frase vuoi dire che, essendo il cristianesimo una via meramente spirituale, esso non possedeva di per sé una legislazione divina delle cose terrene, motivo per cui doveva far sua la legge romana per divenire religione di una civiltà.
La legge di Cesare, o legge romana, fu assorbita provvidenzialmente nella visione cristiana dei mondo, una volta che questa religione prevalse in Occidente, ed è a questo fatto che allude il detto del Cristo. Tuttavia la dicotomia rimame sempre. Nella civiltà cristiana la legge che governa la società umana non ebbe la stessa divina sanzione ricevuta degli insegnamenti del Cristo. E infatti tale mancanza di legislazione divina per le cose mondane, nel cristianesimo, ebbe una parte di non poco conto nella secolarizzazione che si verificò in Occidente durante il Rinascimento. Essa è anche la causa più importante della mancanza di comprensione del significato della
Shari`ah, da parte degli occidentali e di tanti musulmani moderni ormai occidentalizzati.
Rispetto alla legge divina, quindi, le posizioni dell’Islam e del cristianesimo sono completamente diverse. L’Islam non ha mai dato a Cesare quel che era di Cesare. Piuttosto, esso ha tentato di integrare quello che era il dominio di Cesare, cioè la vita politica, sociale ed economica, in una concezione religiosa comprendente il mondo in tutte le sue sfaccettature. Nell’Islam la legge è un aspetto integrante della rivelazione e non un elemento estraneo.
Nell’Occidente cristiano è successo così che la legge sia stata, fin dall’inizio, una norma umana da stabilire e da rivedere secondo la necessità e le condizioni del momento. L’atteggiamento occidentale verso la legge è totalmente determinato dal carattere del cristianesimo quale via spirituale che non apportava una sua propria legge rivelata.
La concezione universale della legge nell’ebraismo e nell’Islam, è all’opposto di quella occidentale generalmente prevalente. Si tratta di una concezione eminentemente religiosa, seconda la quale la legge è qualcosa che appartiene integralmente alla religione. Infatti la religione per un musulmano è essenzialmente la legge divina, che comprende non soltanto principi morali universali, ma anche norme particolari su come l’uomo deve amministrare la propria esistenze e agire nei riguardi del prossimo e di Dio; su come l’uomo deve mangiare, generare, dormire; su come deve vendere e comprare sulla bilancia del mercato; su come deve pregare e compiere altri atti di culto. Tale legge include ogni aspetto della vita umana, comprendendo nei suoi dogmi anche il modo in cui un Musulmano deve vivere la sua vita in armonia con la volontà divina. Essa guida l’uomo verso la comprensione della volontà divina indicandogli quali azioni e quali oggetti dal punto di vista religioso sono obbligatori (wajib), quali sono meritori o raccommandabili (mandub), quali sono proibiti (haram), quali reprensibili (makruh), e quali indifferenti (mubah).
Attraverso queste valutazione l’uomo perviene a conoscere il valore di tutte le azioni umane dal punto di vista del divino, sicché egli può scegliere tra il “sentiero angusto” e quello che lo guida fuori strada. La Shari`ah gli fa conoscere ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Con il libero arbitrio l’uomo deve scegliere quale strada seguire. Una simile legge è l’archetipo della vita umana ideale, è una legge trascendente che viene applicata alla società umana ma che non è mai pienamente realizzata, a cagione delle imperfezioni inerenti a tutto ciò che è umano. La Shari`ah corrisponde a una realtà che trascende il tempo e la storia. Per meglio dire, ogni generazione della società musulmana dovrebbe cercare di adeguarsi ai suoi insegnamenti, applicandoli in modo nuovo alla situazione contingente del suo tempo. Il processo creativo che è compito di ogni generazione non ha lo scopo di rifare la legge, bensì di riformare gli uomini e la società umana per adattarli alla legge. Secondo il modo di vedere islamico, la religione non dovrebbe essere riformata per essere adeguata alla natura degli uomini sempre mutevole e imperfetta, ma gli uomini dovrebbero riformarsi in modo da vivere in conformità ai dettami della rivelazione. Secondo quanto corrisponde alla realtà vera delle cose, è l’umano che deve adeguarsi al divino, e non viceversa.

Da: “Ideali e realtà dell’Islam” di S. H. Nasr, Ed.: Rusconi – eliminati gli accenti perennialisti

giovedì 19 gennaio 2017

Le 40 regole dell'amore.

La natura degli insegnamenti che Shams di Tabriz trasmise a Rumi rimarrà probabilmente un mistero, ma qualcuno ha ipotizzato che lo rese partecipe delle quaranta regole sufi:
  1. Il modo in cui vediamo Dio è il riflesso immediato del modo in cui vediamo noi stessi. Se Dio ci fa venire in mente per caso paura e colpa, significa che dentro di noi dimorano troppa colpa e troppa paura. Se Dio è per noi pieno di amore e di compassione, così siamo anche noi.
  2. Il cammino della verità è una fatica del cuore, non della mente. Fai che sia il cuore la tua guida principale! Non la tua mente. Conosci il tuo nafs (natura animale e satanica), sfidalo e infine sconfiggilo con il cuore. Solo conoscendo te stesso potrai giungere a conoscere Dio.
  3. Puoi studiare Dio attraverso ogni cosa e ogni persona dell’universo, perché Dio non sta chiuso in nessuna moschea, sinagoga o chiesa. Ma se proprio vuoi sapere dove si trovi esattamente la sua dimora, uno solo è il luogo in cui puoi cercarlo: il cuore di un innamorato. Nessuno è rimasto in vita dopo averlo veduto, così come nessuno è morto dopo averlo veduto. Chiunque lo trova resterà con lui per sempre.
  4. Intelletto e amore sono fatti di materiali diversi. L’intelletto lega le persone con i suoi nodi, senza rischiare nulla; l’amore invece scioglie ogni vincolo, e tutto rischia. L’intelletto è sempre prudente e consiglia: “Attento agli eccessi dell’estasi”; l’amore invece dice: “Oh, non ci pensare troppo! Buttati!”. L’intelletto non si spezza facilmente; l’amore invece in un attimo si riduce in briciole. Ma tra le rovine si nascondono tesori. Un cuore infranto nasconde tesori preziosi.
  5. La maggior parte dei problemi del mondo ha origine da errori linguistici o da semplici fraintendimenti. Non prendere mai le parole alla lettera. Quanto entri nel territorio dell’amore, la lingua come noi la conosciamo diventa obsoleta. Quel che non si può esprimere a parole si può afferrare soltanto con il silenzio.
  6. Isolamento e vita solitaria sono due cose diverse. Nell’isolamento è facile illudersi e credere di essere sul giusto cammino. La vita solitaria è meglio per noi, perché significa essere soli senza sentirsi isolati. Ma alla fine è meglio trovare una persona, la persona destinata a essere il nostro specchio. Ricorda: soltanto nel cuore di un altro puoi davvero vedere te stesso e la presenza di Dio dentro di te.
  7. Qualsiasi cosa accada nella tua vita, per quanto insormontabili appaiano i problemi, non addentrarti nel territorio della disperazione. Anche quando tutte le porte restano chiuse, Dio aprirà per te una via del tutto nuova. Sii riconoscente! È facile essere riconoscenti quando tutto va per il meglio. Il sufi è grato non solo per ciò che gli è dato, ma anche per tutto ciò che gli è negato.
  8. Pazienza non significa sopportare passivamente, ma essere tanto lungimiranti da confidare nell’esito conclusivo di un processo. Cosa significa pazientare? Significa guardare la spina e vedere la rosa, guardare la notte e vedere l’alba. Impazienza significa essere tanto miopi da non riuscire a vedere il risultato. Chi ama Dio non esaurisce mai la propria pazienza: sa bene che alla luna nuova occorre tempo per diventare piena.
  9. Est, ovest, sud o nord non fa differenza. Quale che sia la tua destinazione, preoccupati solo di trasformare qualunque viaggio in un viaggio interiore. Chi viaggia con lo spirito, viaggia nel mondo intero e anche oltre.
  10. La levatrice sa che senza dolore il bambino non può aprirsi la strada e la madre non può partorire. Allo stesso modo, perché nasca un nuovo Io è necessario soffrire. Come l’argilla deve passare per un calore intenso per indurirsi, l’Amore può perfezionarsi soltanto nel dolore.
  11. La ricerca dell’Amore ci cambia. Nessuno può andare cercando l’Amore e non maturare lungo il cammino. Dal momento in cui cominci a cercare l’Amore, cominci a cambiare dentro e fuori.
