Le prime informazioni di qualsiasi iscrizione Maya riguardano il tempo. Il tempo e i numeri erano per i Maya soltanto un mezzo. Sembravano impegnati non soltanto a scrivere la storia della natura o la propria storia ma a farle convergere.
questo popolo utilizzava molti calendari, ma i principali erano tre, cioè lo Haab, il Tzolkin e il così chiamato "Codice di Dresda". Altri calendari ancora, di durata molto lunga, servivano a collegare i primi tre.
Chi esercitava l'uso divinatorio del calendario era chiamato ah kin, custode dei giorni.
L'Haab era composto da 18 "mesi" di 20 giorni ciascuno, cui venivano aggiunti 5 giorni intercalari, chiamati uayet, reputati infausti : si credeva infatti che in questi giorni i morti si risvegliassero dal sonno eterno per vendicarsi dei torti subiti. Ognuno dei 365 giorni della somma risultante era contraddistinto da un numero (da 1 a 20) e dal nome del mese, esattamente come nel nostro calendario (1 gennaio, 2 gen naio...ecc.). I mesi maya, erano così denominati:
1) Pop.... 2) Uo.... 3) Zip.... 4) Zotz.... 5) Zec.... 6) Xul.... 7) Yaxkin.... 8) Mol.... 9) Ch'en.... 10) Yax.... 11) Zac.... 12) Ceh.... 13) Mac.... 14) Kankin.... 15) Muan.... 16) Pax.... 17) Kayab.... 18) Cumku
Su questo calenario si basavano le principali cerimonie religiose legate alle attività di sussistenza e alle stagioni, e venivano celebrate per lo più al termine di ogni "mese" di 20 giorni.
Questo anno di 365 giorni viene spesso chiamato "vago", in quanto risulta più breve dell'esatta durata dell'anno astronomico; tuttavia, i popoli mesoamericani non pare abbiano mai adottato l'uso di compensare lo sfasamento intercalando un giorno ogni quattro anni; di conseguenza, il calendario basato sull'anno vago accu mulava 25 giorni di ritardo ogni 100 anni astronomici. Bisogna però considerare che l'occasionale intercalazione di un giorno extra sarebbe stata in profondo contrasto con gli stessi principi ispiratori del complesso intreccio dei cicli calendarici mesoamericani, le cui fi nalità primarie non erano certo di pura misurazione del tempo astronomico.
L'altro calendario era chiamato tzolkin, di somma importanza divinatoria e rituale, era composto da 260 giorni, ciascuno in dicato dalla combinazione di un numero da 1 a 13 con uno di 20 simboli o "nomi" calendarici. A ognuno di questi e dei 13 numeri venivano (e vengono tuttora) assegnate valenze specifiche e distinte, in base alle forze e agli esseri extraumani loro associati. I sacerdoti specializzati esercitavano il proprio sapere appunto nel determinare le risultanti dell'intreccio, onde permettere di orientare l'azione umana nel modo più propizio e di intraprendere le necessarie iniziative rituali. In particolare, si credeva che la connotazione calendarica di certi periodi (come la "tredicina", l'anno vago, il ciclo di 52 anni, ecc.) s'imprimesse sulle restanti unità (i giorni) che li componevano. Il ciclo di 260 giorni era così suddiviso in 20 "tredicine": il segno di volta in volta corrispondente al primo dei 13 nu merali estendeva il proprio influsso sui restanti 12 giorni della serie, che pure avevano cia scuno una specifica valenza. Per i Maya ogni giorno è una coppia di dèi, perché ogni giorno ha una combinazione numero + nome: come 1 Ik, 5 Imix, 13 Ahau - il numero è un dio e il nome un altro. I Maya giunsero ad antropomorfizzare i numeri, raffigurandoli nei bassorilievi e nei codici come delle divinità chine sotto il peso del proprio fardello temporale: la loro conce zione del tempo appare così discontinua, composta da una successione regolare di fasi dina miche, corrispondenti all'azione di trasporto del carico, intervallate da fasi statiche, corrispondenti alla pau sa di riposo dei portatori divini. Ma i diversi giorni della "tredicina", pur subendo l'influsso del primo segno, potevano poi avere valenze del tutto opposte, in base ad associazioni di carattere simbolico-mitologico. La centralità del calendario si rifletteva pienamente nel sistema onomastico degli an tichi mesoamericani, in base al quale le persone, le divinità e le stesse componenti della natura venivano designate mediante il segno del giorno della loro nascita. Le caratteristiche