  12. Ci sono più falsi guru e falsi maestri in questo mondo che stelle nell’universo visibile. Non confondere gli egocentrici spinti dalla brama di potere con i veri mentori. Un maestro autenticamente spirituale non attirerà l’attenzione su se stesso e non si aspetterà da te obbedienza assoluta o totale ammirazione, ma al contrario ti aiuterà ad apprezzare e ammirare il tuo io interiore. I veri mentori sono come vetro trasparente. Si lasciano attraversare dalla Luce di Dio.
  13. Non cercare di opporre resistenza ai cambiamenti che ti si presentano. Lasciati invece investire dalla vita. Non preoccuparti se la tua vita sembra scorrere alla rovescia. Come puoi sapere se il lato a cui sei abituato sia migliore di quello che ti si presenta?
  14. Dio è impegnato a completare la sua opera, nella sfera del visibile e in quella dell’interiorità. Dio si occupa intensamente di te. Ogni essere umano è un’opera non ancora conclusa, avviata lentamente ma inesorabilmente verso la perfezione. Ciascuno di noi è un’opera d’arte incompiuta, che attende il proprio completamento e si adopera per raggiungerlo. Dio si dedica a ciascuno di noi individualmente, perché l’umanità è un’arte finissima degna del miglior calligrafo, dove ogni singolo punto è fondamentale per il quadro complessivo.
  15. È facile amare un Dio perfetto, senza macchia e infallibile. Ben più difficile è amare il nostro prossimo, con tutte le sue imperfezioni e i suoi difetti. Ricordati: si può conoscere solo ciò che si è in grado di amare. Non esiste sapienza senza amore. Chi non impara ad amare ciò che Dio ha creato, non potrà mai amare veramente né veramente conoscere Dio.
  16. La vera sporcizia è quella interiore. L’altra, basta lavarla via. Ma esiste un tipo di sporco che non si può pulire con l’acqua pura, e sono le macchie depositate da odio e fanatismo a contaminare l’anima. Con l’astinenza e il digiuno puoi purificare il corpo, ma solo l’amore può purificare il cuore.
  17. L’universo intero è contenuto in un singolo essere umano: tu. Tutto quel che vedi attorno a te, anche le cose che potrebbero non piacerti, e persino quelle che disprezzi o aborri, tutto è presente in te, in gradi diversi. Non cercare quindi nemmeno Satana fuori di te. Il diavolo non è una forza straordinaria che ti aggredisce dall’esterno. È semplicemente una voce interiore. Se riuscirai a conoscere bene te stesso, ad affrontare con onestà e severità il tuo lato oscuro come quello luminoso, raggiungerai la forma suprema di conoscenza. Chi conosce se stesso, conosce Dio.
  18. Se vuoi cambiare il modo in cui gli altri ti trattano, devi prima cambiare il modo in cui tratti te stesso. Se non impari ad amare te stesso, in modo completo e sincero, non potrai mai essere amato. Quando però raggiungerai quello stadio, sii grato per ogni spina con cui ti colpiranno. È il segno che presto sarai ricoperto da una pioggia di rose.
  19. Non preoccuparti di dove ti porterà la strada. Concentrati invece sul primo passo. È questa la parte più difficile, e in questo consiste la tua responsabilità. Una volta fatto quel passo, lascia che tutto vada dove deve andare, il resto verrà da sé. Non seguire la corrente. Sii tu la corrente.
  20. Tutti fummo creati a Sua immagine, ma tutti fummo creati diversi e unici. Non esistono due persone identiche. Né due cuori che battono all’identico ritmo. Se Dio ci avesse voluti tutti uguali, ci avrebbe fatti così. Perciò non rispettare le differenze e imporre agli altri il nostro pensiero equivale a non rispettare il santo progetto di Dio.
  21. Quando un vero amante di Dio entra in una taverna, la taverna diventa la sua stanza della preghiera; ma quando un bevitore entra in una stanza di preghiera, quella diventa la sua taverna. In tutto il nostro agire, è il cuore a fare la differenza, non le apparenze esteriori. I sufi non giudicano gli altri per come appaiono o per chi sono. Quanto un sufi guarda qualcuno, tiene gli occhi chiusi per aprire un terzo occhio: l’occhio che vede il regno interiore.
  22. La vita è un prestito temporaneo, e questo mondo non è altro che un’imitazione approssimativa della realtà. Solo i bambini possono scambiare un balocco per l’oggetto vero e proprio. Eppure gli esseri umani o si infatuano del balocco, oppure lo rompono e lo gettano da una parte, senza alcun rispetto. In questa vita, tieniti alla larga da ogni sorta di estremi, poiché essi distruggono il tuo equilibrio interiore.
  23. L’uomo, nella creazione, occupa un posto unico. “Ho infuso in lui il mio spirito” dice Dio. Ciascuno di noi è fatto per essere il rappresentante di Dio sulla terra. Chiediti: quante volte ti comporti come un suo rappresentate, se mai lo fai? Ricordati, è nostro dovere scoprire lo spirito divino dentro di noi e vivere di conseguenza.
  24. L’inferno è il qui ed ora. E anche il paradiso. Smetti di preoccuparti per l’inferno o di sognare il paradiso, perché entrambi sono presenti in questo stesso istante. Ogni volta che ci innamoriamo, ascendiamo al paradiso. Ogni volta che odiamo, invidiamo o contrastiamo qualcuno, cadiamo precipitando nelle fiamme dell’inferno.
  25. Il Corano è un torrente in piena. Quelli che lo guardano da lontano vedono solo un fiume. Ma per quanti nuotano fra le sue acque, esistono quattro correnti. Quelli che amano nuotare vicino alla superficie si accontentano del significato esteriore. Prendono i versetti troppo alla lettera. La seconda è più profonda della prima, ma è ancora molto vicina alla superficie. La terza corrente sotterranea è la lettura esoterica, o batini. Il quarto livello è così profondo che non può essere messo in parole ed è quindi destinato a rimanere indescrivibile. Quando si entra nel territorio dell’Amore, le parole non servono.
  26. L’universo è un solo essere. Tutto e tutti sono collegati tra loro mediante una rete invisibile di storie. Che ne siamo consapevoli o meno, tutti intratteniamo fra noi una conversazione silenziosa. Non fare alcun male. Pratica la compassione. Non fare maldicenza alle spalle altrui, nemmeno un’osservazione apparentemente innocente! Le parole uscite dalla nostra bocca non svaniscono, si conservano in eterno nello spazio infinito, e torneranno a loro tempo. Il dolore di uno solo farà soffrire tutti. La gioia di uno solo farà sorridere tutti.
  27. Questo mondo è come una montagna innevata che riecheggia la tua voce. Tutto quel che dici, buono o cattivo che sia, in qualche modo ritorna a te. Perciò se qualcuno nutre dentro di sé pensieri cattivi nei tuoi confronti, pronunciare parole altrettanto cattive contro di lui non farà che peggiorare le cose. Resterai rinchiuso in un circolo vizioso di energia malevola. Prova invece per quaranta giorni e quaranta notti a dire cose buone su quella persona. Al termine dei quaranta giorni tutto sarà diverso, perché tu sarai diverso nel tuo intimo.
  28. Il passato è un’interpretazione. Il futuro un’illusione. Il mondo non si muove lungo il tempo come se questo fosse una linea retta, che procede dal passato verso il futuro. Il tempo si muove attraverso di noi e dentro di noi secondo spirali infinite. Eternità non significa tempo infinito, ma semplicemente assenza di tempo. Se vuoi provare l’illuminazione eterna, libera la mente da passato e futuro e resta nell’istante presente.
  29. Destino non significa che la tua vita sia stata rigidamente predeterminata. Per questo affidare ogni cosa al fato e non contribuire attivamente alla musica dell’universo è segno di pura e semplice ignoranza. La musica dell’universo pervade ogni cosa e ci compone di quaranta livelli diversi. Il tuo destino è il livello al quale suonerai la tua melodia. Puoi anche non cambiare strumento, ma come suoni dipende unicamente da te.
  30. Anche quando è accusato, attaccato e condannato ingiustamente da ogni parte, il vero sufi sopporta con pazienza, e non dice una sola parola malevola su coloro che lo criticano. Un sufi non attribuisce mai colpe. Come potrebbero esserci avversari o rivali o anche solo “altri” se non esiste alcun “sé”? chi altri si può incolpare, se esiste solo l’Uno?
  31. Se vuoi rafforzare la tua fede, dovrai intenerirti dentro. Perché la tua fede sia forte come una roccia, il tuo cuore dovrà essere soffice come una piuma. Malattie, tragedie, perdite o timori: in un modo o nell’altro tutti noi dobbiamo affrontare avversità che ci insegnano a essere meno egoisti e meno inclini a giudicare gli altri, ad avere più compassione e generosità. Tuttavia, alcuni di noi imparano la lezione e riescono a diventare più miti, mentre altri finiscono con l’indurirsi più di prima. L’unico modo di avvicinarsi alla Verità consiste nell’allargare il cuore così che possa abbracciare tutta l’umanità e conservare ancora spazio per l’Amore.
  32. Niente deve frapporsi frapporsi tra te e Dio. Né imam, né preti, rabbini o altri custodi dell’autorità morale o religiosa. Non i maestri spirituali, nemmeno la tua stessa fede. Credi nei tuoi valori e nelle regole, ma non fartene un vanto. Se continui a spezzare il cuore al prossimo, qualsiasi dovere religioso tu adempia non ti servirà a nulla. Tieniti alla larga da ogni genere di idolatria, che offusca la visione. Lascia che Dio e Dio soltanto sia la tua guida. Apprendi la Verità, amico mio, ma bada a non fare delle tue verità un feticcio.
  33. Se tutti, in questo mondo, si affannano per andare da qualche parte e diventare qualcuno, solo per lasciarsi tutto alle spalle dopo la morte, tu mira al livello supremo del nulla. Vivi questa vita leggero e vuoto come il numero zero. Noi siamo come un vaso. Non sono le decorazioni esterne ma il vuoto interno, a tenerci in piedi. Proprio come a farci camminare non è quel che aspiriamo a raggiungere, ma la consapevolezza del nulla.
  34. Sottomissione non significa essere deboli o passivi. Non conduce al fatalismo né alla resa. Al contrario. Nella sottomissione risiede il vero potere, un potere che viene da dentro. Coloro che si sottomettono all’essenza divina della vita vivranno nella tranquillità e nella pace imperturbata anche quando il mondo intero attraversa una catastrofe dopo l’altra.
  35. In questo mondo non sono le affinità o le conformità a farci progredire, ma gli estremi opposti. E tutti gli opposti dell’universo sono presenti in ciascuno di noi. Pertanto il credente deve incontrare il non credente che vie in lui. E il non credente dovrebbe imparare a conoscere il credente silenzioso dentro di sé. Fino al giorno in cui si consegue lo stadio di Insan-i Kamil (l’essere umano perfetto), la fede è un processo graduale, che necessita del suo apparente contrario: lo scetticismo.
  36. Questo mondo si regge sul principio della reciprocità. Sarà contraccambiata ogni singola goccia di bontà, così come ogni briciola di malvagità. Non temere complotti, inganni o sotterfugi di altre persone. Se qualcuno dispone una trappola, ricorda: anche Dio sta facendo lo stesso. È il supremo vendicatore. Neanche una foglia si muove senza che Dio lo sappia. Credi a questo, semplicemente e totalmente. Qualsiasi cosa faccia, Dio la fa al meglio.
  37. Se anche le parti cambiano, il tutto resta lo stesso. Per ogni ladro che lascia questo mondo, un altro ne nasce. E ogni persona perbene che viene a mancare è sostituita da una nuova. In questo modo, non soltanto niente rimane lo stesso ma anche, in realtà, niente cambia mai. Per ogni sufi che muore, da qualche parte un altro nasce.
  38. Dio è un orologiaio scrupoloso. Il suo ordine è così preciso che tutto sulla terra accade al momento giusto. Né con un minuto di ritardo, né con un minuto di anticipo. E l’orologio funziona alla perfezione per tutti, senza eccezioni. Per ognuno c’è un tempo per amare e un tempo per morire.
  39. Non è mai troppo tardi per chiederti: “Sono pronto a cambiare la mia vita? Sono pronto a cambiare interiormente? Che immenso spreco, se anche un solo giorno nella tua vita è identico al precedente. Ogni momento, a ogni respiro, dobbiamo rinnovarci e poi rinnovarci ancora. Vi è un solo modo per rinascere a nuova vita: morire prima della morte.
  40. Una vita senza amore è una vita senza importanza. Non chiederti di quale tipo di amore andare in cerca, spirituale o materiale, divino o mondano, orientale o occidentale… le divisioni portano solo ad altre divisioni. L’amore non ha etichette né definizioni. È quello che è, puro e semplice. L’amore è l’acqua della vita. E un amate è un animo di fuoco! L’universo gira in un altro modo quando il fuoco ama l’acqua.
Tratto da: https://thevisionweekly.wordpress.com/2011/11/04/shams-of-tabrizs-40-rules-of-love/

lunedì 16 gennaio 2017

tratto dalla vita di gesù

BATTESIMO DI JMMANUEL
Un giorno in cui Giovanni Battista stava predicando alla folla ed un gruppo di miscredenti lo derideva, il giovane Jmmanuel arrivò al fiume Giordano dalla Galilea. Si avvicinò a Giovanni e gli chiese di poter essere battezzato ma Giovanni rifiutò e disse : Tu vieni da me ? Tu hai di gran lunga una più grande saggezza della mia e dovrei essere io a chiedere a TE di battezzarmi! Al che Jmmanuel gli rispose : “lascia che sia come ti ho chiesto in quanto sta a noi adempiere a ciò che è giusto, agire da esseri con le regole terrene in quanto siamo entrambi figli della Terra.” Allora entrambi parlarono con il loro Dio interiore chiedendo consiglio e guida. Poi Giovanni battezzò Jmmanuel e si abbracciarono come due amici che si fossero conosciuti da sempre scambiandosi parole che non potevano essere na capite ne interpretate dai presenti.
QUARANTA GIORNI CON GLI ESSERI CELESTI.
Dopo che Jmmanuel fu battezzato nelle acque del Giordano, ritornò a riva ed un grande emozione serpeggiò tra la folla li riunita. Di li a poco, un’accecante luce metallica apparve nel cielo e si posò sulla riva del fiume Giordano.Tutti i presenti caddero in ginocchio nascondendo la loro faccia nella sabbia mentre alcuni si gettarono nel fiume terrorizzati e paralizzati dalla paura. Ma una voce si levò dalla luce metallica. Questo è il mio figlio prediletto di cui vado fiero.
Egli sarà il Re della Verità e maestro di saggezza che eleverà la razza umana verso la consapevolezza. Quando la voce cessò, Jmmanuel rivolse alla folla e disse loro di non avere paura e di stare in pace. Benedisse la folla e le ansie e le paure svanirono. Quindi si girò ed entrò nella luce metallica che sembrava fosse circondata da fumo e fuoco che tuttavia non causavano nessuna ustione. Tutti si tenevano a distanza salvo Jmmanuel che vi si era avvicinato e vi entrò. Dopo che fu entrato nella luce da un’apertura, questa si chiuse e la luce ascese nel cielo, scivolò sulle acque del fiume ed il rombo dei suoi motori si spense. Dopo questo avvenimento, Jmmanuel non fu più visto per quaranta giorni e quaranta notti.
Durante quei quaranta giorni, Jmmanuel non visse tra gli esseri umani. Ad onore del vero, a partire da quel giorno, Egli non visse più nella totalità della forma umana in quando era stato trasformato rispetto a quello che era un comune mortale. Dopo che Jmmanuel fu prelevato dall’astronave, nessuno seppe dov’era stato portato. Egli visse quaranta giorni e notti tra i regni del Nord e dell’Ovest dove ricevette i Segreti della Saggezza. Visse questi quaranta giorni con Dio e con i Santi, con i suoi Angeli Custodi e gli Esseri Celesti che gli insegnarono la consapevolezza e la saggezza, la sovranità di Dio sulla razza umana e gli Esseri Celesti l’Onnipotenza della Creazione degli universi ( universi è qui al plurale e non a caso, in quanto esiste più di un universo), e l’immortalità dello spirito attraverso la reincarnazione. Li incontrò i progenitori della razza umana, i santi di tempi antichi che erano i progenitori della razza umana, gli Esseri Celesti.
Da li si spostò verso il nord alla fine dei confini della terra da dove la luce metallica e di fuoco spuntò fuori dalle nuvole, saettò con un sibilo verso il cielo coperta di fumo e fuoco, s’innalzò verso lo spazio per fermarsi alcune volte silenziosa come una nuvola sopra le masse.