temperamen tali, fisiche e lo stesso destino dipendevano dal tipo di dotazione spirituale che ognuno ri ceveva dagli dèi, identificata con una delle diverse "anime" che formavano l'individuo. Anche i principali aspetti della realtà materiale con cui l'uomo entrava quotidianamente in relazione erano chiamati con nomi esoterici tratti dal calendario ritua le. I due calendari erano uniti in un periodo di 52 anni; questo era anche il periodo in capo al quale il giorno iniziale (o quello finale) del l'haab, cioè l'anno "solare" - che poi dava il nome a tutto il periodo- si ripresentava con la stessa denominazione rituale: infatti, poiché il minimo comune divisore dei due cicli di 365 e 260 giorni è 5, ne deriva che l'anno "solare" poteva avere inizio solo in corrispondenza di quattro dei 20 sim boli calendarici (20 / 5 = 4), corrispondenti con il 3°, l'8° il 13° e il 18° della serie, che gli studiosi chiamano "portatori d'anno", e non furono sempre gli stessi. Questi portatori d'anno si susseguivano con numeri crescenti, fino a completare quat tro volte la serie di 13 (4 x 13 = 52) : questo modo di designare gli anni ha un largo impiego nei monumenti e nei documenti pittografici che commemorano eventi rituali o vicende storiche. Il periodo di 52 anni aveva grande importanza religiosa, e al suo scadere si celebravano cerimonie volte a scon giurare il pericolo che il mondo avesse fine. I maya furono molto importanti per la creazione di un complesso calendario dei cicli di Venere chiamato Codice di Dresda . Il calendario venusiano Maya era talmente preciso da avere un errore di sole due ore in cinque secoli. Il pianeta lungo la sua orbita scompare per circa otto giorni di fronte al sole. Una volta svanito nel cielo occidentale nel crepuscolo serale esso ricompare circa otto giorni dopo nel cielo mattutino prima del levare del sole. Dopo circa nove mesi ( 263 giorni ) di vagabondaggio nel cielo si riavvicina al sole e scompare nella luce solare. Venere è assente per circa 50 giorni mentre passa dietro al sole , poi ridiventa visibile per altri nove mesi nei quali la sua luminosità cresce fino a raggiungere il suo massimo splendore verso la fine del ciclo. Venere completa il suo ciclo in circa 584 giorni , proprio ciò che anche i Maya avevano registrato. Il ciclo completo di 584 giorni divenne un numero magico per questa popolazione mesoamericana . Bisogna anche ricordarsi che al tempo dei Maya non esisteva la teoria eliocentrica grazie alla quale noi oggi possiamo affermare che il pianeta Venere compie un'orbita intorno al sole in 225 giorni; ma essi si basavano su ciò che poteva dedurre uno spettatore sulla Terra e non sul Sole. La cosa ancora più interessante e misteriosa di questo popolo è che nei bassopiani Maya, il cielo è coperto da nubi per una consistente parte dell'anno. Venere era collegata strettamente alla guerra : la pianificazione di molte iniziative belliche sembra che avvenisse in corrispon denza con le principali fasi del ciclo di Venere. Lo stesso orientamento di non pochi edifici sacri maya si basa sull'allineamento con i punti dell'orizzonte corrispondenti agli estremi del moto apparente di Venere. Oltre che dagli edifici e dalla loro disposizione spaziale, l'enorme rilevanza di Venere è attestata dal notevole spazio che le è dedicato in molti dei codici pittografici, da cui si può rilevare la minuziosa registrazione dei movimenti del pianeta. Importanti per i Maya anche i movimenti periodici di Marte, di cui registrarono con particolare attenzione le fasi di "moto retrogrado", nelle quali il pianeta, sopravanza to dalla Terra nella rivoluzione intorno al sole, pare retrocedere nella sua parabola lungo l'eclittica. Ancora una volta fu loro possibile stabilire delle connessioni aritmetiche con gli altri cicli calendarici, in quanto i 780 giorni che intercorrono fra le metà di due periodi re trogradi marziani equivalgono esattamente a tre serie di 260 giorni. Anche la Luna fu considerata dai Maya, che riuscirono a elaborare un sistema di notazioni lunari che alternava periodi di 29 e di 30 giorni e permetteva, con alcuni accorgimenti ulteriori, di ottenere nel lungo periodo un'ottima approssimazione