TRE PORTALI
Li ai confini della Terra, Egli vide un meraviglioso prodigio. Li vide aperte le porte del paradiso. C’erano tre portali attraverso i quali Egli poteva vedere che gli rivelarono il loro radioso Prodigio, non c’erano segreti. Dietro il primo portale, in un’area grande quanto il mare privo di vita presso il Giordano, splendeva radiosa la terra di Israele piena di vita, di gente, di animali, nulla restava nascosto alla luce di questo Prodigio. Dietro al secondo portale, si erigevano delle montagne maestose le cui cime raggiungevano il cielo e si nascondevano tra le nuvole. Enormi masse di neve giacevano ai piedi delle montagne e tutt’intorno avevano costruito le loro dimore degli abitanti dalla pelle scura.
Il terzo portale rivelò una terra di dimensioni sconfinate con terre montagnose, fiumi, laghi e oceani ed anche li viveva un’altra razza umana. Non lontano da questi portali del paradiso, c’era il palazzo di Dio il regnante di queste razze umane e quelli che erano venuti da lontano, gli Esseri Celesti e gli Angeli Custodi. In quel palazzo, Dio regnava sulle tre razze umane create da Lui e sui suoi seguaci gli Angeli Custodi. Era immortale e veniva dalla notte dei tempi. Era grande come un gigante così come giganteschi erano gli Esseri Celesti.
MAESTRI SACRI
Nel palazzo di Dio, apparvero ad Jmmanuel tre uomini altissimi come Egli non ne aveva mai visti sulla Terra. Il loro viso era radioso come il sole, i loro occhi sembravano delle torce accese e dalle loro bocche sembrava uscisse del fuoco. I loro vestiti sembravano come uno strato di schiuma e le loro braccia sembravano delle ali dorate. Vivevano nel loro mondo in quanto il mondo degli umani li aveva uccisi. Questi due uomini della costellazione delle sette sorelle, erano dei maestri sacri ed erano in compagnia di altri due uomini più piccoli che venivano da Baawl che dissero : “degli uomini sono andati dal Paradiso alla Terra e altri sono stati trasportati dalla Terra in Paradiso.
Quelli che venivano dal Paradiso, rimasero sulla Terra per molto tempo e crearono la razza umana intelligente. Gli umani creati dagli Esseri Celesti, erano diversi da quelli della Terra. Non erano come i terrestri ma simili ai figli degli angeli del Paradiso, una specie diversa. Il loro corpo era bianco e pallido, come la neve e rosso all’interno come la gemma di una rosa. I loro capelli erano bianchi come la lana e i loro occhi erano meravigliosi. Queste razze umano, manterranno la loro bellezza e la trasmetteranno alla loro progenie. Ma nel corso dei secoli ed ei millenni, essi si mescoleranno con altre razze della Terra e del Paradiso così da creare nuove razze umane e razze speciali come gli Esseri celesti.
LA SAGGEZZA DI UN FIGLIO CELESTE
“Jmmanuel, tu vieni dalla saggezza, creato da uno tra noi Figli Celesti. Con la tua saggezza, farai diventare possibile l’impossibile e farai cose considerate miracoli dagli esseri umani. Tu conosci il potere dello spirito ma, fai attenzione a non abusarne! La saggezza che hai ricevuto da noi, dovrà servire per il bene delle razze umane ma il percorso che ti condurrà a questo, sarà molto difficoltoso per te e per loro. Non sarai riconosciuto per quello che sei e verrai rinnegato in quanto le razze umane sono ignoranti e piene di superstizioni e falsi insegnamenti. Le razze umane credono che Dio si la Creazione stessa e non il regnante dei Figli Celesti e delle razze umane. Gli uomini della Terra attribuiscono a Dio l’Onnipotenza della Creazione e lo glorificano come la Creazione stessa. Tuttavia, Dio è uguale ad un uomo, ai Figli Celesti e alle razze umane solo che Egli è spiritualmente infinitamente più sviluppato di ogni altro essere umano o di qualsiasi Figlio Celeste.
NON ASCOLTATE FALSI INSEGNAMENTI
Anche tu Jmmanuel, verrai insultato come Dio e nella loro ignoranza, essi ti paragoneranno alla Creazione. Dirai loro che anch’essi potranno essere come te ma essi non capiranno e ti perseguiteranno dopo che avrai rivelato loro Verità. Non ascoltare questi falsi insegnamenti perché passeranno millenni prima che gli uomini delle razze umane possano riconoscere la Verità. Ci saranno molteplici ragioni per questo una delle quali è che tu devi crescere nella tua iniziazione allo stato Divino. Molto sangue verrà versato nel tuo nome, il tuo e quello di innumerevoli generazioni a venire. Ciononostante, porta a termine la tua missione quale Re della Saggezza,
come figlio dell’Arcangelo Gabriele e come ordinato da Dio, Colui di Luce totale e totale Saggezza, l’Unico, L’Infinito. Nel nome di Dio, fu creata la Legge che tu nascessi perché tu diventassi un profeta e precursore della saggezza per questa razza umana e per tutte le razze a venire sulla faccia della Terra. Porta a termine la tua missione senza distrazioni e non lasciare spazio agli antagonismi in quanto gli esami che dovrai passare, saranno molto duri. Sarai imperturbabile di fronte agli avversari, alla loro mancanza di ragione e di fronte alle falsità degli scriba e dei farisei così come contro il popolo miscredente. 

Rimani sempre nell’equilibrio e fai appello alla saggezza interiore e all’armonia in quanto il tuo atteggiamento sarà un esempio per l’evoluzione che dovrà avvenire nelle razze umane. Ti sarà dato di crescere in saggezza oltre ciò che è possibile alle razze umane e diventare UN TUTT’UNO CON DIO mentre compi la tua ultima missione nel regno degli umani.Dopo che avrai terminato la tua missione, passeranno secoli e due millenni prima che la verità della tua saggezza che avevi trasmesso, sia riconosciuta e fatta conoscere al mondo da qualcuno delle razze umane. Queste persone sona state designate e consacrate e hanno ricevuto una lunga formazione ed insegnamenti dai Figlio Celesti nel Regno di Dio. Essi saranno dei temerari e si dedicheranno sopra qualsiasi altra cosa a che la loro missione sia portata a termine nella perfezione ed al momento opportuno.
Prima ancora che gli uomini abbiano creato delle macchine volanti che li proietteranno nei cieli, la verità verrà alla luce ed i falsi insegnamenti cominceranno a vacillare e crolleranno. Segnatamente la bugia che tu sei il Figlio di Dio o della Creazione in quanto la verità è che tu sei e verrai riconosciuto come il Figlio di un Figlio Celeste e diventerai un TUTT’UNO con Dio DENTRO la Creazione.
 I FIGLI CELESTI SI RIVELERANNO
Verrà il momento in cui noi Figli Celesti, cominceremo a rivelarci nuovamente alle razze umane in quanto verranno a conoscenza dell’ordine dei regni del Paradiso e diverranno per noi una minaccia grazie al potere distruttivo che avranno acquisito. Diverranno arroganti ed ignoranti ed incapaci di controllare il folle potere che avranno scoperto e minacceranno di annientare e distruggere la Terra con i loro armamenti. Così parlarono i Figli Celesti tra il Nord e l’Ovest prima di riportare indietro Jmmanuel in Israele nella terra di Giudea con l’astronave. Quando Jmmanel tornò, apprese che Giovanni Battista era stato imprigionato allora di li a poco lasciò Nazareth e si stabilì nella città di Capernaum vicino al mare nelle contee di Sebulon e Naphtali.
Da li, Jmmanuel cominciò a viaggiare e ad insegnare. “Pentitevi e cercate la verità e la conoscenza perché solo questo vi farà sentire vivi!”
I PRIMI DISCEPOLI
Allora, mentre Jmmanuel insegnava e si spostava lungo il mare di Galilea, gli scorse due fratelli, Pietro e Andrea figli di Simone che avevano gettato in mare le loro reti in quanto erano pescatori. Jmmanuel si rivolse loro dicendo : “venite con me, vi insegnerò la conoscenza e vi insegnerò a diventare pescatori di uomini”. Dopo che ebbero ascoltato le verità di Jmmanuel, divennero tutti e tre degli amici inseparabili e i due fratelli abbandonarono le reti e si misero in viaggio con il giovane Jmanuel essendo tutti quanti giovani e circa della stessa età. Insieme ad Jmmanuel, viaggiarono per tutta la Galilea insegnarono nelle sinagoghe e predicarono la conoscenza dello spirito. Guarirono ogni malattia ed infermità di tutti quelli che arrivavano ed ascoltavano cercando la saggezza. La notizia di Jmmanuel si propagò per tutta la Siria. Quelli che avevano sentito parlare di Lui, Gli portarono i loro malati, quelli afflitti da piaghe e disturbi, quelli che soffriva vano di ossessioni ed i lunatici, quelli paralizzati ed i nevrotici. Jmmanuel li guarì tutti!
Avvenne così che molti cominciarono a seguirlo attraverso la Galilea, da Gerusalemme e dalla Giudea e da altre città aldilà del fiume Giordano. Dovunque andassero, la gente si riuniva numerosa aspirando di sentire gli insegnamenti in quanto Egli era riconosciuto come Essere di ispirazione e conoscenza Superiore. La folla dei seguaci, aumentava sempre più costringendolo a trovare dei luoghi sempre più grandi dove poter insegnare ed essere udito. Cercava dei luoghi con delle piccole colline dove poter sovrastare la folla e parlare di modo che fosse ascoltato anche dai più lontani.

sabato 14 gennaio 2017

uovo primordiale


L'uovo cosmico, un archetipo cosmogonico, di cui si trovano i tratti strutturali ma non il simbolo, per la prima volta, presso gli Assiro (Sumeri) Babilonesi, dalla Mesopotamia, nel 2000 a.C., si è diffuso in India, nel 1.600 a.C., nella religione induista e nell'antico Egitto e nell'antica Grecia, con l'orfismo nell'800 a.C., e nei Pelasgi con il pelagismo. Tardivamente si è diffuso anche in altre religioni orientali, occidentali e africane, come in Cina, nel 400, nelle regioni europee celtiche e in Africa presso i Bambara.
Nella religione induista, l'uovo cosmico, detto Hiranyagarbha, viene descritto nei libri Bhagavad Gita Upanishads come un nucleo universale immerso nell'oscurità e dal quale il Signore Brahma lo ha reso manifesto, per mezzo dell'Aum, una sillaba che permette l'emissione respiratoria e che nell'induismo rappresenta il soffio vitale originale. Da questa primeva creazione della cosmologia induista si è sviluppato l'Universo, fino alla sua conclusione nel massimo degrado e poi da capo in una serie di cicli, chiamati kalpa. Una rappresentazione scultorea del concetto nel Mitraismo, è il dio Mitra, detto anche Phanes, spesso rappresentato mentre compare dall'interno di un uovo d'oro.
Nella religione orfica, una storia mitica greca, racconta come dall'uovo d'argento, deposto dalla Notte nell'oscurità dell'Erebo e fecondato da un soffio di vento del Nord, contenente il cosmo, sia nato Eros.
Nel mito dei Pelasgi, si racconta la stessa storia in modo particolareggiato. Qui è la dea Eurinome, emersa dal caos e fecondata dal serpente Ofione, che depone l'uovo universale. Quindi quest'uovo, come quello cinese è un uovo di un rettile mitico, forse il basilisco.
Nella religione taoista cinese, nel IV secolo d.C., l'uovo cosmico viene descritto nel mito di Pangu, il creatore del mondo, coadiuvato dalla tartaruga, da Qilin, un drago con le corna, simile ad una chimera, dalla Fenice e dal dragone.
Nella religione celtica il cerchio vuoto si chiama Oiw ed è il centro dell'evoluzione cosmica, simboleggiato dal Sole. Per i celti si chiama Glain, un uovo rossastro nato da un rettile marino che depone uova sulla spiaggia.
Nei Bambara all'inizio vi era un uovo vuoto che si riempie e si sviluppa a causa di un soffio creativo dello Spirito.
Nel mito polinesiano Vari-Ma-Tetakere vive in una noce di cocco cosmica.
Nell'antica religione egizia, è la Fenice a deporre l'uovo, dal quale rinascerà, ciclicamente. La Fenice è dotata di alito vitale dal quale nasce il dio dell'aria Shu. In prossimità della propria morte la Fenice costruisce un nido a forma di uovo e lì la Fenice brucia completamente ma da questa combustione si genera un uovo, che il Sole fa germogliare.
Mircea Eliade scrive sulla cosmogonia: "Il motivo dell'uovo cosmogonico, attestato in Polinesia, è comune all'India antica, all'Indonesia, all'Iran, alla Grecia, alla Fenicia, alla Lettonia, all'Estonia, alla Finlandia, ai Pangwe dell'Africa occidentale, all'America centrale e alla Costa occidentale dell'America del Sud." In Russia ed in Svezia sono state trovate uova di creta in molti sepolcri. Le statue di Dioniso trovate nelle tombe in Beozia portano un uovo in mano, segno del ritorno alla vita. Era invece vietato mangiare uova agli adepti dell'orfismo in quanto questo culto misterico ricercava l'uscita dal ciclo infinito delle reincarnazioni, cioè l'abolizione del ritorno periodico all'esistenza. L'uovo rappresenta quindi la " ripetizione della nascita esemplare del Cosmo, l'imitazione della cosmogonia".
Gli astrofici a partire dagli anni trenta hanno incominciato a parlare di un nucleo primordiale preesistente, sconosciuto e inconoscibile, dal quale si è sviluppato l'Universo per mezzo del Big Bang, da qui in poi conoscibile, perché emettitore di luce.
L'idea nasce da un bisogno percepito di riconciliare l'osservazione di Edwin Hubble di un universo in espansione (osservazione già ipotizzata da Albert Einstein con le sue equazioni della relatività generale). Erwin Schrödinger appassionato di Vedanta, applica questo concetto alla meccanica quantistica.
Attualmente la cosmologia asserisce che prima di 13,7 miliardi di anni fa l'intera massa dell'universo era compressa in un volume di circa trenta volta la dimensione del nostro Sole, dal quale si espanse fino allo stato attuale per mezzo del Big Bang.
In particolare Castellani nel 1993, nel suo libro fondamenti di Astrofisica, parla di questo nucleo primitivo sconosciuto, in modo ragionavole, formato da un brodo di quark, leptoni e fotoni.
Dopo tutte le considerazioni esposte precedentemente sui di­versi aspetti del simbolismo della caverna, ci resta da trattare ancora un altro punto importante: i rapporti di questo stesso simbolo con quello dell’»Uovo del Mondo»; ma, affinché ciò possa essere ben compreso e ricollegato in modo più diretto a quanto abbiamo detto fin qui, dobbiamo parlare anzitutto dei rapporti simbolici del cuore con l’“Uovo del Mondo». Si po­trebbe forse stupirsene a prima vista e non scorgere altro che una certa somiglianza di forma tra il cuore e l'uovo; ma anche questa somiglianza può avere un vero significato solo se esistono relazioni più profonde; ora, il fatto che l'omphalos e il betilo, che sono incontestabilmente simboli del centro, siano spesso di forma ovoidale, com'era in particolare l'Omphalos di Delfi [Abbiamo esaminato più specificamente questi simboli nel “Roi du Monde”; vi abbiamo anche segnalato che, in altri casi, essi rivestono la forma conica, che è in rapporto diretto con il simbolo della montagna, di modo che si ritrovano qui ancora le due raffigurazioni complementari di cui abbiamo parlato ultimamente], ne è una riprova, come ci accingiamo ora a spiegare.