alla durata media della lunazione. Nelle innumerevoli iscrizioni ca lendariche contenute nei monumenti e negli oggetti maya del periodo classico, i glifi posti alla fine (appartenenti alla cosiddetta "serie supplementare") servono a segnalare l'età in giorni della luna e il corrispondente dio "signore della notte". Inoltre le eclissi furono calcolate al verificarsi della luna piena (e si avrà allora un'eclissi lunare) o della luna nuova (con un'e- clissi solare) in concomitanza con il passaggio dell'orbita lunare per il piano dell'eclittica. Benché non tutte le eclissi effettivamente prodottesi sul nostro pianeta fossero visibili dall'area Maya, gli osservatori indigeni nondimeno sco prirono che i passaggi nodali hanno luogo con una ciclicità media di poco superiore a 173 giorni (173,31 per l'esattezza) : otto pagine del già menzionato Codice di Dresda contengo no una tabella con le previsioni delle possibili eclissi per un periodo di 33 anni. Ancora una volta, la durata del ciclo in questione venne ricondotta al calendario rituale, in base al fatto che tre di questi periodi di 173,3 giorni equivalgono a due volte 260 giorni (3 x 173,3 = 2 x 260 = 520 gg.). Il Sole (insieme a Venere) venne considerato nella architettura cittadina : gli edifici delle città Maya appaiono quasi tutti raggruppati lungo l'asse nord sud con una leggera deviazione in senso orario rispetto al perfetto nord. La maggior parte delle strutture lungo l'asse è rivolta all'interno verso il centro della città . Nei muri di pietra che compongono l'architettura di queste città è inserita una registrazione del tempo , un calendario particolare. La spiegazione alla deviazione di 14° dall'asse nord sud è molto semplice : infatti tale asse indica il punto in cui il Sole si levava o tramontava in un multiplo di venti giorni ( 2 volte 20 giorni ) contati a partire dal giorno in cui l'astro passava sopra lo zenit. Probabilmente esso era fondato sulla divisione in unità ventesimali del moto annuale del sole sull'orizzonte. Osservando attentamente la disposizioni di altri edifici al di fuori della città si può notare che alcuni portali di palazzi e alcune linee di prolungamento tra gli edifici puntano verso altre posizioni chiave del moto del Sole sull'orizzonte. Probabilmente questo calendario fu costituito quando le città di maggiore importanza non furono più quelle settentrionali ma quelle delle pianure più a sud le quali si trovano in una "magica" latitudine in cui l'anno può essere suddiviso esattamente in multipli di 20. Ma gli assi e le piante delle città maya non contengono soltanto il tempo solare standard, fissato nei muri delle case, ma sono stati inseriti accuratamente nelle architetture delle piramidi e dei templi, deliberatamente deviati perché si trovassero fissi su punti chiave dell'orizzonte, in cui Venere appare o scompare. I Maya si accorsero che il grande numero dei loro calendari, e la loro difficile organizzazione interna, potevano divenire un problema nel momento in cui si volesse sapere l'anno in cui era avvenuto un certo fatto del passato : gli anni, nonostante avessero i 4 "indicatori", era no tutti uguali, diventando indistinguibili gli uni dagli altri. Perciò, al fine di identificare in modo inequivoco le date, nella Mesoamerica meridio nale venne precocemente elaborato, con ulteriori perfezionamen ti da parte dei Maya, un efficace sistema di notazione di tipo lineare, detto oggi "compu- to lungo", indipendente dai due cicli di 365 e 260 giorni, che permetteva di registrare in modo continuativo l'accumularsi dei giorni trascorsi da un punto di partenza convenzio nalmente stabilito. Questo "punto zero" della registrazione del tempo corrispondeva al nostro 11 o 13 agosto 3113 a.C. Era perciò situato in un passato assai anteriore all'invenzione del calendario ed era stato determinato a posteriori, cui non erano probabilmente estranee implicazioni di carattere astro nomico. Questo sistema ebbe la sua massima auge presso i centri Maya dell'epoca classica (III-X secoli d.C.), i cui monumenti sono costellati di iscrizioni con date del computo lungo, ma non si diffuse mai fino ai popoli dell'Altopiano centrale, tra cui gli