A tale riguardo, è importante prima di tutto osservare che l’“Uovo del Mondo» è la figura non del «cosmo» nel suo stato di completa manifestazione, ma di ciò a partire da cui si effet­tuerà il suo sviluppo; e, se tale sviluppo è rappresentato come un'espansione che si compie in tutte le direzioni a partire dal suo punto d'inizio, è evidente che questo punto coinciderà neces­sariamente con il centro stesso; così, l’“Uovo del Mondo” è effettivamente «centrale» in rapporto al «cosmo» [Il simbolo del frutto ha anch'esso sotto questo profilo, lo stesso significato dell'uovo; vi torneremo probabilmente nel proseguimento di questi studi. Faccia­mo notare fin d'ora che questo simbolo ha inoltre un evidente legame con quello del «giardino», e quindi del Paradiso terrestre]. La figura biblica del Paradiso terrestre, che è anche il «Centro del Mondo», è quel­la di una cinta circolare, che può essere considerata la sezione oriz­zontale di una forma ovoidale oppure sferica; aggiungiamo che, in realtà, la differenza fra queste due forme consiste essenzial­mente nel fatto che quella della sfera, estendendosi ugualmente in tutti i sensi a partire dal centro, è veramente la forma pri­mordiale, mentre quella dell'uovo corrisponde a uno stato già differenziato, che deriva dal precedente per una specie di «pola­rizzazione» o di sdoppiamento del centro [Allo stesso modo, in geometria piana, il centro unico del cerchio, sdoppiandosi, dà origine ai due fuochi di un'ellisse; questo sdoppiamento è raffigurato assai chiaramente anche nel simbolismo estremo‑orientale dello Yin‑yang, che si riallaccia anche a quello dell’»Uovo del Mondo»]; si può d'altronde pensare che questa «polarizzazione «si effettui dal momento in cui la sfera compie un movimento di rotazione intorno a un asse determinato, poiché, a partire da questo momento, non tutte le direzioni dello spazio svolgono uniformemente la stessa funzione; e questo segna precisamente il passaggio dall'una all'altra delle due fasi successive del processo cosmogonico che sono rispetti­vamente simboleggiate dalla sfera e dall’uovo [Segnaliamo ancora, a proposito della forma sferica, che nella tradizione isla­mica la sfera di pura luce primordiale è il “Ruh mohammediyah”, che è anche il «Cuore del Mondo»; e l'intero «cosmo» è vivificato dalle «pulsazioni» di questa sfera, che è propriamente il “barzakh” per eccellenza (si veda su questo argomento l'articolo di T. Burckhardt, in «Etudes Traditionnelles», dicembre 1937)].
Detto questo, resta ormai solo da mostrare come ciò che è contenuto nell’»Uovo del Mondo» sia realmente identico a ciò che, come abbiamo detto precedentemente, è anche contenuto simbolicamente nel cuore, e nella caverna in quanto ne è l'equi­valente. Si tratta qui di quel «germe” spirituale che, nell'ordine macrocosmico, è designato dalla tradizione indù come Hiranya­garbha, cioè letteralmente l'«embrione d'oro» [Si veda “L'Homme et son devenir selon le Vedanta”, cap. XIII]; ora, questo «germe» è veramente l'Avatara primordiale [A ciò si ricollega pure la designazione di Cristo come «germoglio» in vari testi delle Scritture, di cui forse riparleremo in altra occasione], e abbiamo visto che il luogo della nascita dell'Avatara, come pure di ciò che vi corrisponde dal punto di vista microcosmico, è rappresentato pre­cisamente dal cuore o dalla caverna. Si potrebbe obiettare che, nel testo da noi citato allora [Katha Upanishad, 1° Valli, shruti 14], come del resto in molti altri casi, l'Avatara è espressamente designato come Agni, mentre è detto che Brahma si rinchiude nell’»Uovo del Mondo», chiamato per questa ragione Brahmanda, per nascervi come Hiranyagarbha; ma, oltre al fatto che i diversi nomi designano in realtà solo i diversi attributi divini, che sono per forza sempre in relazione gli uni con gli altri, e non entità separate, è il caso di osservare qui in modo speciale che, essendo l'oro considerato come la «luce minerale” e il «sole dei metalli», la designazione stessa di Hiranyagarbha lo caratterizza effettivamente come un principio di natura ignea; e tale ragione viene ad aggiungersi alla sua posizione centrale per farlo assimilare simbolicamente al Sole, che, del resto, è anch'esso in tutte le tradizioni una delle figure del «Cuore del Mondo».
Per passare di qui all'applicazione microcosmica, basta ricordare l'analogia che esiste fra il “pinda”, embrione sottile dell'essere individuale, e il Brahmanda o «Uovo del Mondo» [“Yatha pinda tatha Brahmanda” (si veda “L'Homme et son devenir selon le Vedanta”, capp. xiii e xix)]; e questo “pinda”, in quanto «germe» permanente e indistruttibile dell'esse­re. si identifica d'altronde col «nòcciolo d'immortalità», chiamato “luz” nella tradizione ebraica [Per ulteriori osservazioni su questo punto rinviamo ancora al “Roi du Monde”; si può anche notare che l'assimilazione della «seconda nascita» a una «germina­zione» del “luz” richiama nettamente la descrizione taoista del processo iniziatico co­me «endogenia dell'immortale»]. È vero che, in genere, il “luz” non viene situato nel cuore, o almeno è questa solo una delle diverse localizzazioni di cui è suscettibile, nella sua corrispondenza con l'organismo corporeo, e non quella che si riferisce al caso più comune; nel caso, invece, in cui il “luz” è in rapporto immediato con la «seconda nascita», tale localizzazione apparirà del tutto giusta, come già risulta da tutto quanto si è detto finora. Di fatto, tali localizzazioni, che sono in rapporto con la dottrina indù dei chakra, si riferiscono ad altrettante condizioni dell'essere umano o fasi del suo sviluppo spirituale: alla base della colonna verte­brale, è lo stato di «sonno» in cui si trova il “luz” nell'uomo co­mune [Il serpente arrotolato intorno all’“Uovo del Mondo», e talvolta raffigurato attorno all'Omphalos e al betilo, è, a tale riguardo, Kundalini arrotolata intorno al «nòcciolo d'immortalità», che è pure in rapporto con il simbolismo della «pie­tra nera»; a questa posizione «inferiore» del “luz”, si fa direttamente allusione nella formula ermetica: “Visita inferiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem”, la “rettificazione» è qui il «raddrizzamento» che segna, dopo la «discesa” l'inizio di un movimento ascensionale, corrispondente al risveglio di Kundalini; e il complemento della medesima formula designa inoltre questa «pietra nascosta» come “veram medicinam”, il che la identifica anche con l'amrita, cibo o bevanda d'im­mortalità]; nel cuore, è la fase iniziale della sua «germinazione», che è propriamente la «seconda nascita»; nell'occhio frontale, è la perfezione dello stato umano, cioè la reintegrazione nello «stato primordiale»; infine, nella corona della testa, è il passaggio agli stati sopra‑individuali; e ritroveremo ancora la corrispon­denza esatta di queste diverse tappe quando torneremo a trattare del simbolismo della caverna iniziatica [Notiamo ancora che la designazione dell’»embrione d'oro» suggerisce un certo rapporto con il simbolismo alchimistico, confermato del resto da accostamenti co­me quelli che abbiamo indicato nella nota precedente; e vedremo anche, a tale riguardo, che la caverna iniziatica corrisponde in modo notevole all'athanor er­metico; non è il caso di stupirsi di queste somiglianze, poiché il processo della «Grande Opera», inteso nel suo vero senso, non è altro in fondo che il processo stesso dell'iniziazione].

venerdì 13 gennaio 2017

   I Misteri Eleusini

Nonostante i numerosi studi sui mysteria di Eleusi (i romani li chiamarono: “initia”) bisogna dire che ci si deve accontentare di poche certezze e di diverse congetture.
Ne parlano autori cristiani e pagani, ma gli indizi che forniscono sono pochi. Non bisogna incolparli di questo  visto che  il regime iniziatico dei misteri di Eleusi era talmente blindato da prevedere la pena di morte per gli iniziati che rivelassero i riti o per coloro che li spiassero, insieme alla confisca di tutti beni da loro posseduti.
Eleusi, edificata a 23 km da Atene, risulta essere una cittadina già abitata nel secolo XVII - XVII. Non si sa quando vi vennero introdotti i mysteria eleusini, che presentano assonanze a culti agrari praticati nell'isola di Creta. Il primo documento che ne parla risale al VII secolo e fa parte dei cosiddetti Inni Omerici. Le mura micenee, scoperte sotto il complesso del telesterion, all'inizio vennero interpretate come le origini del santuario eleusino, ma oggi gli studiosi ritengono che possono essere interpretate diversamente. La cittadina di Eleusi venne a far parte dello stato Ateniese e una strada “la via sacra” la collegava con Atene. Il culto eleusino divenne un culto ufficiale e venne esteso nelle colonie greche. I romani lo recepirono come culto a Cerere e Proserpina.
I misteri eleusini ebbero ufficialmente termine nel 391 con un editto dell'imperatore Teodosio. La cittadina e il tempio vennero poi distrutti nel 395 dai Goti guidati da Alarico. I misteri eleusini ebbero però ancora una sopravvivenza clandestina, per poi definitivamente scomparire di fronte al cristianesimo.
Inizialmente i misteri avevano una portata limitata all'interno di due potenti famiglie, i Kèryci e gli Eumolpidi. Tali famiglie avevano il monopolio degli ufficianti principali dei misteri ad Eleusi.