Aztechi. Il tempo veniva veniva registrato per mezzo di tre simboli, che contrassegnavano rispettivamente l'unità (un punto), il cinque (una linea) e il completamento della serie di venti (una conchiglia); quest'ultimo segno, che permetteva di modificare il valore degli altri due a seconda dell'ordine in cui erano dispo sti, è stato equiparato al nostro "zero" (pur non avendo il significato di "nulla") e rendeva possibile l'impiego della notazione posizionale (dal basso in alto). In altre parole, un punto in prima posizione aveva valore uno, in seconda aveva valore venti, e così via per multipli di venti. Una curiosa eccezione riguardava il valore dato alla terza posizione, che non equi valeva a venti volte la quantità precedente, cioè 20 x 20 = 400, ma aveva valore 360 (= 18 x 20); ciò era probabilmente dovuto al desiderio di armonizzare il più possibile il computo lungo con la durata dell'anno solare. Nelle iscrizioni maya vengono così annotati i singoli giorni, kin, le "ventine" uinal, gli insiemi di 360 giorni tun, da non confondere con lo haab, di 365, e i multipli vigesimali di questi ultimi, dettikatun (360 x 20 = 7.200 gg.) e bak tun (7.200 x 20 = 144.000 gg.). Particolare importanza era attribuita a quest'ultima quantità, al completamento della quale avevano luogo importanti celebrazioni rituali. Da ultimo, le iscrizioni registravano anche il nome del giorno in base al ciclo rituale di 260 giorni e al l'anno solare, aggiungendovi spesso l'età della luna e il dio "signore della notte". Per quanto riguarda il computo lungo, do po 13 baktun un'era cosmica era destinata a finire e un'altra sarebbe cominciata; il completa mento dell'era attuale, iniziata nel 3113 a.C., era previsto avvenisse quando si fosse raggiunta la data 13.0.0.0.0 4 Ahau 3 Kankin, corrispondente al 21 o 23 dicembre del 2012. Questa chiusura non implicava però che i Maya non proiettassero assai oltre questa quantità (sia all'indietro, sia in avanti) la loro misurazione lineare del tempo; vi sono infatti iscrizioni di contenuto mitologico che registrano date lontane milioni di anni: la massi- ma unità di misura conosciuta, il kinchiltun, comprende 1.152.000.000 giorni. IL calendario si mostra così come un elaboratissimo sistema per conferire senso alla realtà e al succedersi degli eventi di cui l'uomo era testimone : immaginando che ogni evento dipendesse e scaturisse da gli influssi di forze ed esseri extraumani, i sacerdoti mesoamericani non solo as soggettavano l'esistenza a un rigido determinismo, ma per mezzo del sapere divinatorio si attribuivano un poderoso strumentario conoscitivo. In base a questa concezione, il vincolo tra spazio e tempo era indissolubile e la stessa creazione del mondo era fatta coincidere con l'origine del calendario rituale : si narra, in un testo di epoca tardo-coloniale, come la nascita dello uinal - la serie dei 20 simboli calendarici - avesse preceduto e scandito quella di tutte le componenti dell'Universo. In effetti, il fluire del tempo veniva concepito come una successione di divinità, che viaggiavano secondo turni rigorosi (l'ordine calendarico) allo scopo di diffondersi sulla superficie terrestre, invadere e trasformare ogni cosa, imprimendovi ciascuna la propria impronta, il proprio carattere e il proprio potere. Il cammino delle divinità passava attraverso l'interno dei pilastri (o alberi cosmici) che dai quattro estremi cardinali separavano i tre piani del cosmo, cioè cieli, superficie terrestre e mondo infero, ognuno dei quali era a sua volta suddiviso in più livelli, ovvero 13 per i cieli e 9 per gli inferi. Le rappresentazioni grafiche che questi ci hanno lasciato della propria idea del cosmo sono tutte su base bidimensionale, e lo spazio è sempre ripartito in 4 quadranti, delimitati da punti intercardinali che coincido no con le posizioni del sorgere e del tramontare del sole in corrispondenza dei solstizi. Alla proiezione, in piano, della parabola del sole tra questi quattro estremi, pare ispirarsi il glifo maya Kin, consistente in un fiore a quattro petali di Plumeria e che riassume in sé i significati di "sole", "giorno" e "tempo".
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