I mysteria eleusini erano riservati solo a chi conosceva la lingua attica e ai non barbari, cioè a chi non fosse un Persiano, anche se vi furono eccezioni. Il divieto di partecipazione si estendeva a chi avesse commesso omicidi. Potevano partecipare uomini e donne e anche schiavi, purché diventati “liberi”. L'iniziazione avveniva in giovane età. L'iniziando era tenuto a pagare una tassa.
Persefone inghiottita nell'Ade come un seme sotto la terra, ne viene liberata dall'azione della madre, e può ritornare per sei mesi sulla terra e stare con la madre nell'Olimpo. E' il segno che l'Ade non è più un luogo che ha il carattere di carcere, ma che è abitabile nella felicità che Kore dimostra nella nascita di un figlio dal dio Ade (Plutone).
Demetra è la datrice delle buone stagioni, e con ciò rende prospera l'agricoltura della quale è l'istitutrice.
Dal Caos, elemento materico divino e impersonale, si produssero Gaia ed Eros. Gaia (Gea) (la terra) generò da se stessa Urano (il cielo). Dall'unione tra Gaia e Urano nacquero sei Titani: Oceano, che circonda l'universo, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto, Crono. Nacquero pure sei Titanidi: Teia, Rea, Temi, Mnempsine (la memoria), Febe, Teti. Nacquero pure i Ciclopi e i tre Ecatonchiri.
Crono uccise Urano che giaceva sopra Gaia, così che si separarono, e da Urano si creò il cielo stellato. Poiché Urano aveva uguali dimensioni di Gaia, da ogni parte della terra si vede il cielo. Crono iniziò a permettere lo scorrere del tempo.
Crono sposò Rea dalla quale ebbe tre figlie: Estia, Demetra ed Era (Hera), e tre figli: Sde, Poseidone, Zeus.
A Zeus toccò il cielo, a Poseidone il mare, ad Ade gli inferi.
Zeus, marito di Era, si unì con Demetra e generò Persefone (Kore: “la fanciulla”).
Mentre Persefone raccoglieva fiori insieme alle figlie di Oceano, nel paese di Nisa, sprofondò nella terra e di trovò nell'Ade, che prende il nome da Ade (Hades o Aidoneus), re degli inferi. Il dio Ade così la rapisce. Persefone alza le sue grida disperate, ma nessuno la ascolta, salvo il dio Helios che dal cielo tutto vede e ascolta. I lamenti di Persefone echeggiano per le cime dei monti e per il mare, finché Demetra li ode, ma non sa dove sia la figlia. Demetra inizia un cordoglio affannoso, pieno di dolore spietato: si strappa le bende che tenevano insieme i capelli, butta via il suo mantello, non mangia, non si lava, solo va in cerca della figlia con una fiaccola accesa. Il suo dolore è straziante e nello stesso tempo altero. Incontra la dea Ecate (la luna calante), che ha pure lei ascoltato il pianto di Persefone, ma non sa dove sia. Con Ecate, Demetra va da Helios, che la informa che Zeus ha concesso Persefone in sposa ad Ade. Demetra diventa furibonda e si allontana dall'Olimpo, nascondendosi il volto con un velo. Giunge infine ad Eleusi, nel regno del re Celeo. Callidice, figlia del re, le propone di diventare nutrice di Demofonte, l'ultimo nato. Demetra con l'accettazione della regina Metanira, madre di Demofonte, entra nella reggia irraggiando fulgore, ma la regina ancora non riconosce la dea, che resta triste e col volto coperto dal velo. A questo punto la serva Jambe (Giambe) si manifesta con lazzi e parole sensuali che dichiarano il suo culto a Dionisio. Clemente Alessandrino (Protrepticus, 2, 15-16) presenta la variante che i lazzi vennero presentati dal servo Baubo, che si alzò la tunica in atteggiamento sensuale. Demetra di fronte a tale comportamento ebbe un moto di compiacimento, che la sollevò dal suo dolore cupo e sdegnoso.
La regina, in seguito, le vuole dare del vino, ma lei si fa preparare un miscuglio di acqua, farina e crusca, il kikeon. Demetra vuole poi divinizzare Demofonte e di notte lo espone al fuoco come elemento purificatore, e ricorrendo a formule magiche di sola sua esclusiva conoscenza (è interessante vedere come Ercole giunga alla divinizzazione piena dopo essersi gettato nel fuoco). La regina vide il bambino sospeso sul fuoco e gridò di spavento e così ruppe l'incantesimo. La dea si corrucciò di questo e rivelò la sua natura di dea. Ella si sentì offesa di non essere stata riconosciuta ed impose l'erezione di un tempio ad Eleusi, sotto le mura della città. Il tempio le viene subito eretto e Demetra vi si chiude sdegnosa, sempre afflitta per la perdita della figlia. Il suo furore è tale che decreta la morte, la siccità, su tutta la natura vegetale, con conseguente desolazione per gli uomini. Zeus allora invia a Demetra la figlia Iris, dalle ali d'oro, e poi tutte le divinità celesti, ma Demetra rimane nel suo tremendo sdegno. Zeus allora mandò nell’Ade Hermes per convincere il dio Ade a lasciare la fanciulla. Il dio Ade acconsente, ma prima le fa mangiare un frutto di melagrano. La fanciulla ne mangia sei chicchi e per questo dovette rimanere nell'Ade per sei mesi all'anno, perché chi gusta i frutti dell'Ade non può più uscirne. Sei mesi starà con la madre e sei mesi con il marito, il dio Ade. Demetra felice di riavere la figlia ridiede vita alla vegetazione. La dea Rea invita Demetra a risalire nell'Olimpo, ma prima di risalire Demetra detta le cerimonie che in Eleusi dovranno essere svolte in suo onore, e alle quali è connessa la felicità nell'aldilà. Le cerimonie e i riti da svolgersi li ricevono Trittolemo, Eumolpo, Celeo.
Trittolemo è l'eroe civilizzatore che portò l'agricoltura ad Eleusi, dopo che già in Attica li aveva portati Demetra. In Attica Demetra vi andò con a fianco Dionisio, già abitante dell'Olimpo. Persefone ha con il dio Ade un figlio: Brimos. Segno questo che l'Ade ha una zona  abitabile nella felicità.
Il telesterion (palazzo dell'iniziazione) era una grande sala pressoché quadrata di 250 mq. Al centro c'era l'anaktoron, la cella segreta del tempio. Il telesterion aveva delle gradinate dove prendevano posto gli iniziati. Davanti all'anakroton c'era il trono dello hierophantes (colui che mostra le cose sacre). Non mancavano i piccoli e grandi propilei sul modello di quelli di Atene.
All'esterno del tempio c'erano spazi per collocare tende nelle quali si sostava per ricordare il passaggio dalla vita nomade a quella stabile dell'agricoltura, dovuto a Demetra istitutrice dell'agricoltura.
Quello che bisogna subito dire è che, stando ai testimoni di cui si dispone, i riti eleusini non erano caratterizzati da un corpus dottrinale da trasmettere, ma da un'esperienza da vivere attraverso simboli ed eventi. L'apprendimento (mathein) riguardava il mito di Demetra e Persefone, e di quanto esso significava per i mysteria eleusini..
L’obiettivo della telete (iniziazione), oltre quello della propiziazione per i beni della vita in terra, era quello di mirare ad ottenere la felicità nel mondo dell’aldilà.
Così recita l'Inno Omerico: “Felice colui, tra gli uomini viventi sulla terra, che ha visto queste cose! Chi invece non è stato iniziato ai sacri misteri, chi non ha avuto questa sorte non avrà mai un uguale destino, da morto, nelle umide tenebre marcescenti di laggiù”.
Anche Cicerone, che si fece iniziare agli initia di Eleusi, ne parla (De Legibus II, 14) come del “Beneficio migliore che Atene abbia portato agli uomini. Attraverso i misteri abbiamo imparato a conoscere i principi della Vita [principia vitae] e attraverso questi, il mezzo non solo di vivere nella gioia, ma anche di morire con una speranza migliore”. L'iniziazione di Eleusi prevedeva due momenti: uno all'equinozio di Primavera nel mese di Anthesterion (metà febbraio-metà marzo) dal 19 al 21, ed erano “i piccoli misteri”, con funzione preparatoria ai grandi misteri che si celebravano con molta segretezza nel mese di Boedrohion (metà settembre-metà ottobre) dal 16 al 25. “I piccoli misteri” si svolgevano ad Agrai, un sobborgo di Atene, ed erano preceduti da abluzioni nel fiume Ilisso. Vicino al fiume si faceva una tendopoli che simboleggiava l'antica condizione selvaggia prima dell'istituzione della vita agricola e quindi associata. I candidati dormivano lungamente nelle tende, probabilmente sotto sostanze narcotiche. Il sonno veniva a rappresentare una “prima iniziazione alla morte” (Plutarco, “Consolazione ad Apollonio”, 12).  “I grandi misteri” si svolgevano invece ad Eleusi, sul golfo Saronico.Dunque, i due momenti erano all'inizio e alla fine del ciclo vegetativo, assunto per l'uomo come modello di riferimento per un processo di morte-rinascita. Nei grandi misteri gli iniziati (mystes) partivano da Atene per Eleusi per prelevare alcuni oggetti sacri. Facevano ritorno il giorno dopo ponendo gli oggetti sacri (Hierà) nell'Eleusinion, edificio ai piedi dell'Acropoli dove si celebravano alcuni riti preparatori. Il terzo giorno, il gran sacerdote controllava le credenziali degli iniziandi (mystai) e riceveva i giuramenti di segretezza e raccoglieva gli oboli dovuti al tempio.  Il quinto giorno, dopo un giorno di digiuno, si celebravano cerimonie in onore di Dionisio ed Esculapio. Il sesto giorno veniva preparata una bevanda sacra il kikeon (ciceone), un miscuglio di malto e di un tipo di menta, ma che conteneva anche sostanze stupefacenti. Veniva bevuto, prima di entrare nel telesterion. Il settimo giorno, cominciava la parte principale della cerimonia. I mystai e i mystes o epoptai partivano da Atene in processione per Eleusi, seguiti dai cittadini di Atene, che cantavano un inno a Iacchos, cioè a Dionisio, il nato due volte. Giunti sul fiume Cefisio donne e uomini si scambiavano parole piccanti e oscene, in ricordo delle parole che fecero sorridere Demetra, pur nel suo cupo dolore per lo smarrimento della figlia. L’ultima notte corrispondeva all'ultima fase del rito, ed era la contemplazione, la “epopteia”. Secondo quanto riferisce Clemente Alessandrino (Protrettico, 21, 2) i mystai al momento di entrare nel telesterion dovevano dire queste parole d'ordine (synthema):
Ho digiunato, ho bevuto il kikeon, ho preso la cista (cesta), dopo aver compiuto l'atto rituale ho deposto nel calathos (canestro) e dal calathos nella cista”. I canestri erano d'oro e un serpente vi era attorcigliato, come si vede nei reperti archeologici. Era vietato nominare gli oggetti sacri. Teodoreto di Ciro parla di figure di organi genitali, segno della trasmissione della vita. Escludere l'elemento sessuale accusando gli scrittori cristiani di avere peggiorato, ad uso di confutazione, il rito iniziatico, significherebbe non rendersi conto che nei riti eleusini era presente, pur  dimensionato, anche il clima erotico dionisiaco. Il serpente era collegato al culto del dio Esculapio, dio della medicina e quindi della tutela della vita.
Nel telesterion durante la notte, si ricordavano il rapimento di Persefone, il dolore e l'affannosa ricerca di Demetra non in forma drammatica, ma con canti e salmodie.
Il mystai, cioè colui che l'anno precedente era stato ammesso al primo grado di iniziazione, veniva messo dentro una fossa e ricoperto di fango tranne il volto (Proclo, “Theolica platonica”, IV, 9). Era la raffigurazione della morte, poi doveva percorrere un cammino in sentieri bui, illuminati a sprazzi, ottenuti con pannelli dentro il telesterion. Era il viaggio nell'Ade dove il mystai vedeva rappresentazioni della condizione triste e di orrore dei morti, e  vedeva quella dei beati. L'iniziazione includeva anche la vista di una ierogamia (un rito che raffigura l'accoppiamento tra due divinità), condotta dallo hierophantes (sacerdote) resosi sterile con l'ingestione di cicuta e da una sacerdotessa del tempio di Demetra, ma i partner potevano essere diversi. I due rappresentavano probabilmente Persefone e il dio Ade nell'amplesso generatore del fanciullo Brimos (temibile, forte). Il culmine dell'azione iniziatica era costituito dall'evocazione e dall'epifania della Kore. Nell'anaktoron veniva acceso un grande fuoco e lo hierophantes  invocava la dea Kore, senza pronunciare il suo nome, e percuoteva una lastra di bronzo. Si apriva poi la porta dell'anaktoron, da cui la luce si diffondeva per tutto il telesterion. I mystai, ormai mystes, o epoptai (che hanno visto) si trovavano di fronte ad una luce abbagliante, prodotta da un fuoco, che veniva alimentato in modo che producesse un'improvvisa impennata di splendore, indicante la presenza della dea Persefone, in relazione all'accettazione dei nuovi iniziati. L'iniziato dopo aver camminato nel buio simulante l'Ade, veniva investito dalla forte luce, e lo stato di estasi narcotica faceva il resto. Gli epoptai guardando in alto dicevano poi: “piovi!” e guardando in basso: “concepisci!”.. Era una rinascita che non coincideva col momento agrario della primavera, ma con l'autunno, quando per Persefone era il tempo di ritornare nell'Ade, tempo che era anche quello della seminagione del grano. In origine il culto era esclusivamente rivolto a Demetra, dea dell'agricoltura, ma poi ci fu uno spostamento verso la Kore: una dea che regna nel regno dei morti poteva assicurare, oltre all'abbondanza dei raccolti, col suo ritorno in terra presso la madre abitante sulla cima dell'Olimpo, anche la beatitudine dopo la morte. La rinascita era segnata da una figliolanza con Persefone, figliolanza che aveva la sua espressione simbolica nella ierogamia rappresentante l'amplesso tra Persefone e il dio Ade.
Lo hierophantes presentava una spiga e sanciva l'avvenuta garanzia di vita felice nell'aldilà con le parole: “Un sacro figlio generò la Signora, la Forte generò un forte”. La spiga che teneva in mano era il segno dell'abbondanza agraria e della felicità nell'aldilà, significata dalla nascita del fanciullo Brimos (temibile, forte), figlio di Persefone e del dio Ade. Spighe d'oro venivano collocate accanto alle salme di defunti facoltosi.
Il neoplatonismo, che professava la reincarnazione delle anime, portò una mutazione nei mysteria eleusini. Non si pensò più alla beatitudine nell'Ade, ma a quella del cielo. I mysteria permettevano di spezzare il ciclo delle reincarnazioni stando la presenza nell'Ade di Persefone, cosicché l'anima potesse ritornare per sempre nelle sue sedi celesti.
Plutarco (Fragmenta 168 Sandbach = Stobeo 4, 52, 49) ci ha lasciato queste importanti annotazioni:
Al momento della morte l'anima prova un'esperienza simile a quella di coloro che sono iniziati ai misteri (...). All'inizio vagare smarriti, faticoso andare in cerchio, paurosi percorsi nel buio, che non conducono in alcun luogo. Prima della fine il timore, il brivido, il tremito, i sudori freddi e lo spavento sono al culmine. E poi una luce meravigliosa si offre agli occhi, si passa il luoghi puri e prati dove echeggiano suoni, dove si vedono danze; solenni sacre parole e visioni divine ispirano un rispetto religioso. E là l'iniziato, ormai perfettamente liberato e sciolto da ogni vincolo, si aggira, incoronato da una ghirlanda, celebrando la festa insieme agli altri consacrati e puri, e guarda dall'alto la folle non iniziata, non purificata nel fango e nelle tenebre, e, per timore della morte, attardarsi fra i mali invece di credere nella felicità dell'aldilà”.
Proclo (In Remp,II 108, 17-30, Kroll) ci dice che le teletoi (iniziazioni) “provocano consonanza delle anime con il rito (dromena), alcuni degli iniziati sono presi dal panico, colmi di orrore, altri si assimilano ai simboli sacri, abbandonano la loro identità, acquistano famigliarità con gli dei, e sperimentano la possessione divina”.
Albert Hofmann, scopritore dell'LSD; Gordon Wasson, esperto di funghi psichedelici; Carl Ruck, profondo conoscitore della letteratura antica hanno concluso che nei riti venivano impiegate sostanze allucinogene.
Queste parole di Plutarco indicano chiaramente la presenza di sostanze stupefacenti: Prima della fine il timore, il brivido, il tremito, i sudori freddi e lo spavento sono al culmine”.
La presenza del papavero come fiore della dea Demetra, nella cui corona erano incastonate capsule del papavero, ci dice con chiarezza l'esistenza di sostanze oppiacee nel rito di iniziazione.